Un remake stantìo che ti fa passare la
voglia di (ri)guardare ancora western.
Il primo déjà vu: i cattivi alla fine
muoiono, anche se in quantitativo industriale contro sette, più l’aiuto dei
contadini residenti addestrati alla bell’e meglio
Il secondo: la belloccia indifesa
diverrà deus ex machina
Il terzo: la mira dei cattivi è una
chiavica disumana
Il quarto: mettiamo insieme i più
incompatibili del mondo, anche multirazzialmente parlando
Il quinto: caratteri e personalità appena scalfite, con l’ovvia presenza del solito codardo che si redime
Il sesto: il cattivo è cattivissimo e il
buono è buonissimo
Il settimo: non un’inquadratura che
esalti, un dialogo che incalzi, un duello che intrighi, una visione che
illumini. Tutto stragià visto.
Perché, allora, la necessità di certe
operazioni che ti afflosciano sulla poltrona?
Pensavo a Quel treno per Yuma, remake di
qualche anno fa con Bale e Crowe.
Quello aveva senso. C’era materiale per
scavare e ci si sbizzarriva addirittura a cambiare le carte in tavola.
Questi magnifici invece? Qual è la ratio?
Servivano soldi a Denzel per ristrutturare la piscina a Beverly Hills? Oppure il regista, Antoine Fuqua, è finito in bancarotta?
O meglio ancora per far rivoltare nella tomba Kurosawa, autore dell’originale I sette samurai che ha dato via, poi, alla saga western?
O meglio ancora per far rivoltare nella tomba Kurosawa, autore dell’originale I sette samurai che ha dato via, poi, alla saga western?
Un film che non ti scuote di una
virgola, perché presto comprendi di essere impantanato in un passato che non
vuole rischiare nulla, roba da rimpiangere i Leone se non addirittura i Terence
Hill.
Ed esci dal cinema come uno dei
cattivissimi.
Con le aspettative crivellate.
A me già i western in genere non ispirano e la tua rece certo non invoglia molto a recuperare questo... ;)
RispondiEliminaConcordo su tutto, parola per parola, virgola per virgola.
RispondiEliminaUnico distinguo, il remake della pellicola: "Quel treno per Yuma", di cui - analogamente ai "Magnifici sette"- non si avvertiva alcun bisogno. Basta la versione con Van Heflin e Glenn Ford, che all'epoca (1957?) fornirono una prova magistrale.
p.s.
Un riverente saluto al Grande Recensore ^__*
D'accordo che - in genere - dei remake non si senta quasi mai la necessità e il relativo beneficio.. nominavo Quel treno per Yuma tanto per far notare che, comunque, c'è modo e modo... per il resto sempre infinitamente grato per la tua squisita cortesia... ;)
Elimina> c'è modo e modo
EliminaScusa, non ho afferrato: alludi al modo di fare il film?
Questo film volevo vederlo, ma appena è uscito non me ne hanno parlato benissimo, quindi ho evitato. Leggere il tuo post conferma che ho fatto bene ;)
RispondiEliminapollice giù
RispondiEliminaA dirla tutta ne basta solo una, mitica (nel web). Ti pare?
RispondiEliminaProva
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