martedì 28 gennaio 2014
domenica 26 gennaio 2014
LE NORMALI PERCEZIONI
Accolgo
un cespuglio di grami pensieri di ritorno
a
capo chino da un appuntamento coi miei fantasmi.
Resto
bruciato, solo tra pensieri tarlati, muffa di attese,
colatura
di odi disumani,
grida
soffocate che mi svegliano la notte.
Non
ce la faccio. Sulle spalle un ottuso pensiero.
Voglio
essere odiato.
Ho
dissodato un terreno minato ma non è esploso nulla.
Le
mani sporche di terra sudata, la fronte imperlata,
lo
stomaco rivoltato, il rancore disperso.
Sto
cercando anche assoluzione, ma il peccato è velato, invisibile.
E
l’assoluzione ha bisogno di un male fragoroso,
netto,
inequivocabile.
Ed
allora flagello lo spirito, li creo i presupposti,
visto
che sfuggono le normali percezioni.
Mi
faccio del male.
Mi
sporco di fango per giustificare quelli
che
già me ne vedevano addosso.
Sarà
più facile difendersi,
giustifichiamo
il nemico e quando ci sarà da colpirlo
avvertiremo
meno rimorsi.
Anzi,
i tormenti scompariranno.
Rimarrà
la soddisfazione di aver combattuto a viso aperto.
Quando
c’era solo da perdonare.
sabato 25 gennaio 2014
S M L XL XXL XXXL
Adesso
ditemi, almeno voi maschietti, se non avete mai assistito allo
spettacolino che mogli, partner, cugine, fidanzate, amiche, madri,
compagne, concubine, sorelle, amanti.. insomma tutto l’universo femmineo..
possono inscenare quando, provando un qualsiasi capo taglia media,
e cercando di farselo entrare per forza, oppure rimboccandosene le
maniche ultra dilatate, esclamano:
“ma
questa non è una media!”
Sentendosi
depositarie del Calco Originale che definisce l’essenza della
misura media empiricamente
riconosciuta tra tutte le diagonali del cosmo a noi noto,
oppure quando le senti
dichiarare spavalde:
”Guardi, io porto la 46 e questa non è una 46!!”
Come
dire: ma questo litro
non è come il litro del vini e olii di fronte, oppure, questo metro
è più corto di quello del mio mobiliere di fiducia...
Noi
ominidi maschi saremo anche limitati ma sappiamo che una large è
large dentro un negozio, ma può essere small in quello dopo e
corrispondere alla XL di un’altra marca/maglia anche sul medesimo
scaffale,
cosi come la 48 della bancarella può non essere la 48
della boutique ed il 38 di scarpetta tacco 12 non è stato mai
universalmente riconosciuto,
in tutte le ciabatterie pour femme,
dall’Associazione Numerologica Internazionale.
Relax,
mie care, relax!!
venerdì 24 gennaio 2014
D A D A
DADA : Movimento letterario d’avanguardia (Zurigo 5.02.1916)
Fin
dal nome, scelto a caso su un dizionario francese, è
dichiarato l’atteggiamento di rifiuto della cultura e della
morale corrente, dei sistemi convenzionali di comunicazione,
propugnando una scrittura libera da ogni regola sintattica.
Dada
era, cento anni fa, la liberazione dello spirito.
Sarebbe
rivoluzione ancora oggi.
Già
intrupparlo in queste righe, è tutto sbagliato.
Dada
aleggia oltre qualsiasi blog.
Se
siete fortunati, si accende quando spegnete il pc.
giovedì 23 gennaio 2014
THE BUTLER UN MAGGIORDOMO CINESE (goccia) ALLA CASA BIANCA
Anch'io
credevo poco a questo nero addomesticato. Non so perché ma
immaginavo questo lento affrancarsi dalla discriminazione, una
variazione
dei
benalzado zignor Bresidende, in
un’allegra alchimia tra filmottoni come Australia e Via col vento.
Operazione
alquanto fasulla, pomposa e retorica, insomma, la classica
americanata buonista.
Poi inizia il film.
Ed è come se, mentre sei bello
comodo in poltrona, ti sparassero in faccia (e non è solo una
metafora).
