sabato 12 settembre 2015

AMORGOS LE GRAN BLEU



Si parte a mezzanotte dal Pireo. Il Superstar Ferries inghiotte caldo e denso Egeo notturno, fino a prosciugarlo all'alba, sulle rive di Amorgos.


La nostra isola che chiude il cerchio delle Cicladi verso est.




Isola aspra. Innervata di curve che issano in vetta e precipitano in baie azzurre e verdi come su un ottovolante impazzito, tra il mare turchese che tira giù tra vento e sale, e il cielo azzurro, costantemente orfano di nuvole e ubriaco di sole.

Costellata di mille chiesupole bianco accecante e parentesi di paesi avvinghiati alla pietra lavica.



Le invasioni arabe e di millemila pirati hanno condizionato arroccamenti improbabili lontano dal mare, Kastri inespugnabili su cime squassate dal meltemi.






Grumi di case e chiese strette in abbracci sensuali a dominare un Egeo tanto pericoloso e temuto ieri, quanto quieto e affascinante oggi, a custodire ogni sera tramonti squagliati, prologo a lunghe passeggiate dopo cena, col mare immobile a ricrearsi, e sentieri resi luminosi da polvere di luna...







Amorgos è l'ultima a tenere riunite e sottovento, assieme a Naxos, le perle delle Piccole Cicladi, tutte a un tiro di traghetto veloce - Koufunissi (visitata comodamente in una giornata), Iraklia, Dounussa e Schinoussa - ognuna piccolo paradiso di spiagge trasparenti, acque minerali, sabbia candida a sfidare l'abbacinare delle casupole a calce.




Fantastica la caccia al tesoro fuori ogni piccola candida chiesetta. A centinaia sull'isola. Tutte da fermarsi spesso su cigli di strada improbabili, e andarle a scoprire, a salutare intimamente. 



Sono solitamente chiuse a chiave. Ma a ben guardare, sotto un piccolo vaso, in un pertugio anomalo di muretto a secco, o a fianco di una grossa pietra, c'è riposta la piccola chiave di entrata. Al termine di ricerca e visita - spesso dopo aver acceso un piccolo cero ortodosso affondato nella sabbia - alle rassicuranti icone illuminate da miriadi di lampade votive, si chiude la cappella e si ripristina il piccolo segreto.



E poi c'è lui. 
Forse, anzi senz'altro, il motivo principale per cui ho scelto - responsabilità mia stavolta - Amorgos.

































Il monastero di Hozoviotissa.

Incastonato come diamante di luce nella roccia a strapiombo.



Incanta e provoca brividi di emozione solo a scorgerlo.





Un assurdo architettonico spalmato a parete. Un miracolo balistico.
Sfida alla gravità e a tutti i consueti canoni. Uno spicchio di bianco sospeso tra mare e cielo. Un omaggio alla fede. Miracolo terreno.



Ci si arrampica in verticale nel convento, dopo i primi trecentocinquanta scalini dalla base del parcheggio, tra corridoi angusti ricavati dal profilo della montagna, e ogni tanto una finestrella ingoia luce e cielo, fino al culmine, terrazza sull'Egeo stupito anch'esso, dove i frati ci offrono acqua fresca e biscottini.
Si va via col cuore gonfio, gli occhi felici.




Ultimo cenno per le walk road.
Nelle Cicladi più genuine, inviolate, il mare più autentico è conquista. Sentieri che si dipanano dal cielo di montagne in picchiata, che a vederlo dall'alto, quell'azzurro lontanissimo, 



sembra un miraggio indefinito, con le rocce irregolari a demolirti caviglie e ginocchia e infiniti cairn (dolmen li chiamiamo ormai da sempre Lulù ed io, piccole piramidi di sassi segna sentiero, “marcatori di territorio”) a non farti sviare ad ogni dosso, ogni cespuglio e rovo da aggirare.



E una volta giù il mare ti quieta anima e corpo. Certo si dovrà risalire. Ma con un tesoro in più negli occhi. E i preziosi dolmen per guidarti fino a casa.


Si riparte alla fine. Amorgos non ha più segreti o quasi. Due settimane per spulciare spiagge e baie sconosciute ai turisti mordi e fuggi.





Due settimane per creare complicità e confidenza.



