sabato 21 dicembre 2013

I SOGNI SEGRETI DI WALTER MITTY (2013)


Ha preteso molto Stiller da questa sua creatura, ci sorprende fin dai titoli di presentazione incastonati nell'ambiente metropolitano, se l'è rischiata per bene e, a mio giudizio, ne esce promosso sfrecciandosela via in skateboard... lontano dai tipresentoinostriivostriiloro..

Il film è il remake del glorioso omonimo, animato da Danny Kaye nel 1947 e già sorprende, curiosando su Wikipedia, quanti illustri fenomeni ne avessero adocchiato il riadattamento da almeno una quindicina d'anni, senza però quagliare mai, da Jim Carrey a Johnny Depp, da Ron Howard e Steven Spielberg fino a Gore Verbinski.


Ma finalmente tocca a lui, e forrestgumpando di buona lena, il nostro Ben cava ben più di un ragno dal buco, esaltandosi in quella che, almeno alla regia, è diventata una sua peculiarità, come nel fantastico Tropic Thunder, vale a dire contaminare sorriso e poesia in armonica combinazione.


La storia è lieve, i connotati da giallo sembrano appena una farloccata camilleristica ma servono solo da spunto per seguir da vicino (ma anche da dentro quasi) l'evoluzione della bolla emotiva che racchiude il nostro travet, rotellina semi invisibile, ma determinante, della rivista Life Magazine, in una sorta di esistenza risicata dove solo trance di incanti temporanei, lo esaltano quale protagonista assoluto di atti eroici e rivalse verso la dura ed impietosa realtà.
Stiller ci appassiona, dopo una partenza in sordina, dove in episodi come il salvataggio di un albergo in fiamme ci aspettavamo da un momento all'altro la cassiera col resto delle Vigorsol, ed assieme alla parodia benjaminbuttoniana, finisce per forzare in negativo una struttura che, invece, mira alto.


E quando la pur iperfantastica realtà, sgomita per farsi spazio nella vita fino allora solo sognata di Ben, iniziamo a far parte del miraggio anche noi, grazie a scelte tutte azzeccate, viaggiando per mondi mooolto Life Magazine, stupiti da special effects niente affatto malvagi, inseguiti da vulcani in eruzione o giocando a pallone con gli sherpa e dove anche pochi minuti di peschereccio in pieno oceano, restituiscono una sensazione di mare feroce che neanche tutto il velistico In solitario era riuscito a trasmettere; un peregrinare avventuroso ed immortalato da splendide istantanee, a caccia di un Sean Penn,


 fotografo poeticamente selvatico, qui in una breve apparizione che riscatta da sola le sue ultime eccentriche forzature di The Tree of life e This must be the place.


Il lato vita d'uffico è quello che convince probabilmente di meno, col tagliatore di teste di turno (Adam Scott) disegnato forse troppo da scemo, e l'impiegata segretamente - pure lei - amata (Kristen Wiig), promossa principalmente per le incredibili affinità somatiche con Jennifer Aniston, avvertiamo qualche pausa di sonno rem di troppo tra un sogno visionario e l'altro, qualche dialogo s'incarta di solluccheroso anonimato, qualche scena di inevitabile déjà vu (come quando insegna le basi dello skate al figlio del suo oggetto del desiderio senza che questa, impegnata al telefono, riesca mai a coglierne la minima evoluzione), 


ma oggi perdoniamo tutto, ribadendo che certe chicche di neanche troppa magia registica, come quando Ben s'allontana dal pc che rimane in primo piano mentre lui va sfocando in lontananza, dovrebbero essere l'abc di un qualsiasi cinema che pretenda una sorta di distacco dalle convenzioni.



Noi, intanto, ci siamo girati mezzo mondo ieri, e pace se, per aggiornare il nostro profilo “posti visitati”, potremo solo inventarcela  una passeggiata sulla cresta dell'Himalaya...


mercoledì 18 dicembre 2013

VALTOURNENCHE




Avverti risacca,
ma è rantolo di palazzi inquieti,
     - bava di vento in agonia -
              questo fruscio che emana l’asfalto.
Eco malinconica.
Sgarbato ronzio.

Anche il tempo resta impigliato
come gomitolo di memorie
tessuto invano, ed in vana,
frenetica,
fuga.