Cominci
a tifare nero (come se poi non l’avessimo sempre fatto, e pure con
gli indios, i vietcong, i tibetani, gli ebrei... )
Ma
ora il tifo è per quel nero di Cecil e sai che partendo da
maggiordomo sottopagato che lotta in surplace, a colpetti di fionda
maldestra, potrà arrivare dove neanche mai avrebbe immaginato: alla
Casa Bianca, accolto da un maitre nero microchippato di bianco
(secondo me aveva nascosta una protocamera iperbarica, stile Michael
Jackson...)
Forest
Whitaker incarna squisitamente soggezione, sagacia ed entusiasmo, ed
anche quell'impotenza e quella fiducia incrollabile (“vorremmo
avere stipendi e promozioni equiparate a quelli dei bianchi,
signore”).
La
goccia cinese, il piccolo passo per volta, a costo di perdere di vista la
famiglia, la moglie e i figli, a costo di perdersi di vista, a costo
di sembrare invisibile di quell'invisibilità che tanto piace ai
bianchi mentre li servi, in impeccabili guanti bianchi, senza fare il minimo rumore.
Il
negro di casa.
Non c’era bisogno pure della Corea, di Guantanamo, di Cermis o
delle torri gemelle tirate giù dalla Cia.
L’occhio
che gli americani chiudono spesso sulle loro porcate (come pure
sottolineato alla fine), sullo schermo ci è stato tenuto sempre
bello aperto
Ed
il tutto alternato ai minimalismi di Cecil, che lucida scarpe e
posate e silenziosamente instancabile, serve da bere e si
adopera.
E
seppur in assorta quiete, con un lentissimo progredire, da quel
cotone insanguinato è giunto fin dove si decidono le sorti del
mondo, senza spintonare, senza urlare, senza pretendere.
A
passettini infinitesimali. Quella politica del confondersi ed
amalgamarsi senza strappi, in graduale contaminazione e reciproco
apprezzamento, può funzionare; e funziona secondo le aspettative di
Cecil, meno per quelle del figlio, didascalico Black Panther, che i
passetti li vorrebbe molto più veloci, ed al quale rode molto fare
il negro pestato e sputato in faccia.
E
mentre il negro di casa persegue diligentemente la via della
convenzionalità, dell’adeguamento, del guadagnarsi rispetto con la
propria paziente efficienza, il figlio guarda in faccia l’America razzista,
si prende per compagni odio e galera ma piccona le coscienze e
scuote le masse.
Due
atteggiamenti che divideranno padre e figlio impegnati a perseguire
entrambi l’indipendenza, la libertà e l’autonomia.
Se non ci siamo sentiti presi a
calci in faccia anche noi, come negri di razza inferiore, non abbiamo colto il
messaggio, per nulla lieve, di schietta autocritica.
Sarò retorico. Ma The Butler ha
colto nel segno.
Infatti niente candidature all'Oscar e niente Golden
Globe.
Ma dove vogliono arrivare 'sti negri?
mercoledì 22 gennaio 2014
ALCHIMIE
“Un
odore ha preceduto il caos ed un altro sopravvivrà al mondo.
A
volte li percepiamo, il primo negli eccessi della fornicazione,
l’altro nel fragore della defecazione, quando ci dissolviamo e non
dipendiamo che dall’effervescenza di una chimica sottomessa alle
pieghe ed alle innumerevoli secrezioni dei nostri molteplici
alambicchi.
Per
quanto sia abbandonata a se stessa, se ci esercitiamo, niente di ciò
che accade nella nostra carne sfugge del tutto alla coscienza.”
(Marcel
Jouhandeau)
Immagino
che, metaforicamente o meno, l’articolo lasci perplessi, come anche
me del resto...
ma il concetto è pervaso comunque da una qualche perversa logica, ed è
indubbio che esista un livello di effetti
e comportamenti propri
dell’essere animale, ai quali ci abbandoniamo e che, in qualche
modo, ci nutrono.
Di fondo, continuo a considerare l’Autore troppo “avanti”, ed
io, inesorabilmente indietro.
