giovedì 16 luglio 2020

CRITICACCE A...FAVOLACCE



C’erano ‘na vòrta un catatonico, ‘na schizofrenica, ‘n’autistico…

No Franco dai, non puoi iniziare così.. capito che il film non t’è piaciuto, ma è ritenuto un capolavoro quasi all’unanimità, vincitore di premi e riconoscimenti, un manifesto di lampante cinema del futuro, lucida denuncia, appassionata analisi.. dai, cerca di mantenere una parvenza di obiettività … 

Ok. Ricominciamo. 
C’erano una volta dei ragazzini sui dodici anni, uno catatonico, già stanco della vita, e preoccupato del suo futuro presa coscienza dell’incostanza e della vaghezza degli adulti. Vero aveva tutti dieci in pagella, ma tipo con quattro in matematica.. una bomba quando la costruiva?!
La sorellina un po’ sgraziata e decisamente schizofrenica, ma già col piglio da capobanda, tant’è che aveva anche lei tutti dieci in pagella, ma solo nove in comportamento, infatti decide quasi tutto, e senza parlare troppo, in modo che calci e pizzicotti se li prende solo il fratello.
I genitori sono della peggiore risma suburbica romana, però vivono in una villa da svariati mila euro, col megasuv coatto.. e lavora solo la moglie.. hanno ereditato tutto? Chissà...


Ma pure i vicini, a coattaggine, se la giocano serenamente alla pari: altro papà coi capelli da rapper periferico, anche se stranamente m’è sfuggito il campionario di tatuaggi.. (o forse sono stato disattento io.. visto il gran materiale da attenzionare..)
Completano il quadretto l’altra bimba taciturna con “l’insegnante di sostegno stupido”, e l’altro maschietto bombarolo dissociato, figlio di padre alienato;
oh scusate, mancano l’amichetta con le fregole sessuali, e la ragazzotta incinta che apre e chiude la pellicola in qualità di prima notizia del TG..

Brutti, sporchi e cattivi, ipocriti e ignavi, praticamente tutti… vogliamo salvare il top del coattume di borgata, buono nell’animo ma assolutamente inadeguato nel ruolo di padre? E dai.. salviamolo il John Travolta de noantri, con la sua camminata alla Charlot..
ma anche le madri,  assenti le assenti, e assenti anche le presenti (compresa la bamboccia che apre e chiude il film), incapaci di distinguere un’astronave da un posacenere nella cameretta dei figli..


C’è pure il tocco semithriller, col maestro licenziato perché accusato di aver insegnato come farsi le bombe homemade ai suoi alunni genietti... e visto gli studenti modello e pedissequi che si ritrova, indica loro un velenosissimo antiparassitario “comunemente reperibile in ogni negozio”...così imparano a fargli perdere il lavoro...

Ora non voglio spoilerare, ma immaginate bene che una favolaccia non può certo finire col principe azzurro che risveglia la bella addormentata nel bosco.

Anzi. Io una bomba nel quartiere l’avrei vista comunque purificatrice.

Conclusioni: non esiste solo il bianco e il nero (a meno che non siate juventini..), e massacrare una fetta di spaccato sociale rimarcando solo a brevissimi tratti la capacità di sognare dei ragazzi protagonisti, ma impossibilitarli comunque ad emergere dalla amoralità disturbante che li circonda, facendola partorire pure a loro, non può diventare un esercizio da dieci e lode come tutti tributano.
Non riesco proprio a vederla così.


A me è apparso come un “taglio alla piscina” della trasparenza, del pudore, delle convenzioni, delle regole, delle consuetudini, dell’educazione.. che scorrono via libere a lasciar emergere solo il peggio del peggio senza più alcun filtro (anche se a ben guardare mancava un sorso di sana pedofilia, un po’ de coca sul tavolinetto del soggiorno, e qualche amante nella  cabina armadio..).
Non avranno esagerato i nostri fratelli? Un trucco anche quel difetto di audio che lascia con i sento-non-sento proprio nei momenti cruciali? Un gioco di luce e acqua sospeso tra gavettoni e piscina? Una folata di vento che smuove la tenda dell’assurdo  facendola assurgere a normalità?
Uno schizzetto di latte direttamente dalla tetta al biscottino.. uno schizzetto di cinema che ha fatto bingo con allucinati protagonisti e ancor più allucinati spettatori..

