martedì 10 febbraio 2015

BIRDMAN - L'OSCAR SUBITO...



Birdman ti prende per mano, ti solleva dalla poltroncina coi suoi minipoteri che emana ed evoca, ti intrappola sullo schermo che non hai ancora finito di sitemarti il soprabito sulle ginocchia e ti conduce per mano in un superpianosequenza dove srotola comicosurrealeactiondrammagrottesco a ritmi in/consueti, dove anche una meravigliosa colonna sonora sincronizza suono/immagine/movimento in un tutt'uno.
Sei calamitato da scene e dialoghi che ti si sciolgono addosso e avviluppano in quel iperrealismo al quale ti costringe la camera in continuo divenire.
Ma che comprende anche pause, le pause che noi, nel nostro quotidiano - personalissimo - piano sequenza, giriamo con innata naturalezza, respirando lentamente quasi a riprendere fiato.
Michael Keaton è Riggan Thomson. E' divenuto famoso grazie a Birdman, un supereroe alato: tolto il costume, ha imboccato la via dell'oblio.
Nel film cerca di affrancarsi definitivamente da questo ingombrante e inquietante fardello mettendo in scena una pièce di Carver.
Il contorno della compagnia teatrale, dei fantasmi, delle nevrosi, delle rivendicazioni di ognuno di questo eterogeneo gruppo dove ci muoveremo in claustrofobico e frenetico circolo tra palco, quinte, camerini e le immediate vicinanze del teatro, è il terreno di gioco scelto da Inarritu.
Un elogio alla vita teatrale che, modesto calpestatore di palchi e retropalchi, ho avvertito in tutta la sua potenza, quel dietro le quinte che palpita di copioni in ebollizione, di correzioni in corso, di metodi che si scontrano, di alleanze e strategie, di amori rubati in corridoio, di recitazione trasudata, viva, eccitata, come solo chi ha costruito spettacoli riconosce a pelle; le porte da aprire, le tende da scostare, la scelta del tempo, gli oggetti di scena a suggerirti la battuta.


Un clima di teatro pulsante dentro un film che scorre al quel ritmo, ritmo di piano sequenza. Che è la velocità del teatro.
Una commedia dura due ore e tu sei là. O sul palco o dietro. O in poltrona col pubblico, a srotolare tempo in diretta. Poi c'è il cinema, certo, e riprese che possono durare anni, le meduse spiaggiate ad alimentare il Birdman introspettivo, quello defilato, quello che l'atto inizia in camerino e la scena madre la sfoderiamo al bar, per distruggere la critica che vuole distruggerti, volando radente solo con le parole.
Quello è il Birdman che si libra alto anche uscendo da un taxi, che schianta il destino, con gli schizzi di saliva esaltati dal controluce, che si pulisce la bocca con tutto il genere umano, che ricrea e dona nuovo vigore a Carver anche se nei bicchieri non c'è whisky ma tè.
E noi lì a goderci uno spettacolo che sembra chiuso in sé ma spazia e smonta il mondo, quello del cinema, del teatro e del virtuale (coi social che ti creano e ti distruggono in un clic), e ne incrocia e sovrappone i linguaggi affidandosi ed elevando anche i coprotagonisti (deliziosi i Norton, le Stone, i Galifianakis) in qualità di assoluti mattatori ad ogni (piano)sequenza.
Non è un caso se Keaton e Norton poi, abbiano vestito i panni di supereroi nel loro passato cinematografico, purificandosi ora nella definitiva archiviazione di un cinema che Inarritu rilegge con grazia estrema e “imprevedibile - ma non troppo - virtù”.

Un film coi superpoteri. Davvero voglio crederlo. 
Occhio a non uscire volando dalla sala...


sabato 7 febbraio 2015

DIO ESISTE?

Anch'io, sulla scia del Moz, volevo approcciare il weekend con un post leggero



E se il titolo del post fosse stato: esiste la sbungicattola?

Quante coscienze avrebbe smosso, qual - seppur vago - moto interiore avrebbe mai potuto scalfire? Nessuno, a mio avviso.

Avrei forse accaparrato ignari e curiosi lettori attirati da un intrigante incipit. E invece no.
Esiste Dio è una domanda che in molti non si pongono più, persi come formichine nel loro quotidiano frenetico vagare.
In effetti non è la risposta il fondamento del quesito, ma la domanda in se; una domanda continua e sempre fresca, ribadita e risolta spesso in una, meccanica, asettica, risposta negativa.

Io sono per la domanda eterna da sempre e i mille fluidi di pensiero che ne scaturiscono.
Sono per la discussione, sono per le ipotesi, sono per lo spulciamento di mille catechismi, per le infinite versione di una sola parabola. Sono per il punto interrogativo.

La certezza è blasfema. Ogni certezza.

Resta probabilmente un dato di fatto incontrovertibile: per quante chiacchiere si possano buttare giù, alla fine non ne sapremo un'acca di più di quanto non si possa sapere della sbungicattola.

E su questo almeno, "credo" non ci piova. 

domenica 1 febbraio 2015

I GRANDI QUESITI



Pensavo a un post scemo tanto per diradare dubbi su realtà quotidiane che in parecchi danno per scontate.