Per darsi reciprocamente del tu.
Per conservarla indelebilmente nel cuore, Le Gran Bleu.
Dove Luc Besson ha girato l'omonimo film.



Affascinato e stregato anche lui.



Come noi.


























sabato 15 agosto 2015

SGARBUGLIARE L'ANIMA


Il titolo del post prende a prestito una sensazione consegnata ad un post di Mia Euridice.. ma vale la pena sottolinearla qui.

Parto, partiamo per un'isola greca lontana dalle consuete rotte.

Cerchiamo il contrario.
Il contrario della nostra esistenza fatta di budget, di ipocrisia, di pensieri nascosti,
di mal di pancia, di anima gonfia.

Cerchiamo tutto il resto. Un resto spesso sconosciuto, che si rivelerà solo a voler prendere confidenza.
A donarci. Ad aprire occhi e cuore.
Un resto che non fa parte di noi ora.

Un resto che si chiama meraviglia.

Buone vacanze a tutti e grazie sempre di esserci.

domenica 9 agosto 2015

EX MACHINA


Sempre fascinoso il rapporto uomo - macchina, e il film dell'esordiente Alex Garland incentra le aspettative sul test di Turing (il criterio per stabilire se una macchina pensa). 
Un'intelligenza artificiale messa alla prova da un eccentrico magnate inventore di un mega motore di ricerca, che mette alla prova uno dei suoi più ingegnosi programmatori - per una settimana ospite della magione ipertecnologica e pure claustrofobica, dove risiede il ricchissimo genialoide -, per mettere alla prova se stesso e la sua capacità di “sostituirsi a dio” creando “vita” pensante e senziente a tutti gli effetti, e tutti insieme mettono alla prova lo spettatore calato in questo poker al buio dove tre umani e una robottina niente male giocano al gatto col topo.
Dopo una ventina minuti di schermaglie comprendiamo però che la parte del topo è riservata a noi in poltrona e che ci stanno tirando tranelli da tutte le angolazioni e con tutte le telecamere possibili.

"Certo visto che s'è impegnato tanto, me poteva disegna' du' tette come se deve.."

Il ragazzetto che testa il Turing è troppo sensibile, il magnate è troppo farlocco, la cameriera troppo algida, l'Intelligenza Artificiale (interpretata da una magneticamente enigmatica  Alicia Vikander)  troppo paracula.

Insomma, noi il test lo abbiamo superato in tempo fin troppo utile, ma intanto ci godiamo i frammenti di liberatorio paesaggio agreste norvegese, il tentativo di virare in thriller una struttura filmica che rischiava l'accartocciamento su se stessa morsicandosi ripetutamente la coda, le più o meno filosofiche introspezioni sui dubbi palpabili che attanagliano il pensiero umano ogni volta che la sensibilità viene sollecitata e questa intelligenza artificiale che, a gestirla troppo umana/mente e con troppo autonoma, diventerà un po' come tutto il resto del genere umano: inaffidabile.


venerdì 7 agosto 2015

TRE ESISTENZE


Siamo signori vestiti a cipolla.

Una Prima Esistenza si mostra al mondo
un’apparente facciata di luoghi comuni, a distribuire convenevoli, organizzatrice di lacrime anche, sofferenze da vetrina, scenografie.
Il festival del vorrei e del mi piacerebbe sotto naftalina.
Devota alla strategia dell’apparenza,
ma anche più esposta alle intemperie, ai giudizi, ai confronti.
E' lei ad inumidirsi, a porgere il suo dolore all'Universo.
E spesso senza neanche comprendere i meccanismi del fato.

La Seconda abita e percorre cunicoli invisibili.
Cerca una superficie di sfogo, tra magma indigesto, e coltiva universi paralleli, interseca piani temporali impossibili, sfarfalla sull'onda dell'incredibile, tesse sogni gualciti dal continuo generarsi e ripiegarsi su se stessi come nuvole capricciose e si lancia da montagne russe iperboliche che inchiodano il fiato in devastanti apnee. 
Rischia l'inenarrabile afferrando per la coda altere comete di desiderio.

La Terza, è quella con la testa sulle spalle 
- così almeno crede -,
quella che le altre due le osserva dall'alto dell'ambita sediola da regista;
raccoglie macerie di sogno frantumato
e va in giro logorandosi dignitosamente l'anima.
Nascosta nel buio spia lo strano involucro.
Cuce gli strappi, rattoppa le incongruenze, para i disastri.
Odia e invidia in devoto silenzio. E’ spietata principalmente verso se stessa.
Non ha sorrisi, non conosce nessuna lacrima.

