martedì 18 novembre 2014

"SMITH & WESSON" Ariecco Baricco!


Un lampo nel buio. Una pièce fucilata che tira dritto.

Niente curve o rallentamenti.
Baricco nel suo stile a raccontarti la vita come viene,
come la vede fuggire via.

Squarci fulminanti, romanzi fiume a cascata iperbolica, cento film in ognuno di quei 21 giugno a racchiudere mondi incredibili.

Poi luce poi buio poi silenzio poi frenesia
poi ancora serena coscienza. 

Traslucida analisi.

Il teatro di Baricco è come il suo cinema: evocativo. 
Immaginifico  come le sue pagine.

Avrei voluto essere in quella sala di teatro a farmi avvolgere di vapori e carillon.

E - magia - c'ero.

giovedì 13 novembre 2014

INTERSTELLAR - La legge di Nolan


Che io mi sia pianto copiose lacrime, stavolta, rende tutto maledettamente soggettivo nel descrivere atmosfere, coinvolgimenti, storia, significati. Ma ogni film, ogni opera d'arte scava nell'anima di chi è disposto a mettersi in gioco, di chi si lascia tirare dentro.
Vorrei innanzitutto rivolgermi a chi archivia Interstellar come film di fantascienza voltando dalla sua vita una pazzesca pagina di Cinema.
La fantascienza di Interstellar è solo nella modalità di fare cinema. Dieci anni avanti tutti gli altri che smanovellano con le loro cinepresine fornendo le pellicole della sala attigua.
Ecco, proprio a voi della sala attigua mi rivolgo.
Voi che “No, a me la fantascienza non piace”.


Bagnatevi occhi e anima di futuro e non perdetevi questa semplice meraviglia.
Messaggio universalmente percepibile, seppur patinato di campi gravitazionali.
Una storia di intenso amore, come può esserlo quello tra genitori e figli, abilmente celata dietro la maschera dei cunicoli spazio temporali e le pieghe magiche di un mondo a cinque dimensioni.

E si va nello spazio solo dopo un'ora di “fantascienza”.


Prima si affoga nella sabbia terrestre, in un mondo allo sbando senza più risorse, che può trovare universo vitale solo tra le sue stelle, sfidando buchi neri e galassie vivibili.
E' un filmare prolisso come la polvere e la sabbia che si accumula sui mobili, tra le stoviglie e nei polmoni.


Serve quella lentezza di mondo in disfacimento misurato col nostro tempo, in contrapposizione agli anni luce che schizzeranno via veloci e feroci nella loro impotenza, in quel vagare furioso, come una caccia al drone - inserto di palpitante cinemare - scorrazzando tra le pannocchie a bordo del pickup.
Serve il conto alla rovescia della navicella in rampa di lancio, col sottofondo di musica e camera a rigare la portiera del furgonato che porta via Cooper dalla sua fattoria (altra scena cult: questa è l'arte di Nolan), tutto per far si che la sua famiglia possa (r)esistere.


Soffriremo i dialoghi con la figlia cresciuta contro tutte le leggi naturali, come per quel nipote mai visto e già sepolto prima di poter essere salvato, quelle lacrime che sgorgano lente ma racchiudono anni di rapido evolversi terrestre, di rughe tangibili, di mondo in rotta di collisione con se stesso e aggrappato ad un messaggio gettato nel nulla cosmico.
Soffriremo l'intersecarsi delle dimensioni che solo il cinema - certo megacinema - riesce a trasmettere, e il Nolan affascinato dall'illusione del messaggio, rimane maestro indiscutibile.
Il paradosso scientifico rimane solo una scusa a precipitarci nel gorgo dei sentimenti umani che guidano la vita, o più spesso la prendono per il collo.
Partecipiamo così ai tentativi più folli per far si che l'uomo progredisca, mischiati alle miserie provocate dai nostri istinti.


Siamo parte attiva del viaggio dentro di noi, della navicella accuratamente costruita da Nolan per noi, come fossimo anche noi dei robot/marine settati manualmente a diverse percentuali di comicità/sincerità/confidenza.
E seguiamo fiduciosi carte astrali magnificamente manipolate.
E' un'altalena di sensazioni, un salto nel buio dell'iperspazio espanso che può anche scricchiolare scientificamente, come pedantemente rilevato da quelli che guardano il dito, ma che fa appello a sentimenti, contraddizioni, speranze e paure che mastichiamo quotidianamente.


