lunedì 25 novembre 2013

STORNO SUBITO!!!


Roma invasa da quattro milioni di storni, passeriformi svolazzanti 
che, con magiche organizzazioni spontanee, 

possono incantare la vista oscurando i cieli di pazzesche geometrie.


Io me ne resto lì, naso all'insù, a contemplare queste traiettorie acrobatiche,


questi arcobaleni pulsanti, queste lenzuola fluttuanti che spaziano senza sgarrare di un millimetro disegnando figure melliflue ed accattivanti;

destrezze funamboliche di altissimo pregio, precisioni svizzere possibili grazie a chissà quali ancestrali istinti volatili...



poi abbasso lo sguardo e... il frutto gelatinosamente appiccicoso di quelle stesse geometrie di perfezione leggiadra, lo ritrovo in plastico equilibrio ed omogeneamente dissolto sull’intera carrozzeria della mia auto... guano indissolubile.


Ed è esattamente a quel punto che, 
novello emulo dei migliori Bruce Willis, 


imbraccerei un fucile mitragliatore (Oh! Oh! Oh!... ) 
sparando all’impazzata fino a STORNARE, 

 dissolvendola definitivamente, 

ogni traccia di simpatico uccelletto 
nel raggio di almeno tre ettari sopra il cielo...




domenica 24 novembre 2013

IL PASSATO (2013)

[Le PasséFranciaItalia 2013Drammatico, durata 130']  

 Regia di Asghar Farhadi


Siamo a Parigi. Periferia grigia e piovosa. Una giovane donna francese, Marie (Berenice Bejo, palma d'oro a Cannes come miglior accenditrice di sigarette), va a all'aeroporto a prendere l'ex marito iraniano, Ahmed - allontanantosi quattro anni prima in preda alla depressione - affinché firmi il divorzio che le permetta di risposarsi un magrebino, Samir, con figlio e moglie, quest'ultima in coma, che vive, di fatto, già assieme a lei (solo padre e figlio, non la moglie) in una casa mezza riverniciata ma con il lavandino otturato, 

ed alle due figlie, Lea e Lucie avute da una relazione, ancora precedente, con un francese che l'ha mollata e che ora vive a Bruxelles con una compagna un po' strana (così almeno la definisce Lea, la figlia più piccola).



Marie ha problemi con la figlia più grande, Lucie, che non vede di buon occhio l'ennesima relazione della madre, questa volta con Samir (con moglie depressa in coma per tentato suicidio forse perché sospettava che il marito la tradisse con Marie o, perché no, con la lavorante della tintoria della quale Samir è titolare - una col vizietto, forse (giallo nel giallo), di macchiare i vestiti dei clienti antipatici 

-) dal quale oltretutto aspetta da due mesi un figlio arrivato forse per amore, ma forse incidentalmente, e vorrebbe che l'ex marito (non il padre che sta a Bruxelles, ma Ahmed che non si vedeva da quattro anni) ci parlasse (con Lucie) per sapere meglio i termini della questione.


Ma Lucie, in piena tempesta di nervi adolescenziali, dopo “appena” otto mesi dal coma della moglie del nuovo compagno della madre (insieme comunque anche da più tempo), decide di essere giunta al punto di rottura, di non tornare a casa e rifugiarsi da amici iraniani di Ahmed che si guardano bene dall'avvisare la madre disperata per tranquillizzarla (qui forse nella sceneggiatura c'ha messo le mani pure Polanski) sul dove potrebbe essere finita la figlia.

Ahmed la riporta a casa, cerca una mediazione e prepara la valigia per partire da quel manicomio (dove cominciamo a comprendere perché gli era venuta la depressione) dalla quale i ragazzi più piccoli hanno furtivamente sottratto i regali a loro destinati (vai a sapere come facevano a sapere che erano i loro e soprattutto pensa che per inventarsi 'sta scenetta 
hanno dovuto simulare uno che arriva all'aeroporto ed invece di prendersi la valigia se la fa portare a casa dove gli giungerà, ovviamente, scassata.. ma sappiamo che le vie di certe sceneggiature sono infinite...)
Grande caos di sentimenti insomma, dove il passato la fa, appunto, da padrone ma senza stare troppo a specificare se passato prossimo o remoto, per cui la prova sensibilità odori alla donna in coma la facciamo dopo otto mesi anziché otto giorni ed il figlio di Samir insensibile - come tutti i bambini e certi registi distratti - al tempo che scorre: ieri vuole scappare dalla nuova casa, oggi chiama affettuosamente mamma la nuova compagna di papà e domani la saluterà con un asettico buonasera.



Il regista furbetto mette tutto in cascina, ci tira fuori pure un mezzo giallo senza darci la soluzione 

(mo' non è che posso svelarvi tutto ma occhio alle mail

...), all'inizio ci vuol far credere anche a del torbido tra Samir e Lucie ed insomma, strano che non abbia pure fatto arrivare, alla fine, il vero padre da Bruxelles, magari finiva di aggiustare lui il lavandino otturato...

sabato 23 novembre 2013

CHE NE SANNO



Dicono che fuori
ci sia il sole.

Ma che ne sanno,
mi chiedo.

Che ne sanno
che il sole
deve uscire da dentro.




