sabato 4 febbraio 2017

TANGO!



Non aveva mai mosso un passo di tango.
In realtà era lì perché gli avevano parlato di donne da sogno,
e del ballo come terapia.

Di come ci si potesse dimenticare, anche per poco, delle proprie noie, dei crucci, forse dei dispiaceri anche, lasciarsi andare ad un ritmo, ad una musica che può trascinare come la corrente di un fiume, decisa anche nella sua apparente docilità.

Eppoi c'era da abbandonarsi tra braccia affidabili, sapienti, come un viaggiare su binari stabili, volteggiare in sicurezza, chiudere gli occhi su un otto volante di magnifiche sensazioni.

Rimase lì ad ammirare una coppia leggera che accarezzava l'aria al passaggio.
Un'armonia in movimento.

L'Insegnante lo chiamò e gli disse solo:
Oggi osservi, e anche domani. E dopodomani lo stesso.
La prima lezione si chiama: desiderare di muoverci anche noi”



Resistette i primi due giorni.
Poi si segnò a spinning. 


venerdì 3 febbraio 2017

UCCIDE IL RAGAZZO CHE AVEVA PROVOCATO LA MORTE DELLA MOGLIE.



Io non lo so cosa scatta nella mente. E non vorrei neanche provarlo mai. Quando leggiamo di queste storie rimaniamo a bocca aperta come se non potessero o dovessero riguardarci mai.
Leggiamo a caldo.
Giudichiamo dall'esterno.

Ci stupiamo del gesto eclatante. Lo archiviamo alla pagina dell'assurdo. Un assurdo che però si prende la libertà di accadere sempre più spesso.

Manca la serenità per far fronte agli avvenimenti più disparati e pazzeschi? Manca la fede? Manca la pace interiore? Manca il buon senso? Manca la capacità di poter convivere col dolore? Manca il poter credere di fare fronte alle disgrazie più grandi?
Serve pensare che certi gesti sono guidati, come il portare l'arma del delitto sulla tomba della moglie quasi fosse una rosa.
Serve costruirsi una visione distorta della nostra vita che non sarà più uguale, e non potremo dedicarla a chi ci mancherà per sempre, serve costruirci una visione tutta nostra, dove chi sbaglia dovrà pagare a costo di seguirlo anche noi in un'odissea di rimpianto e pena eterna.

Io non lo so cosa scatta nella mente. E non vorrei neanche provarlo mai.
Perché la mente è un buco nero.

E non basta una vita a riempirlo di giustificazioni, di risposte, 
e di motivazioni. 

giovedì 2 febbraio 2017

ORA



Ora è solo una lucina
la tua assenza.

Non arde le mie orme disperse,
non culla l'aria
che penosa contorce il pomeriggio.

Non reclama
il tuo volto trasparente
in cerca di quiete.

Ora è solo una lucina
ed il riverbero lo avverto
quasi come
di riflesso dorato
tra i tuoi capelli setati.

mercoledì 1 febbraio 2017

QUANTO TEMPO DEDICHIAMO AL BLOG?


Ovviamente c'è da distinguere subito in due grosse categorie: chi usufruisce di internet in ufficio e chi no 
(e chi, per ora, non lavora per motivi solo "tecnici": io. Ma questa è un'altra storia) 

Ed a seguire le sottocategorie di  chi lavora e chi no (e Magnolia la sa lunga), oppure chi lavora a casa o chi non fa un ciufolo sul posto di lavoro, o chi sta malato cronico (sempre io, per ora.. ihih..)

Poi ci sono le sottosottocategorie: quelli che girano col portatile in autobus e sotto la doccia, o che soffrono d'insonnia e internautano di notte, oppure si svegliano all'alba perché per il resto della giornata non avrebbero un attimo (io quando non ero in malattia ad esempio..grrr..), 

Infine passiamo alle ultracategorie: quelli che s'aiutano anche coi fake ed i troll, coi parenti e con gli amici degli amici, coi doppi e tripli nick o con doppleganger prezzolati; blacklistano, rispondono, opinionano, recensiscono, copincollano, cancellano, fotografano, cinepresano, homevideano e telefilmano, bookmarcano e  youtubeggiano, e stanno su altre sei piattaforme in contemporanea, e su tutti i social, pure quelli che smuovono due click al mese, tipo telegram... 

