venerdì 20 settembre 2013

LA MIGLIORE OFFERTA




Non è il thriller la migliore offerta che Tornatore possa mettere sul piatto del suo cinema più evoluto. Una storia come questa, con le difficoltà di relazione, la richiesta di una vita diversa, i timori verso il mondo esterno, richiamano molto le atmosfere de La leggenda del pianista sull'oceano, splendido film che risolveva in se domande e risposte lasciando lo spettatore avvolto di sogno.

Ne La migliore offerta il vestito di sogno volteggia per buona parte del film, fino a che non si scoprono le carte. 


“Tombola!” ci urla Peppuccio, risvegliandoci dalla nostra trance emotiva che ci fa fare il tifo per questi due corpi estranei che stanno riscoprendo vita ed amore, ed in troppi gli consegnano la vincita senza controllare se i numeri della cartella siano effettivamente quelli usciti.





Ma il thriller ha le sue sporche regole, e se anche il regista ti prende per mano (seppur guantata) ed insieme allo splendido Geoffrey Rush ti porta nei meandri della sensibilità umana catalogando sensazioni e desideri, fintando il melodramma, scartavetrando sofferenze e menomazioni con le quali una fobia ti porta a fare quotidianamente i conti, rendendoti complice e sodale di questo rapporto anomalo che tuttavia cresce di vita propria come un filo d'erba sull'asfalto, alla fine, se non hai consegnato quella dannata vincita con gli occhi velati di stupore, li vai a controllare i numeri, e ti accorgi che qualcuno stava turlupinando anche te: la frase feticcio del film, "in ogni falso si nasconde sempre qualcosa di autentico", vien quasi voglia di capovolgerla allora: “in ogni autentico si nasconde sempre qualcosa di falso”.





A voi scoprirlo, prima di passare al tombolino. 
 
 

sabato 14 settembre 2013

... E VI CHIEDO


“Cosi questo buio
io lo prendo
e lo metto nelle vostre mani,
e vi chiedo,
Signore buon Dio,
di tenerlo con voi un’ora soltanto
tenervelo in mano
quel tanto che basta,
per scioglierne il nero
per sciogliere il male
che fa nella testa, quel buio
e nel cuore, quel nero,
vorreste?
Potreste anche solo chinarvi
guardarlo, sorriderne
aprirlo,
rubargli una luce
e lasciarlo cadere
che tanto a trovarlo
ci penso poi io,
a vedere dov’è.
Una cosa da nulla per voi,
cosi grande per me.
Mi ascoltate,
Signore buon Dio?


Non è chiedervi tanto
chiedervi se...
non è offesa
sperare che voi...
non è sciocco
illudersi di...
è poi solo una preghiera,
che è un modo di scrivere
mentre vi attendo.
Scrivete voi, dove volete,
il sentiero che ho perduto.
Basta un segno, qualcosa,
un graffio leggero
sul vetro di questi occhi
che guardano senza vedere.
Io lo vedrò.
Scrivete sul mondo
una sola parola scritta per me.
La leggerò.
Sfiorate un istante di questo silenzio.
Lo sentirò.
Non abbiate paura.
Io non ne ho.
E che scivoli via questa preghiera,
oltre la gabbia del mondo,
fino a chissà dove...
Amen”


(Alessandro Baricco - Oceano mare - )  


giovedì 12 settembre 2013

"ACCOGLIAMO I RIFUGIATI NEI CONVENTI CHIUSI"


Nel titolo le meravigliose parole di Papa Francesco pronunciate appena l'altro ieri,  10 settembre 2013,   in occasione della visita al centro per rifugiati Astalli, nel cuore di Roma.


Passata la sorpresa ed il piacevole stupore legato alla lodevole iniziativa, a bocce appena semoventi e riflettori ancora caldi, mi chiedo quanti siano i destinatari delle parole del pontefice ad aver preso efficace coscienza sull’effettivo da farsi.


Quanti non abbiano considerato l’uscita del Papa una acchiappante boutade dalla impraticabile realizzazione.
Quanti non dimenticheranno presto le parole pontificie considerandole più che altro una francescana esortazione al rimboccarsi le maniche più che un atto di sfida al convenzionale utilizzo di strutture vaticane.


Quanti, passati due o tre mesi, o anche un anno, immagineranno l’avvenuta istituzione di un censimento relativo a queste montagne di monasteri e conventi disabitati o dove, ancor più spesso, un paio di suore o monaci mantengono in vita centinaia di metri quadri di locali sicuramente meglio utilizzabili.
Cristianamente.


Bene.

Io ci torno su tra un paio di mesi. Sperando ci torni pure Francesco.




Affinché alle “sante parole” faccia seguito anche un qualche riscontro oggettivo, ogni tanto...


IL DE NIRO CHE NON AVREMMO MAI VOLUTO VEDERE...


