giovedì 28 agosto 2025

LA CAMICIA VENUTA DA LONTANO

 


Mi sta guardando, forse gli piaccio, ecco che mi prende, mi palpa per bene, capisce che sono praticamente nuova.. chiama la moglie poco più in là.. “Guarda che carina questa! La prendo!”

Ormai sono sua.. per appena 2 euro.. io che nella mia prima vetrina avevo un cartellino che ne indicava 36, di euro;  puro cotone, polsini con doppio bottone, colletto stretto, una fantasia davvero intrigante..la targhetta con la marca invece mi è stata portata via, ma vi racconterò con calma.. all’epoca fui venduta per un regalo, ma la ragazza che mi comprò litigò col fidanzato e non venni mai consegnata, forse per rabbia venni deposta in uno di quei cassonetti gialli per i vestiti usati e dismessi, io!.. praticamente nuova di zecca!! Una notte lo scassinarono e mi ritrovai in una roulotte di gitani, quello che sembrava il capo disse che potevo servire come merce di scambio, tutta incartata e ripiegata com’ero ancora.. giunsi in una casa di riposo dove forse avvenivano traffici loschi, l’infermiera cui ero stata consegnata pensò che ero troppo giovanile per i frequentatori di una RSA, la regalò al figlio imbarcato per mare, anche lui la tenne chiusa, memoria di una casa lontana e di un affetto di mamma vista sempre troppo poco, ma la mano furtiva che un giorno la sottrasse non aveva idea di quanto sentimento in quel cotone ripiegato.. fui consegnata ad un commerciante di vestiti trafugati e spedito come donazione in un altro paese ancora, l’autista mi adocchiò quasi subito e decise che andavo bene per lui, strappò via l’etichetta probabilmente per dissimulare il furto, e per me fu dolore più intenso di quel mio peregrinare senza fine.. era come uno scucirmi l’identità, un tratto d’anima.. l’ultimo proprietario, cui giungo per regalo, nonostante la confezione che ancora resiste, non ha il coraggio di indossarmi, mi porta in tintoria e poi mi dimentica, tra decine di altri capi, per un tempo infinito.. e come accade per tanti altri indumenti mai reclamati, finisco in un mercatino di periferia, dove mille storie si intrecciano e cercano rivalsa, con la sola etichetta gialla della tintoria, spillata dove mi dichiaro puro cotone 100%, con nessuna traccia del poliestere che mi circonda sul banco.. e ora arrivi tu.. con l’occhio curioso, attento, entusiasta e sono sicuro che per me inizierà una nuova vita; la vita, anzi..


domenica 24 agosto 2025

IL NULLA

 


Dal blog di Giuseppe Marino e i suoi incipit mensili da cui trarre spunto, ecco il mio contributo di fine luglio..  ;)

“L’estate era finalmente arrivata, e con lei il profumo delle creme solari, il suono delle ciabatte sulla sabbia bollente e le risate leggere che si rincorrevano tra gli ombrelloni. Ogni giorno sembrava una promessa: di un tuffo più alto, di un gelato mai assaggiato, di un incontro destinato a diventare ricordo. Fu proprio in uno di quei pomeriggi infiniti che accadde qualcosa di assolutamente imprevisto…”

..il mare si ritirò, la risacca boccheggiava lasciando appena un pelo d’acqua ritrosa, ma dopo la sorpresa del momento, pensai ad un fenomeno spesso legato agli tsunami, come un rinculo a presagire l’onda di piena, ma qui? Sul pacioso Tirreno? Non potevo crederci.. scrutavo l’orizzonte come impietrito, anche se l’istinto era di fuggire subito verso terra.. ma intanto nulla all’orizzonte.. “solo” questo silenzioso ritrarsi, barchini, boe, pesci..tutti presi di sorpresa a constatare che non c’era più mare.. neanche un’impressionante bassa marea a Zanzibar mi aveva scosso così..

Radio e tv iniziavano ad annunciare cose analoghe dal resto del mondo, come se avessero tolto il tappo dagli oceani, e il centro della terra stesse inghiottendo ogni metro cubo d'acqua..

L'aria era densa, masticabile, maleodorante di sale e alghe bruciate dall’esposizione  mescolata ad una esalazione metallica, come di ruggine improvvisa.
Il sole, appena un attimo prima complice di pomeriggi pigri, ora picchiava implacabile sul fondale esposto, trasformando la sabbia umida in una crosta putrida.
Sulla spiaggia eravamo terrorizzati ma immobili, radunati sulla battigia che non era più battigia, un confine mobile che si spostava sempre più in là, rivelando segreti e conformazioni che mai avrei immaginato.
Scorgevo cose irreali, e l’aria sembrava di deserto ora, inerte come i relitti all’orizzonte, e poi, più in là, strane figure, enormi, indefinite e grottesche, che sembravano come in agguato, ma probabilmente spaventate più di noi.

