Ci
troviamo davanti ad uno di quei film massacrati, soprattutto dalla
critica. Quel filone di critica alla quale spesso mi accodo
pervicacemente.
Be',
stavolta gioco contro corrente. Collateral beauty mi è piaciuto
assai.
Mi
ha coinvolto, incartato, “tirato dentro” e mollato solo alla
fine.
Probabilmente
reso incapace a sormontarne trucchi e parrucchi, espedienti e
messaggistica subliminale, inabile a decifrarne i quantitativi
abnormi di carne al fuoco esposta, inadeguato a difendermi dalla
melassa versata su tutti i meccanismi e le giunture di regia.
Un
film che se solo gli tendi una mano ti trascina in un gorgo di
buonismo senza uscita.
Ecco.
Io sono voluto affondare in questa dimensione. Tassello anche io di
un domino gigante, non sono riuscito a - o non ho voluto - sottrarmi,
inceppando in qualche modo il perverso meccanismo.
Volendo
giocare al gioco dei detrattori, voglio scoprire la bellezza
collaterale di un prodotto “furbo”, che picchia di
citazionismo esasperato, che mette sul piatto fior di attori, seppur
sottoutilizzati, che estremizza i sentimenti umani evidenziando tutte
le corde da tirare, dall'elaborazione della perdita, alla scoperta
della malattia, alla frantumazione dei rapporti familiari; dalle
crisi lavorative, all'esaltazione del prenderla con filosofia, al
recitare della nostra vita, fino al vivere recitando, in un metodo
Stanislavskij che intreccia palco e marciapiede fino a confondere chi
recita e chi, in teoria, è spettatore.
Collateral
beauty è una fiaba, non un thriller dall'oliato meccanismo, e se ci
sfugge l'assioma, possiamo serenamente seppellire il film in un amen.
Ma
anche noi andiamo a caccia di bellezza collaterale, di gentilezza e
pacatezza d'animo. Cerchiamo quell'equilibrio che non ci renda
sfrontati e pessimisti, che non ci cristallizzi nell'immobilismo,
aspiriamo a quella serenità che appare, a volte confusa, dietro ogni
contrattempo, perché accade sempre qualcosa di nuovo, perché noi
siamo i protagonisti, e perché Amore, Tempo e Morte - i
co-protagonisti perenni della nostra vita, celebrati e temuti - recitano a braccetto con noi, forniscono la battuta quando la memoria
difetta, subentrano in scena quando la noia attanaglia, spengono i
riflettori quando siamo stanchi dei fischi di disapprovazione, o
capiamo che serve solo un applauso.
Certo
è un messaggio antico quello che traspare dallo schermo, anche se fa
appello a tutti i ghirigori tecnici che il cinema permette.
Una
messinscena calcolata, scaltra quanto basta.
E
stavolta è bastata.