L’input me l’ha fornito un articolo su Robinson, a
firma del biologo Daniel Lumera, in occasione di Ulisse Fest, la festa del
viaggio patrocinata - ma guarda un po’! - da Lonely Planet, la madre di tutte le guide
turistiche.
Lumera
esalta il viaggio interiore, in parallelo - ma di ancor più vitale importanza -
con quello esterno: non solo passeggiare sui luoghi, ma dentro di essi, e contemporaneamente
dentro di noi, con la lentezza necessaria ad assimilare, creando un tutt’uno
con le nostre sensazioni, connettendoci, rigenerandoci.
“Non
vi è insetto che sappia di essere posato sull’altare di una cattedrale e che
quella cattedrale sia in una determinata città, regione, Stato”
Noi si invece, li assimiliamo per poi generarli di nuovo, questi processi all’interno di noi, creandone ulteriori.
Un’armonia primordiale che va oltre il guardare il
panorama, l’assaggiare una pietanza mai vista prima, seguire sentieri per
chilometri.
Un viaggio unico, senza
checkin, senza valigia: viaggio essenziale, spesso rimandato, che può generare
apprensione ma anche solleticare incredibili cambi di prospettiva, svelarci
anse sconosciute, luoghi fantastici forse solo supposti in attimi di
rimestamento di cuore.
Il viaggio senza mappa,
dove dobbiamo essere disposti a scoprire invece di accontentarci e subire, scommettere
sui bivi.
Anche il bagaglio è anomalo, senza neanche riflettere sul cosa
portare.. faremo acquisti, torneremo con qualche strano souvenir?
Pensiamo di trovare qualcosa di differente dal perfetto meccanismo biologico
che ci contraddistingue?
Possiamo immaginare l’origine della curiosità?
Come un fiume che sgorghi, comunque, da un principio emotivo?
Siamo consapevoli che potremo trovarci dinanzi a carte da sempre coperte, nascoste, mai vagheggiate?
Roba scomoda a volte, ma autentica, in continuo subbuglio, questo è certo, magma vulcanico che non si solidifica mai, ribolle come moto ondoso a scoperchiare sollecitazioni.
Oppure.. potremmo rivelarci arido deserto,
cielo buio come pece, vertigine silenziosa a pescare nel nulla.
Ma non era meglio se
prenotavo un quattro stelle a Ventotene?
bèh, dipende dal vissuto
RispondiEliminami ricordi gli ultimi anni prima del pensionamento, quando mi ribellai e dissi al capo che la mia disponibilità per viaggiare fuori Roma gliela limitavo ad un mese l'anno, in quanto non era giusto che solo io dovevo usufruire di alberghi e ristoranti gratis quando i miei colleghi invece se ne stavano fissi a casa con la famiglia senza conoscer il mondo bellissimo in cui viviamo
suggestivo questo viaggio senza bussola e senza bagaglio. Di passo in passo impariamo a conoscere i luoghi e soprattutto conosciamo noi stessi, le nostre reazioni quando ci troviamo di fronte al nuovo, all'imprevisto, al fuori rotta. Prima che accada non sappiamo se prevarrà lo sconforto o lo spirito d'avventura.
RispondiEliminamassimolegnani
"Anche il bagaglio è anomalo, senza neanche riflettere sul cosa portare.. faremo acquisti, torneremo con qualche strano souvenir?
RispondiEliminaPensiamo di trovare qualcosa di differente dal perfetto meccanismo biologico che ci contraddistingue?"
E se a prescindere dal viaggio dentro e fuori ,noi fossimo "bagaglio"stesso?Vorrebbe dire che avremmo vissuto in un armonia mai stata tanto consapevole, convinti di portarci il bagaglio a mano nel mentre era dentro,con tutto l'occorrente.Un bagaglio di curiosità ,di esperienza , di vissuto, di cultura.Un bagaglio leggero.Un bagaglio pesante,magari uno pensante.Un bagaglio scuro ,ombroso che si mimetizza ciclicamente come da natura stessa.Un bagaglio chiaro ,luminoso ,con margherite in fioritura ,in rinascita.Quante corse ,partenze ,arrivi senza esserci poi tanto mossi ,perché il bagaglio era sempre in noi.
Tutto sommato il bagaglio cos'altro può essere se non la nostra stessa essenza e il viaggio il nostro cammino terreno.
L.