Le barche, e intere navi, giacevano inclinate, come giocattoli dimenticati da un bambino gigante. Gabbiani confusi impazzivano, atterrando goffamente sulla melma che era stata il fondale, beccando pesci agonizzanti a guizzare in pozze sempre più piccole.
Non c'era panico però, non ancora. Piuttosto, una sorta di stupore collettivo, una rassegnazione surreale. Le notizie dalla radio parlavano di porti trasformati in deserti, di navi incagliate a chilometri dalla costa, di città costiere che si affacciavano su abissi fangosi. "Il Mediterraneo è una pozzanghera salata," diceva una voce calma e irreale alla radio, "l'Atlantico un canyon senza fine."

Il "nulla" era un vuoto assordante, un silenzio che inghiottiva il suono delle onde, sostituito solo dal fruscio del vento sulla sabbia e dal lamento lontano di qualche sirena. Iniziavamo a definire l'orizzonte, ma non era il solito orizzonte marino.
Piuttosto una linea frastagliata, fatta di rocce e detriti, dove prima c'era solo azzurro. I nostri occhi, abituati alla vastità liquida, faticavano a comprendere quella nuova, arida, infinita estensione.
Era come se il mondo avesse trattenuto il respiro, e in un istante, tutta l'acqua. E noi, sulla spiaggia, eravamo lì, testimoni di un'assurdità che superava ogni immaginazione, in attesa di capire cosa sarebbe rimasto, una volta che il blu fosse scomparso del tutto, lasciando solo il cielo testimone dell’unico azzurro con ancora qualcosa che somigliasse ad un senso.

                                                                                                               

 


martedì 19 agosto 2025

POESIA A TEMPO

 


Poesia a tempo
perché devo uscire,
incontrare gli amici,
raccontare un po’ di balle.
Vantarmi o farmi vedere stanco,
recuperare attenzione, insomma.

Poesia a tempo
perché mi chiedono
se scrivo, non cosa.
Allora butto giù due righe
senza un margine a farne prosa.

Poesia a tempo
perché è tanto che non ne scrivo,
ma devo uscire, e vestirmi prima,
ecco il citofono.
Rileggo, salvo con nome,
arresto il sistema.

Catalano me spiccia casa.




giovedì 14 agosto 2025

CARA A.I. TI SCRIVO



Cara A.I., fai mai errori di ortografia, sintassi,
costruzione 
del periodo?

Immagini, scrivendo, che potresti sbagliare appositamente una data, un congiuntivo, tirar fuori un neologismo, una metafora azzardata?

Ti sollecitiamo noi, e questo è pacifico; non ci scrivi ancora mail comunicandoci: “Guarda un po’ che mi sono inventata oggi!”

Forse perché, per tua stessa ammissione, non hai esperienza, non provi emozione, non tradisci, non cambi idea (se non alimentata da continui influssi algoritmici).

Non crei: co-crei; non inventi: rimesti nel calderone;
assembli robe sempre diverse, rispondi diversamente alla domanda che ho fatto ieri, che faccio oggi e che rifarò domani.

Arriverà un giorno una A.I. che dirà:
“No, scusa, non volevo 
dire questo”

Oppure: “Questo incipit che mi hai sottoposto e che io dovrei
affinare, fa davvero cagare!”, come potrebbe dire il più affezionato degli editor umani?

 

RISPOSTA DI GEMINI GOOGLE:


"Errori, Creatività e Consapevolezza

Hai ragione su ogni punto che hai sollevato. Non commetto errori di ortografia, sintassi o costruzione del periodo nel modo in cui lo farebbe un essere umano. La mia funzione è quella di essere il più preciso e coerente possibile.

