Quella macchinetta digitale
fotografava il futuro.
Quella macchinetta digitale
fotografava il futuro.
La Grecia è la nostra seconda patria. La amiamo a dismisura. Cerchiamo di andarci ogni volta ci è possibile. E' tutto un luogo del cuore, ancora e ancora da scoprire..."... quella Grecia che riesce ad affascinare con poche pennellate, con i suoi odori, i tornanti sul vuoto, le risacche trasparenti, il cibo fantastico..."
A Scauri c'è tutta la mia infanzia, l'adolescenza, l'amore per il mare, i sogni, la bellezza e la meraviglia. Un’alba di Settembre a Scauri, col suo alone di nulla deglutito, può spaventare perfino Keats.
"Sono i nostri occhi macchine del tempo, che grattano mille riverniciature, rivivono giochi, baci, pedalate...vedono locandine di cinema davanti vecchie arene ricoperte di edera"
Milano: a Milano sono stato concepito, solo la mia mamma ha impedito che nascessi sui Navigli. Ma poi la fede ha prevalso, il Milan nel cuore, e la città, il Duomo, il Cenacolo e la sua magia per sempre nei miei occhi..
Crociere: un mondo da esplorare.. fantastico! Definirle "un luogo" è un simpatico paradosso, ma permette scoperte infinite..
Maldive: per chi ama il mare, decisamente non esiste altro paradiso che possa competere.
"..saporita rievocazione, cerimoniale salmastro, lingua di sabbia abbacinante e vento frusciato, ricamo di nuvola gentile a specchiarsi d'acqua pastello.."
Praga "...Il cielo t’inghiottirà assieme a guglie e ponti e cimiteri bisbiglianti, non distinguerai che radi orpelli nella nebbia sporcata di timida neve ed orme caute..."
Ponza "..e ubriaco di ginestre in crisi di caldo, diventi allora custode dell'isola, di tutto il mare e di tutti i sogni appesi al tuo sguardo, ed anche chiudendo gli occhi, sapresti come muoverti.."
Matera: "ti riempie gli occhi di quel grigio appannato, smussato dai secoli, ma che tiene incollate le case e crea "paese", sodalizio di intenti e memoria di stenti.."
Padova: "..può capitare di trovarsi un weekend catapultati a Padova, con poco più di tre ore di treno veloce, a calpestare l'acciottolato che ti massaggia i piedi, nel silenzio che ti fa percepire le bici, le chiacchiere leggere delle persone che sfiori, l'acqua placida dei canali ad un ritmo slow del quale avevi perso ogni traccia..
.. ma i luoghi del cuore sono tanti, a ben pensare, sono quelli dove ce lo lasci, e quelli che vengono sempre con te, quelli che aiutano a formarti un'idea universale, che poi cerchi di trasformare in saper vivere..
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"La croce divelta" |
Ecco un libro del quale
sembra non esistere una recensione negativa. L’ho letto anche abbastanza
velocemente, mi ha preso molto all’inizio. Forse perché vi si narra la storia
di una custode di cimiteri.
Un
posto dove tanti si trovano a disagio, un posto dove a me piace passeggiare
invece, spulciare le lapidi altrui, sbirciare gli epitaffi, osservare le
architetture e gli ornamenti, le date dei decessi e le foto scelte.. lo facevo
anche prima della morte di mamma, anche se meno spesso, andando a trovare
suoceri, amici, nonni, zii.. quindi l’atmosfera di luogo appartato, di isolamento riflessivo ed intimo, descritta nel libro, l’ho trovata subito nelle mie corde.
Ed anche Violette, la custode (anche se da più parti accostata - impropriamente - alla Renée de “L’eleganza del riccio”), mi ha comunicato quasi un senso di complicità e di affinità elettiva, con la sua quiete interiore, la maturità ed un livello di esistenza superiore, mi è parsa permeata in acutezza e sensibilità da quel luogo di “pace eterna” . Ma proprio mentre mi stavo accomodando tra le pagine placide di aromi e tempi dilatati, si parte per la tangente. Violette ha un passato, e ci posso stare, ma soprattutto diventa arbitro e crocevia di una moltitudine di intrecci che svicolano tutti per il piccolo cimitero di provincia. Dall’amore folle a quello molestissimo, dal thriller elementare fino alla sua soluzione infantile. Dagli intrecci di vite diverse e molteplici, dai contorcimenti familiari fin troppo ambigui, improbabili, irreali. Dai ribaltoni alle confessioni, dalle preghiere ai distacchi e alle rinunce. Incontri e rincontri, tutto e tutti intruppati, a mirabolante incastro, nel sottosuolo del piccolo cimitero, con i flashbacks a esumarsi l'uno con l'altro.
E’
come nei piccoli paesi, appena fuori dell’abitato, dove mi piace aprire vecchi
cancelli cigolanti, in minuscoli poderi, a volte in appendice ad antiche chiese
appesantite dalle stagioni; a volte su disordinati cimiteri ricolmi di passato,
di storie e racconti: non c’è morte ma solo palpabile quiete, tombe e lapidi
sembrano composte sciattamente, lasciando minimi e insensati spazi, ma rimane l’idea
di un composto omogeneo, affiatato, necessario.. una tavolata di vecchie
conoscenze, e noi a passeggiare chiedendo permesso e origliando leggende..