               Magari per sentiero di cima
         imbevuto di nuvola
ghiotto di passi incastonati
tra fiato assente
dove ora,
ghiacciaio sopito
nel suo lento dilaniarsi in cascata,
in riva alla valle
improvvisa risacca.




e vi assicuro che mentre siete impegnati, col vostro motorino, a schivare un’auto a destra tagliando a sinistra la strada ad un camioncino che suona all’impazzata (“sgarbato ronzio” ma de che?!), 
intossicati dall'eccellente livello di monossido di carbonio (e qui “bava di vento in agonia” ce sta pure...) prodotto dalla capitale d’Italia;

ebbene dicevo, alle condizioni sopra elencate, una rimembranza valdostana può rivelare proprietà taumaturgiche decisamente fuori della norma...


Ed eccola finalmente.. la Valtournenche!!

lunedì 16 dicembre 2013

LE DONNE STIANO AL POSTO LORO


"Donne cardinale? Una battuta uscita male. Le donne nella Chiesa devono essere valorizzate, non 'clericalizzate'. Chi pensa alle donne cardinale soffre un po' di clericalismo". 

Cosi Papa Francesco parla in un'intervista a La Stampa. 

E perde un'altra occasione di accorta analisi: diventa maniacale chi vorrebbe vedere la donna valorizzata al pari dell'uomo, 
in un Istituzione che per prima dovrebbe garantire 
l'elementarità di tale diritto.

Come se chi volesse più asili fosse accusato di favorire la cementificazione del mondo, oppure, sdrammatizzando, 
si accusasse di feticismo chi auspicasse più piedi buoni 
per la nostra nazionale. 

In parole povere. Una cantonata papale.

Una volta indicatagli Sorella Luna, 
Francesco è rimasto inesorabilmente a rimirare il dito.

domenica 15 dicembre 2013

SAGRADA FAMILIA


La Sagrada Familia l’ho vista l’ultima volta
come cratere spalancato
proteso di guglie al cielo
a sorpassare 
ogni più folle abbozzo gotico 
mai concepito.



Ora la copertura è ultimata, mancano all’appello “solo” dodici campanili,
tra i quali il più alto di tutti
a svettare di fronte al Tibidabo.



Personalmente posso impazzire 
di Gaudì
e la Sagrada Familia mi prende
allo stomaco ed alla gola,
prima ancora che al cuore.

Vado anch’io oltre ogni gotico, 
che pure adoro,
inebriandomi di schizzi di pietra 
e ricami scolpiti,
e quell'uso giocoso del cemento armato,
avventato ancora oggi.



La luce inizia a disegnare fanfare di colore

dentro l’immensa volta interna

che il Maestro ha voluto simile ad una foresta...



resto avvolto nella girandola di scale, 
cunicoli, ebbrezze aeree
e da una progettualità ancora folle oggi...


cosa avremmo dovuto pensare noi,
menti rattrappite di un primitivo '800,
davanti a tale sfoggio di divinità?





Affatto fuori luogo, definirlo,

“architetto di Dio”



sabato 14 dicembre 2013

Eppoi nel cuore


Chissà cosa ci passa
per la testa.

Eppoi nel cuore.

Ed attraverso i tendini,
ed i nervi e le lacrime,
e gli sbigottimenti e le sorprese,

tra i sorrisi nervosi
e le risate di pancia,
e le attese al semaforo,

tra i sudori, gli odori, i brividi
e le palpitazioni poi.

Ed i sogni e gli incubi,
e le insonnie ed i colpi di sonno.

Chissà.













venerdì 13 dicembre 2013

BLUE JASMINE (2013) .. RIECCO WOODY IL GENIO!



Lo avevamo lasciato, Woody, a compiacersi sulle ceneri del suo cinema che fu. Lo ritroviamo devastante oggi, complice una mostruosa Blanchett, che catalizza e permea di se l'intera pellicola, in una storia accartocciata su se stessa, labirinto senza uscita, dove anche il lieve bagliore di fine tunnel si rivela gioco di specchi ad infrangere di nuovo ogni speranza.
Woody abbandona le camilleristiche velleità di giallista alla buona e si adagia nell'ecletticità del dramma che solo un grande umorista può elevare ad icona.


