Evocativo sentirlo scandire in maniera enfatica: Fate Questo In Memoria Di Me - con esatta pausa tra una parola e l’altra - dal sacerdote che
ha celebrato la Prima Comunione di mio nipote.
Una frase potente, autorevole, intensa, perentoria. Che profuma di comandamento
e dono, fondamento e principio del
Sacramento dell’Eucarestia.
Frase eloquente e rivelatrice, pronunciata da Gesù durante l’Ultima Cena, immagino
con l’originario afflato e veemenza di chi, ogni giorno, celebra messa, e chiave
di volta di ogni futura celebrazione eucaristica, subito dopo la consacrazione
del vino e del pane e immediatamente prima la distribuzione delle ostie consacrate.
Fate questo in memoria di me.
Parole che rappresentano da sole il fulcro mistico della
Comunione e che rimangono impresse in un'atmosfera di magica sacralità.
Chiunque si avvicini alla Comunione può confermare la suggestione, l’importanza,
il fascino e il caposaldo di queste sei semplici parole, invito a perpetrare
fede, speranza, amore e, appunto, Comunione.
***
Passiamo ora a qualcosa di più terreno e profano ora, azzardando
un’ardita metafora rispetto a quanto esposto sopra.
Sei andato a vedere con tre dei tuoi amici più cari la partita della squadra del cuore, una partita sudata e combattuta, che ti è rimasta bene impressa.
A fine partita, mentre uscite dallo stadio, dici ai tuoi tre amici:
“In fondo è
andata bene, abbiamo vinto 1 a 0”.
I tuoi amici ti guardano tra il sorpreso e l'interrogativo dicendo:
“Veramente la partita è finita 0 a 0, non abbiamo segnato nessun gol!”.
Non saresti stupito del fatto
che solo tu abbia visto un gol?
Un gol magnifico, tra l'altro che ha fatto
esplodere lo stadio e consegnato questa magica vittoria agli annali di gloria
della tua squadra?
Eravate quattro amici molto attenti alle fasi di gioco, e
a fine partita solo tu sei convinto di aver visto la propria squadra passare in
vantaggio e vincere, e gli altri, tutti e tre, seduti accanto a te, mentre
assistono proprio allo spettacolo della loro squadra del cuore, non vedono il
gol?!? Chi di questi ha preso un abbaglio?
Avevo accennato all’azzardo della metafora, ma è un po' per rendere fruibile e significativo quel che accade a quell’Ultima Cena:
un solo evangelista - su quattro -, fa
caso a quella fenomenale frase, la portentosa, sublime, affermazione di Gesù,
che pone le basi della Comunione:
“Fate questo in memoria di me”.
Su tre dei quattro Vangeli canonici, non esiste traccia di questa meraviglia, di questa
incredibile testimonianza che annuncia
uno dei miracoli più belli, ogni giorno
perpetrato nelle chiese di tutto il mondo.
Una frase che, semplicemente, non c'è.
Vi siete mai chiesti come sia potuto accadere che il
fulcro della Cena, quell’epilogo colmo di prodigio, l’invito a cibarsi di
santità per tutta la vita, sia sfuggito a ben TRE evangelisti su QUATTRO? Pure
ben presenti a quella cena.
Erano in bagno, erano distratti dalla cameriera, stavano parlando tra loro?
E come mai i tenutari e i curatori di quelle
scritture non hanno tenuto conto, in seguito, della “piccola” contraddizione?
Forse non era ancora matura la potenzialità del Sacramento?
Divenuto, in effetti, consuetudine, SOLO centinaia di anni più tardi?
Certo diventa difficile aver fede senza prove, ma la
fede autentica si dovrebbe alimentare proprio nel culto dell’enigma, della NON
conoscenza, della NON supposizione.
Dovremmo fare a meno di tanti "aiutini". Il fedele attuale, ricolmo di particolari e certezze sulla vita di Dio e Gesù, potrebbe (saprebbe) farne a meno? Ne dubito.