E
tutta questa serie di premesse serve a ribadire che non riesco
comunque ad essere cosi crudo e materiale.
Magari
sbaglio.
Magari
difetta una sana dose d’intraprendenza mentale,
latita la famosa
“rottura degli schemi”.
Schemi
oscuri, ovviamente, perché il “pane al pane ed il vino al vino”
dovrebbe essere assunta come regola inderogabile per gran parte
della comunicazione, ufficiale e non, della nostra intelaiatura
sociale.
Ed
infatti, questa incapacità, va riflettendosi,
disastrosamente,
nel
quotidiano della vita vissuta e nei rapporti con gli altri.
Intimi
o meno.
Ma
tant’è.
Sicuramente
però, immagino che tanti, più o meno, illustri personaggi,
adusi
al giocherellìo alchemico - sia verbale che gestuale -
potranno
magari apprezzare tanta lungimiranza
su tutta la serie di fenomeni
(meta)fisio/biologici di cui sopra…
e chi non lo ammette, è sicuramente affetto da incurabile...
sabato 18 gennaio 2014
SCAMBIATEVI UN SEGNO DI PACE
Tutta quella gente
accalcata nell’autobus,
che viaggia scocciata, improperando a mezza
bocca contro tutto e tutti,
è la
medesima che,
con sorrisi stereotipati e
sguardo lisergico, si scambia un segno di pace nella parrocchia di
quartiere alla domenica mattina.
Proviamo a trarre qualche
conclusione: senza parrocchie non scambieremmo alcun segno di pace
ma potremmo, in alternativa, scambiarlo in autobus tutte le mattine.
Posso ammettere alcune
riserve e/o perplessità a riguardo.
In teoria dovremmo anche
scambiare gli autobus con le parrocchie, ed allora il quesito
acquisirebbe brio, sensatezza ed una seppur teorica fattibilità.
Rimarrebbe il grosso
enigma del come recarsi al lavoro a bordo di una parrocchia.
D’altronde, anche il
misurarsi con la propria spiritualità sopra un mezzo pubblico
può creare non lievi
disagi.
Specialmente in curva.
non potresti giurare
altrettanto sui tempi di percorrenza della tua linea di corriera
urbana/extraurbana preferita (specialmente se sei una comparsa di
Speed..).
E tutti gli automobilisti
allora? Privati all’improvviso di confortevoli e climatizzate
parrocchiette accessoriate nella stragrande maggioranza di
pidocchietissimo cinemello, e costretti a salire in autobus per
incontrare il Signore?
Come potrebbero coniugare
il loro calore umano senza un contatto col prossimo, solitari nelle
loro quattro posti e tre di resto quasi sempre inesorabilmente vuoti?
A parte qualche struscio
inavvertito di lamiera (exit strategy da incrocio intasato),
unica occasione per disinvolti segni di pace.
Il problema esiste e la
panoramica di ipotesi scatenate, s’arricchisce di molteplici
sfaccettature.
Provate ad identificarvi
in un essere di Verità e Spirito durante un eventuale sciopero delle
parrocchie,
evento mai verificatosi ma rigorosamente da considerare
nell’ambito dell’assioma
"autobus uguale
parrocchia: similitudini, potenzialità ed affinità d’utilizzo”.
Non rimarreste male se
alcuni sacerdoti-cobas vi mollassero a metà funzione senza indicarvi
linee, pardon!, salmi alternativi?
E se vi beccassero in
flagranza di reato mentre fate la comunione senza aver obliterato
prima?
Gli esempi sarebbero
diversi, ma nessuno può dirci chiaramente di quanti feticci possiamo
fare a meno nel nostro quotidiano.
Computers, auto veloci,
cinque stelle (sia hotel che movimenti che punteggi a film
stratosferici…), gioielli, iphone o preghiere a memoria.
Dovremmo idolatrare solo
la cultura, certo permeata di buon senso, cuore e carità (hai detto
niente!...).
Ci vorrebbe un epocale
capovolgimento di logica.
A quel punto, ma solo a
quel punto, potremmo diventare capacissimi di scambiare un segno di
pace dentro l’autobus al lunedì mattina.
Anche se fuori piove come
Dio comanda…
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