Di seguito una stima molto casareccia di “tempi e tempistiche” a passeggio per la blogosfera di qualche nominativo a caso:

Moz O'Clock           :    20 ore al giorno
Pensieri Cannibali   :    15 ore (ma nelle altre cinque vede film)
Ferruccio Gianola   :    10 ore (ma nelle altre dieci legge e scrive)
Il blog di Gus          :     5  ore (ma nelle altre quindici aleggia                                                                   sul web) 

Ovviamente si gioca.. ma per qualcuno la blogosfera può divenire una vita parallela, dove scoprire mondi magici ma incredibilmente reali, che completano la nostra quotidianità fatta di routine e visi sempre uguali, chiacchiere noiose e magari poca voglia di esprimere un mondo interiore che il nostro blog, invece, accoglie a braccia aperte. 

Non parlo dei miei tempi sul blog ovviamente, di questi tempi sfioro l'overdose, e un post simile ci stava proprio bene...

su.. fateci sapere quando vi droga la vostra pagina... ;) 

sabato 28 gennaio 2017

LA-LALALA LA LA LAND...



Mia (una Emma Stone particolarmente lessa) glielo dice ben due volte a Sebastian (un Ryan Gosling particolarmente sprecato): “Ho visto di meglio”.
Condivido l'assunto.

Tutto sommato è un musical. E lo sapevo. 
Non mi dispiacciono i musical. 
Guardo ancora con la faccetta ammirata i Gene Kelly e le Debbie Reynolds che tiptapeggiano leggiadri.
E col tempo mi sono goduto i Grease, i West Side Story, i Jesus Christ Superstar Ora arrivano Mia e Seb che canticchiano e ballicchiano al minimo sindacale sbancando Golden Globe e Oscar?

Che sta succedendo?



Dov'è l'inghippo, l'errore, il fraintendimento.
Perché non poter guardare indietro con occhio davvero disincantato?
Perché il cinema non potrebbe sempre evolvere anche rispolverando miti celebrati?
In fondo esistono generi ben definiti e consolidati da tempo: western, poliziesco, fantascienza, guerra, comico, cartone animato, musical ed altri..


Ma il genio cinematografico dovrebbe sfruttare l'evoluzione, l'arte ed i mezzi a disposizione. Come il jazz, tanto caro al Gosling alter ego del nostro regista, che si rinnova ad ogni sessione, per creare qualcosa di nuovo e fascinoso sulla scorta dell'esperienza.

Cosa ci riscalda propone La la Land?

L'esaltazione del piano sequenza nel flash mob iniziale, il giochino di contrapposizione narrativa nel finale a celebrare l'arte che non cede al compromesso con la popolarità.


Poco altro in verità. Come accennato prima si ballicchia, si canticchia e si reciticchia.

Un paio di buoni sostegni musicali ci accompagneranno, a turno, per tutto il film, coi colori saturi, i continui rimandi ad una cinematografia che fu, le gigantografie di attori e attrici, i locali fumosi e i brividi del jazz, le audizioni dove ti distraggono in continuazione, citazioni d'epoca come se piovesse, il vintage che tracima ovunque anche se sostenuto da riprese in steadicam che garantiscono freschezza e realismo.


E poi gli occhioni colorati di Emma,
e poi il ciuffetto ribelle di Ryan,
e poi l'ambizione di Damien Chazelle.




Ho visto di meglio” dice Mia a Sebastian. 
Si. Buona la prima. La parte è tua.

giovedì 26 gennaio 2017

ARRIVAL



Qualcosa non convince.
Non c'è l'alieno, perlomeno quello evoluto, al quale ambivi da sempre, la comunicazione che ti aspetteresti, il Contact che sapevi, di Interstellar manco l'ombra dove brancolano i melliflui marzianoidi.

C'è quel gioco, spesso evocato dal film, a somma zero.
Man mano che la pellicola avanza, tu non perdi e la storia non guadagna.



Un pareggio annunciato, soffuso come le nebbie, indecifrabile come i messaggi, inchiostrato come la scrittura aliena, macchiato di evidenze non evidenti, tradotto come un sanscrito polveroso, che alla fine comunica messaggi ambigui affinché gli spettatori facciano - un po' come i bambini di Povia - ooh!.

Gli alieni evoluti scarabocchiano vetrate cercando di cose che già sanno, insegnando un futuro spiegato, a metà film dicono che fra tremila anni sarà l'uomo a dover salvare loro, e a quel punto potresti anche andare a vederti Silence nella sala a fianco della multi sala che ospita multi film con multi futuri e multi candidati ai multi Oscar.



