martedì 17 gennaio 2017
sabato 14 gennaio 2017
COSA CI RACCONTIAMO
Si. Cosa ci raccontiamo alla tastiera, davanti al video, O mentre passeggiamo consci di una vita regolata al secondo. Squadrata al centimetro. Non nel senso che tutto sia programmato e prevedibile. Quello no. Altrimenti sarebbe quasi noiosa.
Oddio, neanche.. perché se ce la siamo immaginata, ci piacerà pure.. quindi lavoro, casa, moglie, viaggi, figli, soldi, sorrisi, amici.
Poi il lavoro ti annoia, cambi moglie, cambi casa, di figli non se ne parla, viaggi ma non dove vorresti, i soldi si spendono, i sorrisi si fabbricano, gli amici chissà,
E cosa ci raccontiamo alla tastiera, cosa scriviamo, cosa ci leggiamo dentro, cosa svendiamo, e cosa negoziamo fino alla fine, cosa vorremmo davvero, cosa ci fa paura, cosa ci blocca,
Poi leggi e ti dici.. ma la pubblico 'sta cosa? E poi le domande? E le risposte?
Ma te la pubblichi pure dentro? Nel senso... te la leggi dopo che l'hai scritta? O è colpa sempre di quell'editor che abita da te... quello che ti corregge le telefonate, le risposte, le carezze, le bugie,
Quell'editor che vorresti essere davvero, e invece lavora coi voucher e soltanto dentro il tuo cervello,
niente ferie, mai un po' di riposo. Ti accartoccia i sogni e te li lancia come un padrone col suo cane.
Vai, raccogli e riporta qua.
Cosa ci raccontiamo davvero?...
azz,, devo sbrigarmi.. se l'editor s'accorge che sto facendo da solo...
Oddio, neanche.. perché se ce la siamo immaginata, ci piacerà pure.. quindi lavoro, casa, moglie, viaggi, figli, soldi, sorrisi, amici.
Poi il lavoro ti annoia, cambi moglie, cambi casa, di figli non se ne parla, viaggi ma non dove vorresti, i soldi si spendono, i sorrisi si fabbricano, gli amici chissà,
E cosa ci raccontiamo alla tastiera, cosa scriviamo, cosa ci leggiamo dentro, cosa svendiamo, e cosa negoziamo fino alla fine, cosa vorremmo davvero, cosa ci fa paura, cosa ci blocca,
Poi leggi e ti dici.. ma la pubblico 'sta cosa? E poi le domande? E le risposte?
Ma te la pubblichi pure dentro? Nel senso... te la leggi dopo che l'hai scritta? O è colpa sempre di quell'editor che abita da te... quello che ti corregge le telefonate, le risposte, le carezze, le bugie,
Quell'editor che vorresti essere davvero, e invece lavora coi voucher e soltanto dentro il tuo cervello,
niente ferie, mai un po' di riposo. Ti accartoccia i sogni e te li lancia come un padrone col suo cane.
Vai, raccogli e riporta qua.
Cosa ci raccontiamo davvero?...
azz,, devo sbrigarmi.. se l'editor s'accorge che sto facendo da solo...
CINEMA DISTOPICO
Normalmente
dicesi distopico di cinema vagamente incartato tra futuro ed
alterazioni del passato o che narri, comunque, in maniera tormentata,
di uno stato sociale alterato o alterabile.
In
questa ottica, lo sforzo cui mi sono sottoposto sorbendomi
consequenzialmente Mr.Nobody e The lobster, indica - grosso modo - il
grado di distopia che cerco di iniettarmi a grosse dosi, l'inconscia
insoddisfazione del reale cui appartengo, e la frequente delusione
nel valutare che, comunque, i modelli proposti, forse non valgono per
niente la pena di rivoluzionare il convenzionale acquisito.
Mr.Nobody
scimmiotta Sliding doors in modalità futuristica, The lobster
ridicolizza i rapporti umani mettendo a nudo primordiali bisogni
singoli che prevaricheranno sempre la coppia.