C'è un De Niro disonorato dal Dio Denaro, un De Niro 

de(s)naturato, narcotizzato, auto de-ni(g)rato

dall'odore di distanti raduni nerd, un De Niro damerino in 

adorazione di dementi 




sderenati, De Niro debole di reni, indenominabile 

dall'Eden e che tenderebbe ad addivenire emiro, 

il dernière De Niro 

denudato ed addentato ad un danone, 

indenunciato e mai redento nelle sue presentazioni come un 

nuraghe di Nuoro, 




l'odierno nitrire del De Niro  dai 

neuroni degenerati e desiderante tanto e ancora tant’oro, il De Niro 

dalle nari deindennizzate. 




















Un De Ni(t)ro 

inesplodente, inidoneamente dilaniante, 

edonisticamente tradente  

De Niro in/odore, duna donata di denirante 

memoria senza più indennità alcuna. De Niro, 

denudato in un’ora 

di un’era errata. 






Ripresentati senza i 

dannati tuoi e senza i loro, un nero De Niro denoterebbe un 

ridondante lutto liberatorio.





Mi vien da dire a De Niro, speriamo torni Voglia di 

ricominciare, speriamo si Risvegli, perchè Quei bravi ragazzi dei 

suoi (The) Fan, 

con questo Disastro ad Hollywood Limitless e senza più Mission 


 non Stanno (affatto) tutti bene ed in questo Casinò non trovano Il 

lato positivo... 


perché C'era una volta in America il vero Re per una 

notte

martedì 10 settembre 2013

STORIA DEL CINEMA


L'impresa è ardua, lo ammetto, ma è ora che si faccia luce sulle reali origini della settima arte. Anche se in parecchi s'industriano ripetutamente nell'illustrarci gli albori di questo fenomeno giustamente affrancantosi in appena cento anni da ogni altra influenza, e con estrema personalità. 

Tutto nacque, come pochi sanno, da un'intuizione di Louis Lumière che vide il fratello, Auguste, il fatidico 30 novembre 1895, lanciare in aria rabbiosamente una cinquantina di incisioni da dagherrotipo ritenute inguardabili. 



L'orbitale ellissi che disegnò in aria un susseguirsi magico d'immagine semovente, illuminò la fervida fantasia di Auguste. Provarono per una ventina di giorni a lanciare foto in maniera strategica per dare continuità e senso al filotto visivo ottenendo solo un protocortometraggio lynchano; provarono anche a far passare molto velocemente alcuni spettatori volontari davanti ad un centinaio di foto appese (inventando comunque i cento metri piani sequenza) ma ebbero successo solo presso alcuni Centri di Atletica. 

La mossa vincente fu quella di rubare il visorino già inventato da Edison (cfr.”Molla la cinepresa”, Goliardi editore - 1926 -) e proiettarlo su una parete. Se ne ruppero irrimediabilmente una ventina, dopodiché l'illuminazione definitiva e vincente. Era solo l'immagine creata all'interno dell'apparecchietto a dover essere proiettata sulla parete. 

Fu successo immediato. 



La folla rimase strabiliata alla proiezione dell'Arrivo del treno alla Stazione di Ciotat , soprattutto perché, quel treno, non era mai arrivato in orario prima di allora. 
Ma i Lumière abbandonarono presto l'impresa quando non trovarono nessuno disposto a finanziare la loro invenzione successiva, tranne Charles Pathé, ricco di genio ma povero di soldi: il multisala. (cfr. “Più sale ma occhio alla pressione”, Parodi edizioni - 1905 -). 
  
Di lì a poco il macchinario diavoleria, invero poco tutelato e male impiegato (cfr. “Origini della moka”, Nespresso edition - 1911 -) si diffuse all'estero e del suo utilizzo selvaggio (specie in Corea, Russia, Ungheria, Danimarca) paghiamo dazio a tutt'oggi.


 
Ma le più grandi applicazioni legate alla cinematografia rimasero legate agli esordi, basti pensare al primo pianononostante la continua evoluzione della macchina cinema, non si è andati mai oltre: ce n'è stato un primo, di piano, ma quello è rimasto. 



Misteri...

martedì 3 settembre 2013

AFORISMA


SE CREDI

CHE LA VITA

NON SIA UN FILM,





E' SOLO PERCHE'

NON CAPISCI

NIENTE 

DI CINEMA.




domenica 1 settembre 2013

ECLISSIAMOCI


Luce imbrattata di ombra ritrosa,

sole alieno di altri pianeti,

 viola accartocciato su asfalto  

e palazzi, tutti gocciolanti 

trame 

di luce lunare,


















 riflessi d'eclissi sfuggiti a 

pellicole oscurate, a lastre 

impertinenti a caccia d'emozione 


nel cielo più alto.





Naso all'insù e retina ardita a 

svelare sole e luna appaiati 


nell'universo, ma è intorno a 


noi, 

addosso a noi 

che il 

segreto 

è sciolto, 

il colore velato è 


apparso un attimo in tutta la 

sua 


irripetibilità, in una magica 

mistura di luce annacquata, 

carezza cromatica dai contorni 

sospirati.




Questa, unica eclissi emersa da 

un sogno sfuggito al fango del 

Maine...