Vive di riflessi, eco, tremori attutiti.
Ostenta indipendenza, vorrebbe eliminare quel groviglio di nervi e contraddizioni che la separano dall'esterno,
dall'atmosfera del (pre)giudizio. Dal salto nel vuoto.


Dipendesse da lei lancerebbe il Destino - un qualsiasi destino - contro il signore vestito a cipolla, ridurrebbe gli ostacoli in briciole, arderebbe tutti quei sogni in un unico, impietoso falò,
urlando a quell'esterno negato il suo stupore felice, il suo piano perfetto.

Ma lei è la Rete di Protezione sotto le acrobazie dei suoi coinquilini

Anche oggi, quando la rivoluzione tornerà quieta a cuccia, si sorprenderà ad immaginare il lento, caldo sapore di quella lacrima mai stillata.

Chissà non ne esista ancora una, che orchestra le prime tre addomesticando - apprendista mago - le congiunzioni astrali destinate, altrimenti, a frantumarsi.

Una Quarta Esistenza che immagini una serata a bordo piscina, 
finalmente assieme alle altre Tre, 
a chiacchierare amabilmente da vecchi amici, 
ché stavolta anche la luna, entra senza invito.






sabato 1 agosto 2015

..QUATTRO CHIACCHIERE ESTIVE..


.. ci incontriamo una sera in giardino da qualcuno di noi, amici da tempo, si chiacchiera davanti a un gelato sperando in un residuo di quello che una volta era il ponentino romano.. politica, traffico, Roma che fa schifo, vacanze imminenti, ricordi di adolescenze sempre più lontane.. e poi il discorso s’impenna.. complice la scoperta del presunto pianeta gemello della terra.. e allora via di galassie, di sopravvivenza nel futuro, di Grandi Domande, e anche filosofia spicciola e nuove tendenze.. come la Logica Fuzzy (quella che non si ferma al sistema bianco/nero.. ma sventaglia tutte le sfumature di ogni situazione.. per molti versi l'ennesima riscoperta dell’acqua calda insomma, ma anche di quella appena tiepida e di quella bella bollente..)

Ci si infervora sul cosiddetto sesso degli angeli, su come espatriare su un altro pianeta mentre c’è gente che non attraversa il Mediterraneo, e giù ipotesi su quali - e su quante - delle galassie che gravitano a nord (o sud anche) del nostro Sole, esista acqua potabile, mentre qui si muore come mosche abbeverandosi a pozzanghere putride.. e io quello a non vedere lontano, a soffermarmi sui limiti, a beccarmi le critiche di arretratezza mentale.
Si, io sono quello insofferente forse.. vorrei tanto ma faccio poco, giusto lamentarmi come mi viene fatto notare..

Vuoi cancellare tutto il cammino scientifico del mondo?! E cosa fai tu per i bambini che muoiono di fame?”

Niente. Forse non faccio nulla per quei bambini. 
E anzi, scoprire mondi lontani poi, sarà magari l’unico modo per salvare tante vite qui.
Ma siamo sicuri che se la nostra casa prende fuoco, prima di spegnere l’incendio, o tentare almeno, ci mettiamo su internet a cercare un appartamentino nuovo dall'altro lato della città?

Il dubbio resta.. mentre assaporiamo un amaro, temiamo per il gelato che inesorabilmente squaglia e sbaracchiamo gli ultimi spiedini di cocomero..

quattro chiacchiere estive.. 
appena un solletico al mondo che tira dritto per chissà dove..

alla faccia della Logica Fuzzy...


sabato 25 luglio 2015

KINGSMAN vs. SPY











Due film interdipendenti. Figli di James Bond, del classico cinema di spionaggio da grande schermo, quello che esalta e che ci crede.
Solo che uno, Kingsman, si immola apparentemente sulla linea dei serissimi 007, pur macchiandosi di di qualche straripante eccesso, l'altro invece, Spy, accantona ogni remora e al Sacro James, lo prende riccamente per i fondelli.