![]() |
Colin Farrell in una delle sue massime espressioni espressive |
Il
primo ci narra di un centodiciottenne nel 2093, ultimo esempio di
vita umana non alimentata artificialmente e senza possibilità - ormai normale - di
una vita eterna. L'arzillo vecchietto, intervistato, ci racconterà - magi(distopi)camente - delle sue infinite vite passate, a seconda che nasca da una o da
un'altra famiglia, che segua il padre o la madre dopo il loro
divorzio, che sposi o meno una delle tre ragazzine che gli fanno il
filo.
![]() |
Jared Leto, invece, in una delle sue. |
Ottime
alcune trovate tecniche e di montaggio, noiosetto tutto il resto,
déjà vu in troppi casi, citazionistico allo spasimo, alla lunga
disarmante.
Paragonato
anche a Cloud Atlas, il quale potrebbe essergli debitore in diversi
frangenti, ma che spettacolarizza a livelli decisamente superiori.
Ecco, forse questo latita in Mr. Nobody, il voler spettacolarizzare ma col
budget ridotto al minimo sindacale.
The
lobster al contrario si frega con le sue stesse mani, volendo stupire
ad ogni fotogramma, cercando di mettere a nudo istinti a noi
sconosciuti, o meccanizzando natura, impulsi e inclinazioni cui
normalmente diamo un peso relativo.
Stravolge
quindi la normalità dei comportamenti evidenziandone altri che non
riusciamo a farci appartenere, anche noi seduti comodamente davanti
un film e inclini, solitamente, a giustificare eventuali derive
registiche.
Fino
a che il troppo non stroppi, però.
Ora,
mi chiedo, dopo questa indigestione distopica... dovrei riguardarmi
La vita è meravigliosa? Il prototipo della distopia formato famiglia..
venerdì 13 gennaio 2017
CALVARIO (2014)
Un
film di religione estrema, potrei dire.
Non
come Passion di Gibson, dove dal sangue potevi intravedere i
trigliceridi, e neanche come L'ultima tentazione di Cristo di
Scorsese, dove la fantasia soccorreva un Dio terreno.
In
Calvario c'è l'uomo creato dal Signore, con tutte le sue derive, il
prete immolato a Dio, con tutte le sue paure.
La
ricerca e la catalogazione di tutti i valori possibili, alla scoperta
di quelli, forse, perduti.
C'è
un fare il prete in maniera scomoda, dove per salvare il salvabile
bisogna di nuovo arrampicarsi sul Golgota, ripercorrere l'intero
calvario, e magari scappare, infine, lasciando a Dio e al vento l'ingrato compito,
oppure sostituirsi a lui maneggiando poche parole, pochissimi
sacramenti.
E
qualche virtù desueta.
Come
il perdono, ad esempio.
Che non si insegna. Non si tramanda. Non si
lascia in eredità. Si indica al massimo, si disegna nel vento di una
scogliera brulla, si cerca negli occhi di chi ti vuole bene davvero.
Fare
il prete dove tutti ti odiano, dove pensano tu non possa servire,
oppure implorano, a loro modo, che tu li redima tutti, indicando vie maestre, che li tolga d'impaccio.
Ma non è così. Non così
semplice almeno.
Specialmente
dove tu stesso stai faticando, per capire a cosa servi, e come puoi
servirlo, tutto quello che ancora non capisci, che ti sfugge, e fai fatica a
disegnarlo, o solo a scorgerlo, anche negli occhi e nell'animo di chi ti ama da vicino.
Sei
un prete solo contro tutti, e quando le difficoltà aumentano, anche
contro te stesso.
Vorresti
mollare. Fuggire via.
Anche
se hai sparpagliato sul terreno con attenzione, accorto a non
sprecare un solo seme. E il seme deve morire per portare frutto.
Per
far si che una virtù, seppur desueta, trovi nuova linfa.
lunedì 9 gennaio 2017
CHEFBLOGGER... - POST.. + PAST!!
Cucino in seguito a crisi deliro/compulsive. A sogni ritenuti - chissà - irrealizzabili.