Eppoi, per quanto incartati nelle pieghe della gravità, vera fonte e origine del nostro minimo vagare, quella gravità che può risucchiarci in un buco nero o tenerci appiccicati alla poltrona del cinema, la vita si riduce ad un assioma - sembra sottolineare Nolan - che esula ogni più contorta equazione, e che ci riporta a Murph, la dolcissima e tenace figlia di Cooper, intrattenitrice di sogni e fantasmi.
                                 “Tutto quello che può accadere, accadrà”.









sabato 8 novembre 2014

UN FENOMENO DI ...COSTUME



All'inizio, l'arredo umano cinematografico, era “solo” una questione di costumi, ma era logico che, specialmente con l'avvento del colore, la componente civettuola si facesse strada ed a quel punto (e croce) il fashion designer si è calato sempre più nei panni del costumista e la piega, si è, potremmo dire... plissettata, stile gonna della Marilyn in Quando la moglie è in vacanza, e che tutti noi ricordiamo nel suo micidiale svolazzo sexy.
Anzi, il cinema è diventato mezzo principe di pubblicità e diffusione, per tutto ciò che concerne il messaggio stilistico.


Oggi i grandi disegnatori di moda preferiscono anche un solo red carpet a cento anonime sfilate.

E con l'occasione non vorremmo fare solo un cappotto 
(di Astrakan o di cammello come insegna il buon Marlon) alle nuove tendenze, confezionando un attillato drappeggio delle peggiori frange d'eleganza, spulciando per bene nel guardaroba, ma senza fare spalline, sia chiaro, e senza neanche nasconderci dietro un paravento.


Possiamo serenamente affermare che moda e costumi si sono cuciti il loro spazio dando filo da torcere e confondendo spesso le acque all'utenza più candida... e non temiamo di rimanere troppo abbottonati svelando che, ad esempio, con i film di cappa e spada, di tuniche, spolverini western, mosche di velluto, crune dell’ago per finire ai cacciatori di taglie, o ai sotto il vestito niente (ma proprio niente, neanche il cinema.. hihi!) a quali vestiari ci si riferisca, siamo abbastanza elasticizzati da non fare brutti figurini.


Ma ora è meglio una chiusura lampo per questo post, prima che prenda una brutta piega, del resto chi ha stoffa ha ben compreso il messaggio: l’abito ha sempre fatto il monaco, altroché... ;)


domenica 2 novembre 2014

UNA FOLLE PASSIONE (2014) ... o passione per i folli?


Io volevo la scimmietta, e m'hanno messo l'aquila... :(

Sono un fan di Bradley Cooper. E una sbandata la perdono. Oltretutto la coppia Cooper/Lawrence mi aveva affascinato nello splendido Il lato positivo, non immaginavo quindi di ritrovarli qui imbolsiti e catatonici al servizio di una storiella che gli Harmony, al confronto, sembrano scritti da Stendhal.
La storia è presto detta: una tragedia in discesa libera, una passione senza nessuna follia tranne quella che attanaglia i protagonisti schizofrenici, che decidono di sposarsi al primo sguardo e di far fuori tutti quelli che gli rompono le uova nel paniere fino a farsi fuori da loro medesimi.
Dite che spoilerizzo? Tanto non è che poteva finire diversamente un simile polpettone in salsa boscaiola.
Deprimente vedere il mio eclettico ed effervescente Bradley, stavolta sempre agghindato con la stessa faccetta e il cappellone da cowboy a mezza fronte che lo rende ancora più tonto e fuori luogo, eletto a signorotto di una compagnia di legnami e disegnato come uno che un giorno salva i suoi operai e quello dopo mette incinta le servette che gli portano il pranzo; e non tracima spessore neanche quando tenta lo strangolamento dell'ammoresuo.

Ma che davero me so' ingrassata?!

E che dire della Jennifer platinata e cicciottella alle prese con svariati istericismi stile beautiful e la chiometta bionda sempre fresca di parrucchiere (che nelle foreste della Carolina pre-depressione pullula, de coiffeur...).
Un puma, protagonista invisibile della prima scena, metterà tutti d'accordo (Una notte da puma), permettendo anche a noi, che ricordavamo due attori maiuscoli, di archiviare 'sta ciofeca nel dimenticatoio delle occasioni perse, insieme ai figlioletti illegittimi, a torvi visionari, ed altri comprimari dozzinali dai caratteri ritagliati con l'accetta (del resto il film è sui taglialegna.. me so' sfuggiti i Monty Python però...)
Tanti bei ciocchi da ardere tutto sommato. Ma neanche questi, mi sa, di buona qualità.

Ero meglio io.. altro che Bradley.. 

venerdì 31 ottobre 2014

STAMATTINA


Stamattina non mi hai dato il bacio del buongiorno
e il caffè non è uscito,
la doccia è rimasta gelida,
non trovo più la mia camicia preferita,
le rondini sono volate via dal garage,
il telegiornale ha sfornato solo brutte notizie,
il rasoio mi ha tagliato,
i calzini hanno cambiato cassetto,
anche l’alba è nolente.


Domani vedi di non scordarti.

mercoledì 29 ottobre 2014

ECCO I VERBALI!