Io ridarei un’occhiata a Suburbicon…
 


mercoledì 15 luglio 2020

DISTANZIAMENTO MADDECHE




Le ultime tendenze sembrano fregarsene del distanziamento.
In realtà sembrano fregarsene anche delle mascherine.

A Roma devi entrare nel bar  indossandola, poi te la togli e via.
Quando riesci te la metti, ma ti accorgi che sei in strada e te la togli di nuovo.

La usano come ferma capelli, ginocchiera, paragomito, borsetta trend, massaggia ulna,
braccialino indie, orecchino pendulo, fascia tipo rambo, arreda specchietto retrovisore, parasole in spiaggia;

oppure la portano, ma se ti parlano la abbassano, se ti ascoltano pure, 
se gli squilla il cell la buttano proprio. 
A terra magari, dove solo nella capitale ce ne saranno un miliardo…

Al ristorante si mette a sinistra del piatto, a destra il cellulare, e davanti, invece della forchettina da torta, c’è il gel; per le posate non c’è più posto.

Io ci imbavaglierei tutti gli imbecilli per i quali il covid è stato solo un modo 
per riuscire a finire La casa di carta, ora non c'è più pericolo, 
e probabilmente non c'è mai stato.

E voi che pensavate che i terrapiattisti fossero solo un mito...

lunedì 13 luglio 2020

LA MOSCHEA DI SANTA SOFIA




La moschea di Santa Sofia ad Istanbul
torna ad essere moschea.

Nasce chiesa greca ortodossa.
I crociati la “convertono”.
Poi torna moschea per secoli.
Poi viene sconsacrata
e diventa Museo.

Se l’accesso al pubblico - come viene promesso -
non subisse alcun divieto,
io davvero non vedo il problema.

Da cristiano, non vedo la difficoltà, l’eccezione, lo sconforto.

Parliamo di un immenso e splendido monumento che ha ospitato
quasi tutto lo scibile delle religioni mondiali.

Io credo sia fondamentale solo che non sia precluso l’accesso al pubblico.
Non quale dio venga pregato al suo interno.

E prego davvero Dio che non sia questo il problema.

Altrimenti il buon Gesù rischia di aver predicato a vuoto.


sabato 11 luglio 2020

DUE RECENTI GRANDI FILM: MA LO SONO DAVVERO?

Parasite e C'era una volta a ..Hollywood, hanno raccolto encomi a destra e a manca.

Io li ho trovati buoni film, ma molto - diciamola tutta - paraculi.
Specialmente Tarantino che solitamente amo in particolar modo..


C’ERA UNA VOLTA A  ..HOLLYWOOD

 Io, i Tarantino, li vedo tutti, figuriamoci.. che poi, dopo The hatefull eight, sia  come un po’ passare dal Warldorf Astoria di Dubai, a Villa Arzilla di Riccione, è per forza di cose questione di gusti personali, ma se ne può serenamente (s)parlare, almeno in questa sede.

 

Siamo nel 1969, vintage sfrenato, quasi maniacale - per i cultori odierni -, fumo di sigarette a gogo’ che sembra dover tracimare dallo schermo, telefilmini precursori delle “serie tv” che imperversano ora, drink infiniti, balletti twist e yeyé, eppoi i continui spostamenti in auto per Los Angeles: dalle ridenti colline di Hollywood con le ville - a dir poco - hollywoodiane, in giro per tutti i tracciati urbani, le circonvallazioni; e i raccordi, le curve, gli stop e i semafori…

 

tutto soffuso da una palpabile malinconia nella descrizione di un cinema d’epoca che tenta - riuscendoci - di cambiare pelle, a danno però di questo spleen casareccio interpretato da un Di Caprio stanco e smorfioseggiante che si imbarca in un personaggio tormentato, impreziosendosi di rado (ad esempio quando si imbestialisce con se stesso nel camper per aver pasticciato in scena).