Mi immergo in sapori, colori, odori.. e spariglio le aspettative.
Come un chiedere aiuto al genio sopito...
..al connubio tra sensualità del gesto e sua rappresentazione..
come se si stesse affrescando, o (de)scrivendo, una percezione..
..e invece stiamo ai fornelli.. a dipingere tonalità di gusti..
.. a descrivere sfumature di memorie,,
... come se un dedicarsi al cibo.. sia propedeutico a svelarne l'arte..
..la delicatezza, il ricamo di un'aroma,
Quella sensazione potente che vaga in una miriade di sapori...
sabato 7 gennaio 2017
DEADPOOL IL CONTROSUPEREROE
Se
penso che in migliaia attendono già ora l'ottava edizione di
stucchevoli e riciclati Star Wars, o infinite repliche di gnoccolosi
X-Men, di avariati Avengers, di supereroi e mostriciattoli
dimenticati nei cassetti Marvel... mi chiedo davvero come mai ci si è
messo tanto a tirar fuori questo super-supereroe che si beve e berrà
tutta la concorrenza da qui all'infinito?...
Un
eroe smemorato e pasticcione, parolacciaro, maniaco e goliardico come vorremmo
esserlo tutti noi.
Comunque un Marvel doc, ma senza nessuna spocchia,
senza tormenti, senza freni, senza fronzoli, che brutalizza nemici,
spettatori e produzione, prende per il culo tutti e ci trascina a
salvarci dal convenzionalismo noioso di tutti questi supereroi
stitici e dannatamente fotocopiati. Forse si vergognavano un po'?
Deadpool
ci tira fuori dalla melma qualunquista e io ho riccamente goduto
della carnevalata in atto, degli sguardi in camera, degli effetti
specialissimi, dei ralenty, delle musiche astronomiche, degli
ammiccamenti, delle volgarità, delle millemila citazioni e delle
autoprese in giro, degli Xmen ridicolizzati (l'uomo di latta e
l'algida/infuocata Addams), delle alternanze di montaggio, degli
incantevoli personaggi di contorno, dal tassista indiano alla
vecchietta cieca che monta mobili Ikea con la quale coabita Deadpool,
dal Ryan Reynolds, suo malgrado contorno pure lui, in una splendida
performance a metà tra The Mask, Hancock e Jackie Chan.
Certo
il monoespressivo cattivo di turno risulta forse l'anello debole
della catena, ma assorbito e somatizzato serenamente dal ritmo del film, dai cambi
di marcia, dall'evoluzione, dai retroscena, dal coinvolgimento, dalla
splendida fusione di macabro/demenziale/comico/sentimentale che non
permette mai cali di tensione, come ti adagi un attimo ti sbalza di
carreggiata e ti richiama al disordine imperante.
Insomma,
come da “copione”, fanculo tutti quelli che non l'hanno gradito.
Aspettate i vostri soporiferi Star wars e tutti gli X-men
preconfezionati.
Io
aspetto Deadpool 2 ..sperando che confermino anche quella stragnocca
della Baccarin...
mercoledì 28 dicembre 2016
LION E SULLY - DUE STORIE VERE A CONFRONTO
LION è la storia vera di un ragazzino indiano di cinque anni, che perduta
la famiglia d'origine, finisce in orfanotrofio e viene
successivamente adottato e cresciuto da una famiglia australiana,
divenuto grande gli verrà improvvisa l'idea di risalire alla sua
famiglia d'origine, ritrovando alla fine la sua vera mamma.
Una
tipica storia americana, questo SULLY. Pilota di aerei di linea,
garbato, competente e turbato. Coscienzioso e maltrattato da lobby
assicurative e compagnie aeree.
Agli
antipodi dei nostri schettino. Preoccupato solo dei suoi passeggeri,
della loro incolumità, e la sua esperienza e il suo istinto, al loro
esclusivo servizio.