E frega due volte lo spettatore che, in perenne attesa della svolta sarcastica, si vede man mano immerso nel calco tragico di una vicenda volutamente a cul de sac.
Sullo sfondo, il contrasto tra classi, il distacco di sentimenti, il solco che sempre più avvertiamo anche noi, tra ricchi e poveri, semplicità e spocchiosità, onestà e cinismo.
Allen, su questa ragnatela sociale, cala, anche se talvolta con prevedibili conseguenze, l'asso della contaminazione rifiutata, facendo emergere magistralmente attriti ed incongruenze in maniera molto più realistica ed efficace di tanti venerati maestri del dramma.
Le montagne russe della diversa scala sociale vengono abilmente percorse coinvolgendo a strappi lo spettatore, anche con l'ausilio di esatti flasbacks.

Certo di peli nell'uovo ce ne sarebbero, ma siamo talmente oltre le ultime, supponenti, prove che la soddisfazione traspare lampante e perdoniamo tutto.
La nostra Jasmine, che ha preso una strada “diversa dalla sorella” non ci si trova proprio a combattere in un’altra dimensione.. un po’ come la Lazio a lottare per la retrocessione.. ma Woody ce la disegna molto estrema, amante dei capi “firmati” e con la testa tra le nuvole riguardo i magheggi del marito, ma anche fredda e cinica quando si tratterà di abbandonare i deliri sognati e di rivelarsi di nuovo donna e disponibile “sul mercato”.. rimaniamo dell’idea che la stratosfericità della Blanchett supplisca da sola a qualsiasi stortura sceneggiatoriale; una Cate in stato di grazia che istrioneggia e gigiona come non mai sfruttando tutta la gamma degli stati d’animo, delle incomprensioni, degli imbarazzi, delle sbavature, dei tipici tic alleniani, delle ribellioni, ben coadiuvata dai chirurgici flashbacks che la vedono, in alternanza, ora vittima e ora carnefice.


L’impressione monella è che Woody, una volta in partita, voglia strafare, allentare ogni tanto il solido guinzaglio di una belva ormai ridotta in deturpante cattività senza permettere mai che il volo ri(spicchi), ma su questa falsariga, alla fine spina dorsale del film, deve rinunciare anche lui al minimo sprazzo che, come accennato prima, lo spettatore attende fin quasi alla fine, come a smascherare questo tormento denso.
Al termine non si sottrarrà all'ultimo, melodrammatico, atto - sfida definitiva di chi non depone le armi neanche a guerra terminata - utile se non altro a sottolineare nuovamente le differenze di destino, aspettative e casta che separano inesorabilmente Jasmine da quel tesoro di sua sorella

Giusto un ultimo interrogativo: avremmo ottenuto lo stesso risultato senza questa mastodontica Cate?


sabato 7 dicembre 2013

SVALVOLANDO


Come si misureranno le parole o le immagini 
- oltre che in riferimento all'oscura ed ipotetica misura di chi ne ritenga offensive o meno alcune o più? -



Quelle parole che ogni giorno affastelliamo in buon ordine (o in discreto caos), strappandole alle nostre emozioni, e magari disegnandone di nuove su di esse, cercando di farle apparire/risaltare a forma di palpitazione, calibrando noi, ulteriori unità di percezione che ci consentano di applicare una forma tangibile al nostro comune sentire per sparpagliarle, alla fine, su un blog-contenitore-confessionale, dove chissà quali altre anime andranno esplorando...


Ed anche una volta misurate, inchiodate, catalogate, queste parole, queste immagini che da sole identificano il fardello del nostro emozionarci; chi ci assicura che non ne abbiano, invece, debordato il senso, sforbiciato il sospirare, occultato il trasalimento, macchiavellato il reale senso della verosimile sdoganamento comunicativo?

Come si misureranno queste visioni occultate, questi suoni incompresi, se non sperando che si adattino perfettamente al nostro pensiero come un cashemire che si adagi, neve attutita nel silenzio di un'alba?

Non lo sappiamo.

Rileggo ora il mio "pensiero adagiato" e cerco di scorgerne l'orlo emozionale.


C'è un qualcosa che tracima oltre il senso emotivo, è come se disegnassimo coartati, se scrivessimo ingessati, o su di un travertino inscalfibile.



Perdiamo probabilmente la fluidità del pensiero fino a fermarci, quel fatidico istante, e pensare a voce alta, come scrivendo nell'aria, a forgiare immagini rigurgitate da una macchina da presa già impazzita, o sgominando tastiere che scagliano lettere minatorie.

Me devo fà un’autodisclaimer:

questo blog si autodetermina 
declinando ogni responsabilità dall’ultimo post”