In anteprima uno stralcio dei verbali sull'interrogatorio di Napolitano:

“Degli accordi Stato/mafia non so nulla.
Ricordo a malapena di inciuci per organizzare la strage di Bologna a copertura del casino di Ustica, 
delle infinite beghe sull'ingaggio di Alì Agca, qualcosina sulle tangenti delle baracche del Belice, 
sul bollo non pagato della Renault 4 di Moro, 
sulla soffiata che mi evitò l'imbarco sull'Achille Lauro, 
su qualche bustarella incassata per far finta di non sapere della sabbia mischiata al cemento della diga del Vajont, 
dei finanziamenti a Tanassi e di qualche lettera inviata sotto falso nome (il Corvo) in procura a Palermo. 

Eppoi si, ci sarebbe una strana telefonata ricevuta da Bush il dodici settembre 2001:
“Mi raccomando Giorgio, acqua in bocca su tutto quel tritolo transitato da Sigonella”
ma ancora oggi non ne comprendo appieno il senso.

Per il resto mi sembra si tratti tutto di ordinaria amministrazione"



martedì 28 ottobre 2014

THE JUDGE (2014) - "Questa famiglia è un quadro di Picasso"


Hank Palmer (Robert Downey jr) è un avvocato scaltro, bastardo e arrogante, che difende quasi sempre ricchi e colpevoli (“per gli innocenti costo troppo”) con lo sguardo distaccato e prosciugato da ogni etica di chi ha sofferto già troppo e della vita non gli sono rimasti in mano che il suo tracimante cinismo e la figlioletta, frutto di un matrimonio che sta volando in frantumi.


L'improvvisa morte della madre lo ricatapulta nel suo paese di origine, dove aveva tagliato i ponti con il severo padre, stimato giudice di Contea, il fratello più grande Glen e il minore con problemi psicologici.
E lì solo per il funerale della madre, si sente corpo estraneo, ma un incidente occorso al padre e la relativa accusa di omicidio lo coinvolgono, suo malgrado, nella sua difesa e, soprattutto, nel riaffrontare il passato, coi suoi rimpianti e i suoi fantasmi.


Ora io adoro Robert Downey jr, per cui potrei essere considerato vagamente di parte nel commentare questo dramma che scava argutamente nelle sensibilità di ognuno di noi, miscelando parentesi dolorose e ironia con mano sapiente (la scena in cui Robert aiuta il padre in bagno è dura e intensa, ma si risolve anche con fantastica leggerezza e vale da sola il prezzo del biglietto).
Ma in realtà adoro tutto il film che ribolle di richiami e storie sottaciute, risentimenti ed esasperazioni, ruggini e segreti.


Dialoghi illuminanti e luminosi si alternano e fasi più cupe, dove quest'epopea della memoria e del reincastro di sentimenti ancora vivi si trucca da legal thriller e di gigioneschi richiami (il Downey/Sherlock Holmes che seda la possibile rissa al bar con la sua tagliente scaltrezza è un evidente richiamo alla saga che lo ha riportato alla ribalta, e con lui il Downey ammiccante, le labili pause, i silenzi eloquenti, le smorfie accennate, e quegli occhi espressivi, vero patrimonio della pellicola..)
Qualcuno ha storto il naso per i troppi coinvolgimenti emotivi, o per le eccessive chiavi finali, ma l'accavallarsi di eventi e situazioni giova alla fluidità dell'impianto e allevia lo spettatore che si addentra nelle svariate psicologie.


Mille quadretti mettono in luce ogni piccolo risvolto di epopea familiare, una sfilza di piccoli flashes memorabili (uno per tutti quello con Hank che fa guidare sua figlia in macchina, dove si assiste ad un geniale azzeramento di generazioni in uno scambio di battute delicatissimo e rivelatore) ci conducono per mano nella vita di provincia e nelle dinamiche di questa famiglia che ha perso smalto negli anni, optato per scelte anche dolorose ma è rimasta legata a filo doppio, nel bene e nel male; ogni piccolo episodio aiuta a districarci tra i punti di vista di ognuno ed esaminare anche spaccati di vita americana apparentemente superficiali, come il simpatico siparietto del giudicare la personalità di una persona a seconda dell'adesivo che piazza sul parabrezza.


Nota anche per un gigantesco Duvall che da corpo ad un personaggio di cuore e polso, contrastato e sovrastato da doveri e sentimenti.
Alla fine il legal drama diviene una scusa, giallo inatteso, a sovvertire scialbe convenzioni di genere - anche se apparentemente asse portante -, per uno spulciare profondo, per fare i conti coi propri e gli altrui sentimenti che ci chiamano quotidianamente in ballo.

Obiezione! Qui si vuole manipolare lo spettatore! Obiezione respinta. Manipolazione legittima”