Anche
il cinema è un sistema complesso. Come la recitazione. La scelta dei
personaggi. Gli atteggiamenti della sceneggiatura. La scelta degli
spazi musicali e visivi.
Zanasi
sembra imbarcarsi in un'avventura ardita, perdendo subito il senso
della misura.
“Un
lavoro difficile da spiegare” quello di Mastandrea che si sbarazza
di manager alla frutta. Ma dove tutto il lavoro di cesello ai
fianchi non viene praticamente mai mostrato, con personaggini che
hanno già il biglietto in tasca per Costarica o Nuova Zelanda, se
non quando si tratta di raccogliere l'ultima firma di dimissioni.
Oltretutto
amico e confidente - in clamorosa contraddizione - dell'infingardo
figlio del suo datore di lavoro, sicuramente l'unico manager visto
all'opera da segare immediatamente e spedire al confino.
E
con l'ultima impresa (che gli costerà il posto tra l'altro), lo
vediamo che tenta di ridurre alla ragion di stato due adolescenti
orfani ed ereditieri di una grossa attività imprenditoriale, e non
scopriremo che l'istrionico e sentimentale perdente già abituati a
conoscere nel cinema che gli è più congeniale: un Mastandrea che
gioca nelle sue corde tra l'eccesso e il grottesco.
Molta,
troppa carne al fuoco: l'israeliana da far vedere coi capelli unti
quando fa comodo (che progetta strisce di Gaza nel nuovo mondo dove
viene accolta samaritanamente - e qua un bel Mastandrea personaggio,
quando l'accusa di suicidio simulato -), gli orfani disegnati
catatonicamente in parole e comportamenti, lo squallido mondo di
pescecani che regola economia e società, Mastandrea che s'immola
come può e rende credibilità - anche se appare un controsenso -
solo quando esce dalle righe (tuffi in piscina, improbabili partite a
rugby, inseguimenti in bici, stonatura di canzoncine a metà tra
Sanremo e lo Zecchino d'oro, passeggiate in montagna vestito da
ufficio).
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"...proprio 'na bolla de sapone.. 'stò firm..." |
Il
cinema è un sistema ben complesso e a passi indietro, come con la
reiterata Moonwalk del celebre Michael, si rischia il tonfo per le
scale o, come in questo caso, la scivolata verso un cinema spalmato
di filosofia new age, come uno degli infiniti post facebook coi quali
tutti si riempiono la bocca mentre nella vita rinunciano. E nel
cinema gettano fumo negli occhi.
Ed
infatti è film d'immagini se vogliamo proprio starlo a salvare, e
suoni soprattutto, deliziato da frequentissimi intervalli sonori di
altissima qualità, dalla darkwave dei Dead can dance alla tenerezza
romantica dei Nouvelle Vague.
E
allora ci teniamo strette queste emozioni uditive e lasciamo che
Zanasi si balocchi con sistemi meno complessi.
Dia
retta.