Siamo ricolmi invece di infiniti dogmi e dimestichezze con le quali abbiamo fatto di Dio qualcosa di estremamente confidenziale, e pochissimo misterioso.
E il Mistero, quello vero, si sa, spaventa, e non rassicura affatto.
Oggi Corpus Domini...non posso mancare a questo invito.
RispondiEliminaAnche se quella frase “Fate questo in memoria di me” non è stata riportata da tre evangelisti su quattro, ciò che stupisce non è tanto l’assenza nel testo quanto la sua presenza nel gesto, nella trasmissione viva e instancabile di un rito che ha attraversato i secoli come un fiume carsico, invisibile alla penna ma potentissimo nelle mani e nei cuori. È come se gli evangelisti muti su quella frase avessero comunque obbedito al comando, non con l’inchiostro ma con la carne, con la vita, con la comunità che si sarebbe poi raccolta attorno a quel gesto, quel pane spezzato, quel vino condiviso.
E allora forse è proprio qui che si cela la potenza della fede: non nel dire, ma nel fare; non nella dottrina scritta, ma nella memoria incarnata. Quella frase che manca, in realtà è stata gridata da secoli attraverso ogni celebrazione eucaristica, ogni altare, ogni piccola chiesa di paese e ogni cattedrale maestosa. Forse il silenzio dei tre non è una dimenticanza, ma una misteriosa conferma: non serve che tutto sia scritto se tutto è stato fatto.
E la fede vera, quella che si aggrappa non alle certezze ma al Mistero, riconosce questo: che qualcosa può essere talmente sacro da non aver bisogno nemmeno delle parole per sopravvivere. Basta il gesto. Basta farlo. In memoria di Lui.
"Vi siete mai chiesti come sia potuto accadere che il fulcro della Cena, quell’epilogo colmo di prodigio, l’invito a cibarsi di santità per tutta la vita, sia sfuggito a ben TRE evangelisti su QUATTRO? Pure ben presenti a quella cena?
RispondiEliminaSono tra quelli che non se l'è chiesto ,boh questione di fede o fiducia avrò sbagliato credendo in una "memoria" che ancora oggi è presente e viva ?Forse però "fate questo in memoria di me" nella Prima Lettera ai Corinzi (11:24-25) potrebbe essere un "aiutino" per chi menziona di dover vivere il Mistero facendone "mistero"stesso su ciò che è sfuggito ad altri tre evangelisti ,che sono stati portati sul campo a giocare a palla prigioniera.
Buona giornata Franco:)
Bella questa immagine dei tre evangelisti portati a giocare a palla prigioniera mentre Luca prendeva appunti… quasi a dire che il Mistero, per mostrarsi, non ha bisogno di mettersi in fila davanti ai cronisti. E in effetti, forse non è tanto una questione di “dimenticanza” o “svista”, quanto di fiducia nel fatto che certe parole, se sono vere, trovano comunque la strada per restare, se non sulla carta, nei gesti, nel cuore di chi le ripete ogni giorno senza nemmeno sapere da dove arrivano esattamente. Hai ragione: quella “memoria” continua ad agire, viva, concreta, nonostante le omissioni. O forse proprio grazie ad esse. Perché così il Mistero non si fa spiegare, ma solo vivere. E magari anche un po’ sorridere, tra un Vangelo e una partita a palla prigioniera.
EliminaE in fondo, cosa celebra il Corpus Domini se non proprio questo? Un gesto che resiste al tempo più delle parole, una presenza che continua anche quando il racconto si fa frammentario. Un’assenza che nutre. Un silenzio che parla. Buon Corpus Domini, davvero.
"...quella “memoria” continua ad agire, viva, concreta, nonostante le omissioni. O forse proprio grazie ad esse. Perché così il Mistero non si fa spiegare, ma solo vivere. E magari anche un po’ sorridere, tra un Vangelo e una partita a palla prigioniera"
EliminaCerto che si e ringrazio per aver colto lo spirito sorridente e contagioso, con cui è ancora possibile uno scambio costruttivo tra vedute differenti.