Tom & Jerry negli Usa, Ficarra e Picone in Italia. Così vengono soprannominati i due amici multitentacolari. Dodici baccelli giganti portano in dodici luoghi diversi di un mondo ancora troppo spesso estraneo a se stesso, la richiesta e, contemporaneamente, l'offerta di aiuto.
Prevarrà la collaborazione, la paura, la curiosità, il timore, la voglia di sapere, il terrore di essere sopraffatti?
Un film già visto. E che si è già visto. In tutti i sensi.
Sia dall'inizio che dalla fine, sia da destra che da sinistra, come la scrittura a due mani evocata da Amy la linguista, dove entrambe (le mani) devono già conoscere tutto il discorso per potersi intersecare (ma qui rischiamo lo spoiler e allora ci tacciamo).



Eppoi le musiche pericolosamente mutuate dai Dead Can Dance, la fotografia frantumata di nebbia, i movimenti rallentati che reclamano gravità.
Ed un gioco come il mitico Tris di War Games. Un gioco a strategia perfetta, dove, se giochi con criterio, non perderai e non vincerai mai.

Oppure decidere di voler scientemente perdere per assaporare la strada fantastica (non si dice sempre che la vera meta è il viaggio?) che condurrà, comunque, al baratro.
Ecco un buon messaggio veicolato da Arrival: il criterio non come scienza applicata, ma come opzione, emancipazione di quell'arbitrio del quale spesso ci facciamo scudo e paladini.

Ma il meglio del film è il canguro che si chiama “non lo so”.
Quello davvero illuminante.




mercoledì 25 gennaio 2017

OSTERIA ACQUACHETA (MONTEPULCIANO)



Difficile che posti di un singolo ristorante sul blog - quasi in modalità tripadvisor - ma per una volta attingo all'eccezione e vi metto a conoscenza di un Luogo Magico, in località Montepulciano, dove non si entra solo per un bisogno primario, quello di sfamarsi, ma per condividere una percezione extrasensoriale, magari brutale e ammantata di una certa rozzezza basica, ma che rivitalizza e scuote i Sensi e il Gusto.

Un contatto col cibo che va decisamente controcorrente rispetto al trend attuale, e cioè quel rapporto quasi estatico con la pietanza: venir serviti di un'opera d'arte piuttosto che di un piatto riempito di nutrimento.
Quasi a doversi accontentare dell'estasi visiva, del colore e dell'armonia architettonica, della composizione equilibrata, dell'esatta saturazione degli spazi e delle tonalità.

All'Osteria Acquacheta nulla di tutto questo. Tovaglie di carta, un solo bicchiere per acqua e vino (rosso della casa).

Qui si mangia. Quello che dicono loro. Punto.



Atipicissimo ristorante toscano. Si, avete letto bene, a-tipico.
E lo avrete anche capito dall'introduzione.
Erano anni che volevo mangiare in questa osteria, rinomata e ambita, nel cuore di Montepulciano, ma già il fatto di dover prenotare giorni prima, mi aveva scoraggiato.. stavolta no, ci siamo impegnati e siamo riusciti a strappare il consenso per uno dei due inflessibili orari serali (19,30 e 21,00).

Se arrivi dopo sei fuori, se arrivi prima non entri.



Un'ottantina di posti in un locale spartano e informale dove ci si siede tutti insieme, menù abbastanza limitato ma... FANTASTICO.

Si viene da Acquacheta soprattutto per la “ciccia”, e ragazzi.. mai mangiato carne più buona, poco da girarci attorno, le bistecche, i filetti, qualsiasi taglio, te lo fanno vedere prima di cuocerlo, puoi negoziare giusto peso e tipologia, ma non la cottura: su quella decide lo chef, decisamente al sangue, ma di una tenerezza unica (la vuoi ben cotta? Prego si accomodi altrove...),  il famoso “ti si scioglie in bocca”, qui esalta tutta la sua essenza ed elimina paragoni, memorie e concorrenti per anni a venire.

Tutto qua. 
Inutile dilungarsi. Locale ASSOLUTAMENTE da non mancare. Il resto è fuffa.


L'unico consiglio, per quanto stupendi anche i primi, possibilmente, limitatevi agli antipasti, e uccidetevi di “ciccia”.