Questa
in soldoni una traccia che potrebbe anche intrigare, se non
risultassero troppo virate sul patetico le premesse, gli sviluppi, i
caratteri accessori; si punta alla commozione facile, all'isteria
compulsiva, alle illuminazioni improvvise, alle impuntature di
personalità, ad eccessi che anche al profano fanno storcere il
naso.. come questo ragazzo che cresce lontano dalle sue origini e
dalle sue memorie...
Una
storia semplice in fondo.
Salvataggio
spettacolare, sul fiume Hudson - praticamente in piena New York - di
aereo in completa avaria subito dopo il decollo a causa di uno stormo
di uccelli a bloccarne entrambi i motori.
Impresa
ardita al limite dell'inconcepibile, ma perfettamente riuscita; e
relativa inchiesta a seguire, per stabilire se la manovra di Sully
venga dettata solo da delirio di onnipotenza, eccessiva autostima e
sicurezza di sé, e se non potesse, forse, far rientro in aeroporto,
come un comune pilota mortale.
...e
un giorno, d'improvviso, riassaggiando le frittelline dell'infanzia,
durante una cena indiana con degli amici, riscopre, prorompente, il
“richiamo delle origini”, un'ancestrale necessità di recuperare
la sua famiglia, necessità che, fino ad allora, gli era serenamente
rimbalzata; scopre a 25 anni - nel 2010 - l'esistenza di Google Earth (?!?) e comincia a scrutare tutta l'India in ricerca del suo
villaggio di nascita, molla il lavoro, gli studi, fa imbestialire la ragazza,
passa le notti al pc come neanche un ludopatico seriale.
Soluzione
suggerita prima dalla torre di controllo, e successivamente dai
simulatori di volo computerizzati, nei quali vengono immessi tutti i
dati e le condizioni del velivolo al momento dell'impasse.
Eastwood
non entra a gamba tesa sulla storia, ci si accomoda con delicatezza
senza voler creare l'eroe ad ogni costo, anzi, ne sottolinea
l'inquietudine proprio con un incipit di grosso impatto emotivo.
Sfalsa
tempi e piani temporali introducendoci a piccoli passi fino al
checkin, sottolineando caratteri e tormenti, dubbi e attese, cercando
di far comprendere ragioni e motivazioni di tutti gli antagonisti.
Il
montaggio alternato intanto ci ricorda, probabilmente allungando il
brodo fin troppo, le sue vicissitudini d'infanzia, perso per
Calcutta, preso in cura da strani personaggi, sballottato per
istituti, fino al salto in una sana, per quanto bizzarra, famigliola
di tipico stampo occidentale, ricca, ariana e accorta alle tematiche
di eco sostenibilità, (“non volevamo figli nostri perché siamo
già in troppi sul pianeta”...), e alla crescita in parallelo
assieme ad un altro bimbo indiano adottato dalla stessa coppia,
questo però vagamente disturbato e da subito insofferente della sua nuova
collocazione.
Ma
quei simulatori di volo, cosi precisi e freddi nell'esaminare dati e
algoritmi, non possono considerare il fattore umano, la sorpresa, il
panico, la coscienza, l'esperienza, il ridottissimo tempo per
prendere una decisione veloce, efficace, sicura o avventata.
E
soprattutto non simulano il colpo di genio. L'improvvisazione.
Il
simulatore di volo ha bisogno di dati completi per “simulare”,
appunto.
Un
pilota di carne e nervi ha solo istinto e ispirazione.
Provvede
alla fatalità secondo variabili non catalogabili.
Questa
la storia di Sully.
L'uomo
che ha sfidato l'ineluttabile, vincendo.
Il
bimbetto è stato scelto dopo infinite ricerche, fino a trovare un
soggetto che riempie il cuore solo a guardarlo, in effetti; mentre il
“Lion” adulto, invece, è impersonato dal protagonista di Millionaire,
quello si, spettacoloso film bollywoodiano vincitore, e non a caso, di un
meritatissimo Oscar.
A fine pellicola, appaiono su schermo i protagonisti reali della storia,
bruttarelli e cicciottelli, e ci rendiamo conto,
davvero, di come possano cambiare i sentimenti e l'approccio, affidando una
storia, seppur tenera, ad un volto, anziché ad un altro.
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