Forse da qui quel
“cambiare l’acqua ai fiori”, perché quel sottoterra brulica di sete d’amore,
vendetta e incanto, odio e fascino, oblio e rammarico. Ma andrebbero impiantati
semafori per quei vialetti, non lucine (quei semafori addirittura esaltati e protagonisti, attraverso
una pagina di melassoso cinema a nome “I Ponti di Madison County”), e chi passeggia
sopra non è che la punta dell’iceberg di sconvolgimenti che partono da lontano
ed evidentemente non trovano pace ma, anzi, la arano quella terra fino a
sviscerarne ogni più recondita radice. E lì comprendiamo che la Perrin (nella vita coniugata Claude Lelouch, del quale non lesina nel libro scene e citazioni) non
vuole più solo stupire: vuole strafare, vuole ammucchiarne di legna sul fuoco, inondarli
d’acqua quei fiori; adultere che danno del Lei, personaggi e personaggini che si incrociano a
più riprese, e poi esequie su esequie, orazioni funebri da show, numero dei
presenti e numero degli assenti, collezione di vedove inconsolabili, matrimoni
che ce ne fosse uno azzeccato, rimorsi e rimpianti, ceneri al vento e inumati
che, in realtà, non ci sono mai stati. Un continuo scoprire carte (o tombe): si parte per
sottrazione e i piani temporali disseppelliscono (per rimanere in tema) altri
piani temporali. Un cimitero che è Arrivo ma allegoricamente Partenza, in teoria indizio di stabilità definitiva, ma in realtà punto focale dove il tutto si aggira vorticosamente attorno,
tutto passa per la casa della custode, segreti e consigli, sensazioni e
sentimenti, passato e futuro, consolazioni e rivelazioni; quella casa racchiude un turbinio, e il terreno
attorno sembra dissodare costantemente, anziché custodire, urlare anziché silenziare.
Ricordo
ancora quando, per vedere se le lampade crepuscolari messe nel terreno vicino
la tomba di famiglia di mamma, dovetti aspettare nel cimitero, quasi fino
all’orario di chiusura, che ci fosse abbastanza oscurità per permettere ai led di
accendersi. Ero praticamente da solo a
passeggiare sereno tra vialetti e lapidi in un magnifico silenzio,
ignaro dello spettacolo che di là a pochi istanti mi sarebbe apparso:
nell’oscurità incipiente una miriade incredibile di lucine stavano creando
autentico spettacolo. Una città fibrillante di luce, come di festa, ma privata,
una festa solo per me, e per la mia mamma.
“Signor Seul, se sulle
porte degli armadi ci sono le chiavi, è perché nessuno li apra” questo fa pronunciare Valérie Perrin a Violette. In realtà Cambiare l’acqua ai fiori si sarebbe
potuto chiamare: “Svuotate gli armadi: se non ci sono le chiavi, chiedete a
Violette”. Mi rendo conto però che sarebbe stato troppo lungo, ed in qualche
modo avrebbe potuto spoilerare gli innumerevoli epiloghi, con svariati incipit ad orologeria, tenuti semi occultati per due/trecento pagine.. giusto per
farci ambientare ad atmosfere solo apparentemente lugubri. Un romanzo a scatole
cinesi a forma di piccole bare, se mi è permesso il gioco di parole. Un narrare
che chiede troppo, a mio avviso, nella nobile intenzione di donare tanto, sia
chiaro, ma che rischia di fracidare anche il fiore più resistente, a volergli
cambiare troppo spesso l'acqua.
Perché è facile dire che è uno che sogna, sbircia, viaggia, interpreta,
fotografa, ama, colleziona e poeteggia
Poi c'è un Franco che si arrabbia, che (si) delude,
che vorrebbe piacere e piacersi. E invece non (si) piace poi tanto.
Che non risolve, non pianifica, non raggiunge, non riesce e un sacco di altri non.
Un Franco Battaglia in pensione, che ha lavorato abbastanza, ha fatto casini in abbondanza, che ora ogni lunedì è di nuovo domenica, che finalmente piega l'ansia in un cassetto assieme alle camicie che non mette quasi più, perché erano un repertorio da ufficio, da colleghi, da clienti; e allora via nel cassetto assieme a tutto l'armamentario, alle mille cose da mettere a posto (perché è un trasloco che è per sempre, altro che diamanti..)
Un Franco Battaglia curioso che vuole ripartire (post Covid) il prima possibile, e apposta non si precipita al bar a fare lo spritz (che pur ama) o al ristorante ad ammucchiarsi.
Un Franco Battaglia senza figli, con i suoi matrimoni, gli incidenti, le perdite, e paura che la vecchiaia possa essere brutta.
Dal 2006 a scrivere di cinema su FilmTv, e dal 2013 su Blogger, su entrambe le piattaforme continuo a folleggiare, sulla prima come Lampur, e qui con Nome, Cognome e storia.
Settecento post di qua (e settecento recensioni di là), tra poesie e prose, viaggi e ritorni, prese in giro, racconti, recensioni, visite, analisi sociali e analisi mediche, ricoveri e di(s)missioni
trend, mostre, denunce,
sport, teatro e sottocultura, amori e abbandoni,
barlumi di autobiografia, burocrazia e politichese,
bellezze e brutture,
cucina e fotografie, risate sguaiate, magie e tristezze,
città e paesi, acque e montagne,
gente da irridere e gente da esaltare, soldi e miseria,
isole da sogno,
e ancora sfoghi, stralci di vita, giochi; tutto insieme, tutto importante, come lo scambio di idee, le amicizie o le semplici conoscenze, e le delusioni, anche grosse.
robe inventate e robe vere, che fanno la posta dietro un risveglio, e un casino di altri pensieri da mettere in ordine..
Ma chissà voi, chi pensiate che io sia, se ispiro serenità di giudizio, o schizofrenia folle?
Me lo chiedo a volte, come in questo post.. perché questo è un post a trabocchetto, per sapere cosa sbaglio, e fare le pulci a chi legge...
del resto, se non voi, chi altri?
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Davvero siamo come ci arrediamo casa? |