Birdman
ti prende per mano, ti solleva dalla poltroncina coi suoi minipoteri
che emana ed evoca, ti intrappola sullo schermo che non hai ancora
finito di sitemarti il soprabito sulle ginocchia e ti conduce per
mano in un superpianosequenza dove srotola
comicosurrealeactiondrammagrottesco a ritmi in/consueti, dove anche
una meravigliosa colonna sonora sincronizza suono/immagine/movimento
in un tutt'uno.
Sei
calamitato da scene e dialoghi che ti si sciolgono addosso e avviluppano in quel iperrealismo al quale ti costringe la camera in
continuo divenire.
Ma
che comprende anche pause, le pause che noi, nel nostro quotidiano - personalissimo - piano sequenza, giriamo con innata naturalezza, respirando lentamente quasi a riprendere fiato.
Michael
Keaton è Riggan Thomson. E' divenuto famoso grazie a Birdman, un
supereroe alato: tolto il costume, ha imboccato la via dell'oblio.
Nel
film cerca di affrancarsi definitivamente da questo ingombrante e
inquietante fardello mettendo in scena una pièce di Carver.
Il
contorno della compagnia teatrale, dei fantasmi, delle nevrosi, delle
rivendicazioni di ognuno di questo eterogeneo gruppo dove ci
muoveremo in claustrofobico e frenetico circolo tra palco, quinte,
camerini e le immediate vicinanze del teatro, è il terreno di gioco
scelto da Inarritu.
Un
elogio alla vita teatrale che, modesto calpestatore di palchi e
retropalchi, ho avvertito in tutta la sua potenza, quel dietro le
quinte che palpita di copioni in ebollizione, di correzioni in corso,
di metodi che si scontrano, di alleanze e strategie, di amori rubati in corridoio,
di recitazione trasudata, viva, eccitata, come solo chi ha costruito
spettacoli riconosce a pelle; le porte da aprire, le tende da scostare, la scelta del tempo, gli oggetti di scena a suggerirti la battuta.
Un
clima di teatro pulsante dentro un film che scorre al quel ritmo, ritmo
di piano sequenza. Che è la velocità del teatro.
Una
commedia dura due ore e tu sei là. O sul palco o dietro. O in poltrona col pubblico, a srotolare tempo in diretta. Poi
c'è il cinema, certo, e riprese che possono durare anni, le meduse spiaggiate ad alimentare il Birdman
introspettivo, quello defilato, quello che l'atto inizia in camerino
e la scena madre la sfoderiamo al bar, per distruggere la critica che
vuole distruggerti, volando radente solo con le parole.
Quello
è il Birdman che si libra alto anche uscendo da un taxi, che
schianta il destino, con gli schizzi di saliva esaltati dal
controluce, che si pulisce la bocca con tutto il genere umano, che
ricrea e dona nuovo vigore a Carver anche se nei bicchieri non c'è
whisky ma tè.
E
noi lì a goderci uno spettacolo che sembra chiuso in sé ma spazia e
smonta il mondo, quello del cinema, del teatro e del virtuale (coi
social che ti creano e ti distruggono in un clic), e ne incrocia e
sovrappone i linguaggi affidandosi ed elevando anche i coprotagonisti
(deliziosi i Norton, le Stone, i Galifianakis) in qualità di
assoluti mattatori ad ogni (piano)sequenza.
Non
è un caso se Keaton e Norton poi, abbiano vestito i panni di supereroi
nel loro passato cinematografico, purificandosi ora nella definitiva
archiviazione di un cinema che Inarritu rilegge con grazia estrema e
“imprevedibile - ma
non troppo - virtù”.
Un
film coi superpoteri. Davvero voglio crederlo.
Occhio a non uscire volando dalla sala...
Occhio a non uscire volando dalla sala...