Grazie a te e buona domenica a tutti .
Posso dire la mia, a parte il significato che ogni credente dà a quello che Gesù dice nell'ultima cena, poso personalmente interpretare che la frase "fate questo in memoria di me" sia il completamento di tutto il percorso del Dio in terra, ricordarci di fare tutte le azioni buone che ci ha insegnato. Senza guardare quello che gli evangelisti hanno poi scritto. Buona domenica Franco.
RispondiEliminaI fatti vengono rapportati per tre evangelisti (tutti tranne Giovanni) ma forse la frase esatta non venga detta più che per Luca (non lo so, credo di aver letto che tutti gli altri tre riportano la frase). La cosa importante è che Giovanni non dice che ciò non sia accaduto.
RispondiEliminapodi-.
Auguri a tuo nipote per la sua prima comunione.
RispondiEliminaI misteri più infiniti e più incuneanti nella nostra mente le esprime il credo è un elenco di avvenimenti di momenti a cui credere che poi sono stati non solo metà di grandi dibattiti ma anche esempi di Come concepire e certi cose inspiegabili. Sono un ripetuto lettore di Tolkien Signore degli Anelli e li tanti perché alcuni chiede Fede figli il nostro credo sono realizzati in quegli scritti meditiamo
RispondiEliminaCaro Franco, sul "credere" e sul "non credere" sono stati spesi, nei secoli, fiumi di parole e di dibattiti che hanno portato, come si vede, a ben poco. Io penso che il credere, come il non credere, sia un fatto del tutto personale e che cmq meriti sempre il rispetto di chi la pensa in modo differente. La mia opinione, da sempre, è che credere sia importante non solo per convinzione personale e dunque soggettiva, ma perchè ci sono dei riferimenti storici ben precisi che vertono in favore del credere. Chi può avere concepito tutto questo, l'uomo, la natura, la donna, il Creato? Chi può essersi tirato fuori dal cilindro con così tanta perfezione la Bibbia, il Vangelo, le Sacre scritture inventandosi e romanzando tutto di sana pianta? Difficile dare una risposta sensata. Più facile credere alle testimonianze ereditate nei secoli. Poi ognuno di noi vive il credere e il non credere come meglio vuole e lo argomenta parimenti. Ma nei momenti difficili io sono stato preso per i capelli e tuttora nei momenti complicati vengo esaudito. Difficile dare una risposta a tutto ciò. Ma io credo. Credo perchè avverto. Tutto qui. Suggestione? Non credo proprio. Buona serata.
RispondiEliminaCi hanno insegnato che il comandamento "fate questo in memoria di me" ha forse una duplice interpretazione:
RispondiEliminafare memoria nel sacramento e fare memoria nella vita, rendere presente Gesù nel sacramento e renderlo presente nella carità.... Ma in pratica chi di noi, anche tra i credenti più fedeli, è sicuro di aver rispettato nella sua vita questo comandamento (come qualsiasi altro)...
La carità dev'essere fatta in memoria di qualcuno ?
Però , attenzione, non tutti gli evangelisti erano presenti all'ultima cena: solo Giovanni è quello sicuro e la frase non è riportata nel suo Vangelo. Marco era un seguace di Pietro (raccoglierà le sue testimonianze), Matteo era un apostolo, ma non è citato nell'ultima cena e Luca era un discepolo di Paolo, che poi è l'unico a riportare la frase nel suo Vangelo (e ci sta visto che l'altra citazione la fa proprio Paolo nella lettera ai Corinzi).
RispondiEliminaIo mi fermo alla bellezza e all'importanza dell'esortazione, così piena di significato, colto nella sua singolarità tanto da farsi universale. E non mi faccio lambire dai dubbi.