Ma voi maschietti, almeno a casa vostra, fate la pipì in piedi o seduti sulla tazza?

Io ho scoperto solo verso i quaranta che da seduti è di un comodo estremo.
Ovvio continuo a farla in piedi quando sono fuori, in ufficio o comunque in altri bagni.
Ma a casa ragazzi!...

Mi sono deciso a porre il quesito perché, spesso, l'argomento tirato fuori casualmente ha procurato reazioni discordanti  rivelando, nella maggior parte dei casi, una idiosincrasia diffusa del "maschio" tipico ad adottare posture considerate storicamente femminili...

E poi oggi è domenica, fuori piove e mi va di cazzarare un po' a casaccio...  ;)





sabato 31 gennaio 2015

E SE CHIUDE IL RE DEI BLOGGERS?!?



No ragazzi, non parliamo di Moz, ma di Andrew Sullivan, il creatore di The Dish. 
Uno che quando ha cominciato a bloggare Moz c'aveva davvero dodici anni anche se già digitava post sul citofono di casa.
Voglio tornare nel mondo reale” uno dei motivi addotti.


E qui mi ha fatto storcere un attimo il naso. E' stato nel mondo delle favole per quindici anni?
Mi interessa il vostro pensiero a riguardo, esserini virtuali inesistenti che schiacciate compulsivamente tastini scambiando opinioni con creature digitali impalpabili.
Chissà se quando s'è arricchito (realmente) con l'abbonamento in crowdfunding (microfinanziamento dal basso: come se Moz ci chiedesse un euro a trimestre per leggerlo - e io glielo darei pure -), l'ha trovata poco reale la villa che s'è costruito in riva all'oceano.
Comunque, ognuno è libero di fare ciò che vuole ma “voglio trascorrere del tempo vero coi miei genitori”, a me personalmente fa un po' ridere...



sabato 24 gennaio 2015

TRA ME E ME



Credo mi abbiano hackerato il cervello.
Qualcuno ha violato difese, intimità, password.
Proprio ora, mentre parlo giusto tra me e me, ecco la particolare impressione di non essere solo.
Nel senso: non solo col me interlocutore. Ma con qualcun altro.
Insomma. Il mio me se la chiacchiera bellamente con un estraneo che gli esplicita, comunque, miei pensieri condivisibili (o che almeno pensavo fossero solo i miei).
Perché in fondo non è poi che si discuta mai con se stessi - esiste sempre una sottesa intesa -, ma in questo specifico caso assisto basito.
Intendo che, probabilmente, non sono io neanche quello che riporta questa sensazione, ora, e adesso, su una tastiera, su carta, su un foglio pixellato a video.
Sono stato invaso? Sono, come si suol dire, “fuori di me”?

E voi? Voi che leggete quello che forse non sono io a scrivere, siete proprio sicuri, - lo siete proprio? - che non siano altri (fuori da voi) a leggere? 
E poi a scrivervi?

Interrogatevi.
Così, tra voi e voi.

p.s. a chi posso scrivermi per una nuova password?















mercoledì 21 gennaio 2015

IL GUFO ROTTO


Il mio sguardo uccide gli insetti, per adesso. Principalmente zanzare e moscerini.
L'utilizzo di questo talento a danno di organismi più complessi fino ad arrivare ai mammiferi è, credo, questione di fortuna e non di applicazione o volontà omicida.
Per questo mi limito solo a guardarmi in giro e fissare le persone che non mi piacciono sperando semplicemente la fortuna giri”

Folgorante, sognatore, stralunato, caustico. Davide Predosin, con una prosa in bilico tra Gene Gnocchi e Giorgio Manganelli, riesce ad estrapolare storie fantastiche dove solitamente regna l'ordinarietà più assoluta. 
L'esaltazione massima del Punto di Vista.

L'ho scoperto spulciando curiosamente avido, nell'annuale edizione di Più libri più liberi, manifestazione dedicata alla media, piccola (e invisibile) editoria, quella che apre i cassetti di tutti noi e tira fuori miracoli di scrittura. Nello stand di un corridoio secondario, dedicato agli editori più innovativi.


Ed enorme la soddisfazione quando, proprio in questi giorni, mi sono visto il mio gufetto rotto arrivare in bella mostra nientepopodimeno che sullo scaffale di Feltrinelli dedicato agli Scelti per Voi

Mi sono sentito un piccolo talent scout dall'olfatto sopraffino.


Ed ora ribalto anche voi la scoperta.   

giovedì 15 gennaio 2015

LA TAZZA BLU



Penso alla tua tazza blu,
che mi colora la mattina,
la indosserei
come cappuccino bollente.
La riporrei, credenza premurosa.

Penso alla tua tazza blu
che ascolta i miei sogni
masticati assieme ai biscotti,
la immagino sensibile, seppur cosa.

Allora, è davvero un mio pensiero
a donare vita
e, quel che è peggio, a toglierla?

Penso alla tua tazza blu
che mi scalda d'inverno
anche se tue
le dita a stringerla,
e che ristora d'estate,
anche se tue
le labbra
a dissetarsi.


Forse voleva essere gialla
ma vaglielo a spiegare
che mi piace blu.