Io li ho trovati entrambi piacevolissimi e so di (forma rafforzativa) per certo che troverò noiosissimo e ridicolo il prossimo Daniel Craig che tenta di mantenere contegno, forme e stile..

Strappare una risata. Spesso titanica impresa anche con chi palesemente dichiara l’intento. Per di più scomodando mostri e categorie normalmente inviolabili.

Ecco l'impresa pienamente assolta da Spy.

Le vicende tragicomiche di questa spia cicciottella sono tra le sorprese più piacevoli di un periodo di stagione solitamente sonnacchioso.
Coadiuvata da Jude Law (uno Watson affrancatosi dall'ingombrante R. Downey Jr.) e da uno scorrettissimo Jason Statham, mette su una parodia di tutti i Bond immaginabili.
Dolce e paffuta, Melissa McCarthy prende le redini del gioco e diventa una super spia dalle doti insospettabili.
Le fanno da contraltare buoni e cattivi da “incorniciare”. Tutti signori caratteristi funzionali alla parodia e allo sberleffo... il marchio di fabbrica è quello demenziale stile aereopiùpazzodelmondo ma non mancano i dialoghi alla Tarantino, i ralenty alla Sherlock Holmes, gag e battute modello Una notte da leoni.. la contorsione e lo strizzamento di codici ben noti ai fan dei più inossidabili 007, avviene per mezzo della straripante Melissa che con la sua dirompente carica di simpatia mette tutti al tappeto, iniziando da se stessa (e ce ne vuole ve lo assicuro! ahah..).
Insomma, tutta roba che i nostri mediocri cinepanettonari non saprebbero mai neanche concepire lontanamente..



Kingsman la prende vagamente più seria, vuole solo alleggerirle le tensioni, e mette a busta paga un terzetto che solitamente la parte, se la tira tra il serio e il compito: Colin Firth, Michael Caine e Samuel L.Jackson,  a giostrarsela tra intrighi, scuole di spionaggio e missioni per salvare il mondo.


Cogliendo appieno nel segno.


Colin Firth jamesbondeggia come se non avesse fatto altro in vita sua e se i detrattori dell'omino meccanico Craig cercavano un nuovo candidato da eleggere.. ora ce l'hanno..
Non si fanno mancare nulla le due pellicole, pescando a piene mani ovviamente in un repertorio saccheggiato più e più volte ma in entrambe le occasioni arricchito di personalità e una buona trama di sostegno.. da segnalare la simpatica scena finale di Kingsman e quella iniziale di Spy, praticamente ricalcate una sull'altra con i rispettivi eroi “teleguidati” in azione da un complice che supervisione la scena di azione..


Insomma, se riuscite, gustateveli uno appresso all'altro.

E risparmiatevi il prossimo, stucchevole, original Bond.. anche se per la Bellucci, forse un sacrificio si può fare.. ;)





sabato 18 luglio 2015

VADEMECUM EXPO 2015 MILANO


Ci concediamo anche un'entrata serale, di domenica, per goderci il rutilante Albero della Vita col suo spettacolo di luci e acqua.
Ed è mossa azzeccata. Perché bersi prima nove ore di padiglioni, potrebbe stendere chiunque.


Invece rimaniamo abbagliati dal simbolo dell'EXPO - che pare traslocherà a Dubai a fine giochi, e non nel Burkina Faso, dove, se fosse magico, farebbe decisamente più comodo - e ci prepariamo, il giorno dopo, alla full immersion del giro del mondo in ottanta e passa padiglioni.


Lunedi mattina, pronti via: l'impressione è di trovarsi tra Gardaland e una carnascialesca sfilata di Viareggio, si passeggia frenetici e sono gli involucri dei padiglioni, architetture spesso più bizzarre che ardite, a sfamare l'occhio, perdendo per strada il concetto teoricamente prioritario, di sfamare il mondo.


E' la festa del feticcio attira visitatori: Albero, Vialoni (denominati Cardo e Decumano in omaggio all'urbanizzazione romana a croce), Padiglioni.
E Cibo soprattutto: in teoria quello da recuperare, da moltiplicare, da curare, da conservare, da distribuire equamente nel nostro mondo che viaggia a due velocità ormai ben distinte: i troppo ricchi e i troppo poveri.