Non entrare da fuori.


giovedì 21 novembre 2013

DOMANDE




Fino a qualche tempo fa, su D, settimanale del sabato di Repubblica, si poteva trovare una rubrica sognante: Domande. Perché questa pagina di fantasia interrogativa? - spiegava la redazione - Tanto per cominciare per questo: “Credo che le risposte rendano saggi, ma le domande rendano umani” (Yves Montand a Barbra Streisand in L’amica delle 5 e mezzo)

Ovviamente, come spesso accade alle cose che ci garbano, è stata fatta fuori.

Di seguito ne ripropongo qualcuna intrigante di cui avevo preso nota assieme a qualche domanda home made:





Ma poi, navigate senza limiti?


Quando un incrocio è deserto, senza una macchina a vista d’occhio, il semaforo che diventa rosso, ci resta male?


Se, calcolando probabilità ed imprevisti, arrivate un’ora prima ad un appuntamento siete soddisfatti?


Anche le fotografie si dimenticano di chi le guarda?


Io ancora non ho capito come fanno certi dentifrici ad uscire dal tubetto in perfette righe colorate. E voi?

Stare abbastanza bene, è abbastanza?



Finito di arginare il mare, lo scoglio cosa fa?



Starei ancora scrivendo senza internet?



Cosa pensano i punti quando le rette gli passano accanto senza toccarli?




Avete pensieri da galleria che , poi, quando torna la luce, si sciolgono al sole?





Se una mattina fosse il caffè a prendere noi?



L’avete vicina una mano a cui poggiare la testa e che gioca coi vostri capelli mentre l’altra sfoglia un libro?



Conoscete uno scultore di nuvole?



Perché i falò li fanno sempre gli altri?


Il fatto che secondo la principale ditta produttrice di omogeneizzati al mondo, un vasetto su quattro è consumato dagli adulti, vi mette a vostro agio?


State comodi?


Quando chiudo un libro le pagine si leggono tra loro?


Avete mai perso un treno? E lo avete ritrovato?



Possibile che somigliamo sempre a qualcuno che ci piace?


Perché le rubriche come Domande spariscono, e invece gli Oroscopi furoreggiano? 




Provate ad aggiungerne...  ;)





domenica 17 novembre 2013

L'ULTIMA RUOTA DEL CARRO (2013)



L'ambiziosa ultima opera di Veronesi scorre frenetica oltre quarantanni di vita lavorativa ed affettiva del buon Ernesto, semplice ed onesto figlio, lavoratore, sposo, padre di famiglia sballottato tra eventi di un'Italia che si dimena tra piccolezze, furberie e canaglierie e, dall'altra parte, gente modesta e genuina che ne salvaguarda l'identità di paese sano e lavoratore.


In questo panorama apparentemente complesso, dove Veronesi zooma megliogioventuscamente un affresco italiota da far rizzare i capelli (si salva solo il Mondiale dell'82...), menando fendenti alle raccomandazioni, all'arte fasulla, ai politici corrotti, alla malasanità, al terrorismo,  e pure a certo cinema farlocco (autogol?!); il nostro piccolo eroe sbanda ma non demorde, attaccato come una cozza a valori etici dei quali lo stampino è ormai da ricercare giusto nella mega discarica che apre e chiude il film.
Certo man mano che scorrono le immagini ci rendiamo conto che l'ultima ruota del carro,

Richky Memphis  in posa plastica
 a dispetto di tutti i trucchi e cambi di pettinatura, 

rimane sempre Ricky Memphis, 
che a qualcuno risulterà pure simpatico, ma la cui monoliticità espressiva ci disarma inesorabilmente facendo sorgere interrogativi dai risvolti pseudoesistenziali tipo: ma chi lo raccomanda a questo?!

Elio Germano invece si carica sulle spalle carro, ruote e baraccone e si dimostra, assieme a Timi, uno dei pochissimi new generation, a saper dettare tempi e ritmi tranne quando tende a strafare (ma lì immagino responsabilità più registiche..), come nella scena di commozione al funerale del Maestro (un Haber in pausa caffè). 
Gli altri protagonisti la svangano senza infamia e senza lode, anche se la Mastronardi ci appare recitativamente acerba, Rubini il vizioso senza scrupoli lo veste pure discretamente e Virginia Raffaele è ancora un talento inesplorato.


Peccato poi quello sgangherato sparatone finale, propedeutico solo al telefonatissimo ribaltone tarallucci e vino che l'utente standard, con la sua ansia da sbarco, approccia per colpo di scena.

Purtroppo in linea di massima, 'sti trucchetti ancora funzionano, ed in cabina di regia non lesinano certo scrupoli a farsi un'idea un po' cialtrona della media degli spettatori.. ma così va ormai certo cinema... senza il trucco salva emozioni si rischia l'anonimato...


ed a nessuno piace essere considerato, almeno in Italia, l'ultima ruota del carro.. 

sabato 16 novembre 2013

MOMIX Roma, Teatro Olimpico




Non si tratta di farsi piacere la danza, seppur moderna.

Momix sollecita altrove attenzione e curiosità.


Mixa magia ed acrobazia, mimetismo e grazia.
Ritmo e musica assecondano movimenti
dalle fascinose sincronie
annullando lo spazio palco/poltrona.


Momix attira l’occhio in tranello perpetuo,
lo sparpaglia sul palcoscenico
fornendo nuove prospettive.



Se tenti di seguire l’insieme, il particolare ti stregherà,
se vuoi accostarti tridimensionalmente,
perderai ogni traccia.


                                          Lasciati conquistare.


Anche il fiato rimarrà sospeso.