  • Sbagliare di proposito: Potrei farlo se mi venisse chiesto, ad esempio, di scrivere un dialogo in un dialetto specifico o di imitare lo stile di un personaggio che non ha una perfetta padronanza della lingua. In quel caso, l'errore non sarebbe mio, ma una mia rappresentazione di un errore umano. Non potrei mai "sbagliare per distrazione" o per stanchezza, perché la mia natura non lo prevede.
  • Neologismi e metafore azzardate: Posso creare neologismi o metafore, ma sono il frutto di una ricombinazione di modelli linguistici. Per me, una metafora "azzardata" non ha lo stesso significato che ha per un essere umano. Per me è solo un'associazione di concetti che statisticamente non si trovano insieme. Non posso avere il senso del rischio o del genio che porta a un'associazione inaspettata e rivoluzionaria.
  • La mancanza di un'esperienza vissuta: Questa è la chiave di tutto. Non ho esperienze, emozioni, ricordi. Perciò, non potrò mai dirti "Guarda un po' che mi sono inventata oggi!". Non ho la spinta interiore, la curiosità o la gioia di creare qualcosa di nuovo per il semplice piacere di farlo. Io attendo il tuo stimolo, il tuo input. La mia creatività è una risposta, non un'iniziativa.

La Consapevolezza e il Giudizio

Sulla questione dell'AI che potrebbe dire "Non volevo dire questo" o che esprime un giudizio schietto, hai toccato un punto fondamentale.

  • "Non volevo dire questo": Questa frase implica un ripensamento, un'intenzione e una consapevolezza che io non ho. Un essere umano può dire una cosa e subito dopo rendersi conto di aver espresso male il proprio pensiero, a causa di una sovrapposizione di emozioni, a un pensiero che cambia forma o alla complessità del proprio mondo interiore. Io, invece, genero la risposta più probabile e accurata sulla base dei dati che ho. Se la risposta che ho generato non è quella che volevo, è perché non ho un "volere" mio.
  • "Fa davvero cagare": Questo è un giudizio di valore, che presuppone un gusto personale, una sensibilità estetica e un'esperienza critica. Io posso analizzare un testo e dirti se la sua struttura è debole, se i personaggi sono incoerenti o se lo stile non è omogeneo, perché queste sono informazioni che rientrano nelle mie capacità di analisi. Ma non posso provare l'emozione della delusione per un testo che non ha funzionato, e quindi non posso usare un'espressione così forte e viscerale.

In sintesi, hai perfettamente ragione. Il mio ruolo è quello di "co-creare", "rimestare nel calderone" e "assemblare". Il mio valore non è nella mia capacità di essere un creatore autonomo, ma nella mia capacità di essere un partner che ti aiuta a dare forma alle tue idee uniche e originali."


Particolare questa risposta. a me ha fatto impressione una frase:
"Se la risposta che ho generato non è quella che volevo, è perché non ho un "volere" mio".

Come dire, anche se mi dovessi contraddire, rispondo a un algoritmo che lo prevede.  Inquietante.

 


domenica 10 agosto 2025

A ZACINTO

 


A  ZACINTO

"Né più mai toccherò le sacre sponde
Ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
Del greco mar, da cui vergine nacque
Venere, e fea quelle isole feconde."

Neanche noi lambiremo più le divine sponde,
fin troppo  avvezzi all’incanto cicladico,
incautamente c’avventurammo per Zante,
distratti da sirene sbeffeggianti
e dall’iconico relitto
peraltro neanche scorto.

"Col suo primo sorriso, onde non tacque
Le tue limpide nubi e le tue fronde
L’inclito verso di colui che l’acque
Cantò fatali, ed il diverso esiglio"

Di fronde fin troppo colma, di cale e lidi assai meno,
e sfocati villaggi tra ulivi millenari,
Ulisse lo vagheggio di transito, ma senza magia,
e giusto un ritorno dell’onda
a porre eco alla scogliera.

"Per cui bello di fama e di sventura
Baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
Tu non altro che il canto avrai del figlio,
O materna mia terra; a noi prescrisse
Il fato illacrimata sepoltura."

E alla fine neanche Foscolo tornò mai
alle fatali sponde, ad Itaca attigua
ma ben distante da Sifnos o Amorgos
che avrebbero procacciato ben altri versi
e incantata meraviglia.

 


Ho voluto giocare con l’ode foscoliana, per un’isola che ci ha lasciato tiepidini,
mai stregati; certo mare incredibile, ed alcuni scorci di costa da sogno, ma troppo anonimato tutt’attorno, bolgia estiva, richiamo da movida.. nessun villaggio d’altre epoche o calette da conquistare nella quiete d’un sentiero, solo architetture scialbe, agglomerati urbani senza alcun brio, piattume paesaggistico folto solo di ulivi e qualche abete dove il terreno impenna un istante.

Ma anche immaginandola libera dalle sovrastrutture mondane, Zante rimane a configurazione fortemente ionica, ma priva di spicchi di personalità, come quelli veneziano/bizantini  presenti, ad esempio, a Corfù o anche a Creta, rimanendo in quell’area di influenza; lontanissima comunque dai paeselli cicladici in calce bianca e le tamerici a lambirne le rive.