In pratica salta all'occhio - e al palato - il pronto consumo, il take away, l'asporto selvaggio, il consumo compulsivo, la scorta infinità a chilometri zero, ogni declinazione dal dolce al salato.
Ti vendiamo tutto. Anche l'acqua che pure è distribuita gratuitamente. Se sei pigro la compri.



Si mangia dappertutto qui in Expo. E non necessariamente a prezzi proibitivi, si può spuntinare e spiluccare di-tutto-di-più senza svenarsi.. peccato imperversi quest'esaltazione del bengodi in netto contrasto con le prospettive del mondo affamato, tragicamente al palo.
Anche negli stand più poverelli, l'angolo del frittino da piazzarti, non manca mai..


Urgerebbe inversione di tendenza.
Educazione della e dall'infanzia, ma quello che si scorge è soprattutto cura del proprio orticello - anche non figurativo - nel senso che l’altro “orticello”, quello globale, quello del mondo affamato che andrebbe sostenuto e coltivato, rimane rovinosamente brullo...


Chissà quanti di questi adolescenti pasciuti, che scorgo in fila dallo sponsor (?!) McDonald's o nutellarsi allo stand Ferrero hanno ben chiaro il concetto, assurdo a ben pensarci, del morire di fame.

Chissà in quanti usciranno stasera con l'idea, e la voglia, di sprecare meno..







Ma veniamo alla cronaca più leggera.. i Padiglioni sono i reginetti incontrastati della festa: tanto legno, specchi e laminati a gogò, geometrie spesso contorte da non capire manco dove si entra. 

All'interno multimedialità come se piovesse, video, audio, foto e filmati, ologrammi, giochi laser, scale e corridoi, tende e ante a scomparsa, un botto di piante, piantine e pianticelle (il verde che non vorrebbe morire..) e l’immancabile ristorantino etnico, spessissimo aria condizionata sparata a mille, e poi ancora luci, musiche, app interattive, tavole virtuali, giochi d’acqua; 


ma vere botte creative si percepiscono, sensibili e spiazzanti, da Corea e Giappone.. commistione di poesia e tecnologia di grandissimo impatto, il fascino esotico invece, emana copioso, ad esempio, da Nepal e Malaysia dove rimaniamo come sospesi in altri mondi, complici architettura e suoni che ci astraggono, per un momento, dal caos imperante..


Tra i padiglioni più inutili vincono alla grande gli USA, con splendide scale mobili per salire due piani di nulla e ridiscenderne ancor più velocemente e, ahimè, il padiglione Italia, il più grosso e frescone di tutti, dodicimila metri quadri di pura fuffa. 
Bypassabilissimo, considerando che l’ora di fila per visitarlo, grida una tremendissima vendetta..

Curiosi e interessanti i padiglioni di mondi lontani, che ti immergono in atmosfere sconosciute, come l’Oman ad esempio, che tenta con successo di cavare il classico sangue dalle rape bonificando ettari di deserto.


Peccato che di rado si avverta questo invito all'ottimizzazione delle risorse, alla razionalizzazione delle produzioni, alla cultura del riciclo, come ammiriamo nello spazio Irlanda, paese che eccelle nella cultura della sostenibilità.
Più spesso ci si limita ad una vetrina ad impronta pubblicitaria e questo è, purtroppo, il lato che rimane impresso all'occhio meno accorto.


Splendido il Padiglione Zero, che troviamo ad inizio percorso, delicato e sensibile omaggio al lavoro e alle risorse di quel mondo che dovremmo preservare ma anche spietata denuncia degli sprechi e del disastro ambientale che incombe.
Forse l’unico padiglione dal quale si esce col magone per il destino del mondo.



Ma anche rimpianto per quelli che avremmo voluto/dovuto vedere, Kazakistan su tutti - ma la fila era veramente da bollino rosso, attirata da tulipani, storioni e cinema dinamico in 4D -, l’Austria col padiglione nella foresta o quello dell’Ungheria, a forma di arca e chissà quanti altri.. ma un giorno è veramente poco.. e anche trottando di gran lena non si può vedere tutto...




Una cosa è certa. Di questa visita milanese, ben più radicato dell’EXPO, rimarrà l’impatto emozionale offerto dal Cenacolo Vinciano.
Un miracolo di Leonardo che a oltre cinquecento anni di distanza, sorprende ancora per la grazia e la leggerezza che infonde.
Probabilmente questa l’autentica “esposizione permanente” da non perdere.