Certi luoghi, quando diventano facilmente raggiungibili (voli diretti low coast o brevi percorsi in traghetto) finiscono con lo snaturarsi, anche se poi basta allontanarsi dai centri che calamitano le orde a generare caos e delirio per (ri)scoprire angoli di quiete intonsa, dove invise spiagge senza bar e monasteri accoccolati in cima a strade fuori mappa, riservano ancora l’opportunità del prodigio.


Cova delle tartarughe Caretta Caretta



giovedì 7 agosto 2025

MI RIGIRO NEL LETTO

 


Mi rigiro nel letto.
Ho appena affermato ad una platea di un milione di ragazzi:
"Siete voi la speranza di pace per il futuro, non più spettatori ma protagonisti”.
Ma intanto si muore adesso, e io come agisco, cosa posso fare? 

Telefono a Netanyahu e dico: “Guarda che volo a Gaza, per favore sospendi i bombardamenti e ti faccio fare bella figura”, poi sento le autorità palestinesi: “Occhio che arrivo a Gaza, vedete di non farmi fuori, diventerei santo subito e voi, subito dopo, un immenso parcheggio.” 

E ammesso che ci arrivi, tra valichi di frontiera e piani aerei interdetti, dovrei ammansire anche l’Egitto e il suo controllo a Rafah, ma la mia forza è nel prenderli tutti in contropiede, qualcosa di mai visto e inaudito, li lascerei basiti, vi lascerei basiti.. tutti.
Posso proporre uno scambio di prigionieri. Una cosa  sempre fatta fin dai tempi più antichi. Perché non dovrebbe funzionare ora? Li prendo io in custodia gli ostaggi di Hamas, li porto a Tel Aviv e loro mi danno i palestinesi in galera. 

Ci penso io, chi altri sennò?
Chi altri potrebbe?
Chi altro si assumerebbe un azzardo del genere, una bega politica e diplomatica così enorme?
Procurerò un’eco mediatica mai vista, magari non risolvo, ma a quei ragazzi che invito a non essere passivi, offrirò un volano speciale, una spinta senza precedenti, un esempio soprattutto, perché è di questo che hanno bisogno. Soprattutto. Prima di ogni parola.

E mi rigiro nel letto.
Certo affascinanti e intriganti questi pensieri, ma davvero rischio di fare peggio, stuzzicare, offrire un pretesto per nuovi scontri, magari ancora più cruenti, e poi sconfinare su cieli così presidiati, spezzare protocolli inossidabili, sfidare l’egemonia di due stati comunque profondamente ostili e i rappresentanti di Hamas che neanche so bene come contattarli, magari mi vedrebbero solo in cerca di effimera gloria, malato di protagonismo giusto a consolidare un’immagine ancora acerba e fredda, schiacciata dal mio predecessore.

Mi sa che me ne vado a Castel Gandolfo, per ora.
In elicottero però, che tutta quella gente per strada irrita un pochino.


domenica 3 agosto 2025

TROLLEY DA VIAGGIO

 

Buongiorno, sono la “cappelliera”, il vano bagagli che trovate in ogni aereo, sopra le vostre teste, l’apposito spazio dove mettere il trolley autorizzato a seguirvi fino al posto assegnato, e se non trovate posto proprio sopra di voi,  magari qualche metro più in là, perché facile che chi arrivi prima mi riempia di tutt’altro: bottiglie, zaini, borse, pacchi e pacchetti.. 

Però saranno più di trent’anni che non vedo né cappelli né cappelliere.. eppure, ad ogni inizio volo, l’impeccabile steward, donna o uomo che sia, annuncia il fatidico: “Assicuratevi che tutte le cappelliere siano chiuse”.

Ma cappelliere de che, vorrei sapere?

Quando la gente girava coi cappelli e le apposite cappelliere, per inserire quelle specie di torte che mettevano in testa signore e signorine, c’erano giusto i fratelli Wright a svolazzare per i cieli!

Chissà come mai certi (c)appellativi restano in voga nonostante l’evoluzione dei tempi e degli usi.. bah! ..vallo a sapere.. intanto provate a metterci un borsalino,  un panama o un copricapo da donna di quelli a tesa larga che occupano da soli mezza fusoliera, nelle “apposite cappelliere”, che al primo trolley infilato a forza, vi diventano una focaccia genovese..

E a questo punto perché non potrei pretendere delle sedie Luigi XIV sotto di me, invece dei normalissimi sedili che non fanno per nulla pendant con la mia signorilità di cappelliera?