E il Brad Pitt, che va sempre più redfordizzandosi, lo disegnano meglio, anche se a troppi/e è rimasto impresso giusto sul tetto in canottiera..

tra i due mi dicono esserci anche Margot Robbie, che dopo la spettacolare performance di Tonya, si prende cura dell’evanescente Sharon Stone  riducendosi a macchietta e sorridendo qua e là… ma che fai? Je dici no a Tarantino?!?

 

Il film sarà pure un omaggio a certo cinema d’oro (anche italiano), un cinema facile che campava di cliché ma sfornando comunque buone cose - specie nel western, qui solo autocitato, - già perché C’era una volta… è un’autocitazione continua, pillole di tutti i precedenti 8 film del Maestro fanno capolino tessendo una tela fragilina che sfrutta solo marginalmente i marchi di fabbrica del cinema tarantiniano: l’esaltazione dei piani temporali, gli intrecci di trama, i dialoghi affabulatori.

 

Un film che sa dove andare a parare, e allora, Quentin, deve giusto riempire le due ore prima dell’epilogo a “surprise”, ma lo fa stancamente, senza nerbo, con giusto qualche felice parentesi (come quella con Brad al campo hippies, o mentre prepara la cena in camper per lui e per il cane) e una marea di scenette fastidiosamente superflue, come quella con Bruce Lee.

 

Pochi lampi, davvero radi, eppure tanti parlano di capolavoro, e non sarò certo io a contraddirli, mi tengo buono il Tarantino che amo (Pulp Fiction su tutti),  sorrido e aspetto il prossimo..

 


PARASITE

Una buona, anzi ottima, idea di base (famiglia derelitta e senza lavoro, residente negli slum sudcoreani, si infiltrerà mano a mano in una villa da sogno di un facoltoso manager con moglie e figli, sostituendo brillantemente educatori, governante e autista), non può giustificare, tuttavia, uno sbrago vertiginoso, un tirare la corda all’eccesso, un crogiolamento autoincensante sulla botta di genio iniziale, accartocciandosi senza ritegno sul voler sorprendere di continuo fino alla fine, e anche oltre. 

La sperequazione, la distanza di classe, le ingiustizie, a ben guardare, la farebbero da padrone solo per assenza di opportunità.

I quattro estrosi squattrinati, in cerca di stabilità economica, (co)protagonisti della pellicola, sono una famiglia composta da padre, madre e due figli, poverissimi ma ricchi di talento e voglia di emergere, si metteranno in tasca fin troppo facilmente gli inquilini altolocati, rimanendo vittime però, dell’estroso contorcimento narrativo col quale il nostro regista ha fatto man bassa di premi. 

Ora sia chiaro, ho ammirato validi protagonisti, recitazione disinvolta, un pregevole montaggio, discreta frenesia e alcune ottime scene (meraviglia il ritorno a casa sotto la pioggia battente), contornate però da baggianate inguardabili, sketch paradossali, banali soluzioni thrilleristiche, arzigogolati colpi di scena che alla fine sfrucugliano la pazienza anche dello spettatore più ben disposto… 

voleva divertire Bong? Oltre che sorprendere e spaventare? Voleva tarantineggiare in una escalation non più controllabile?

 Probabilmente di tutto un po’… e forse, con meno pretese, mi avrebbe conquistato; la troppa boria, invece, finisce col  compromettere il precario equilibrio, quella sottile linea tra la denuncia sociale, la ricerca introspettiva di personaggi che comunque intrigano, e l’incerta piega tra il drammatico ed il grottesco, terminano col virare, inevitabilmente, verso un’eccentricità di troppo, che fa perdere di vista tutto il buono messo sapientemente in tavola (in appena otto minuti - spoilerissimo cinefilo -).


 

 


giovedì 9 luglio 2020

UNA POESIA OGNI TANTO...

..l'avevo già postata nel 2018, ma, per la serie "piccole poesie crescono",  è arrivata seconda ad un Premio Nazionale, e campeggia in una Antologia dedicata, quindi oggi coccolo un po' il mio ego sfrenato... :



QUELLO CHE HO

Quello che ho è il sorriso veloce,
il sonno facile,
il dimenticare, facile.

Quello che ho è lo stupore.
Sapere chi mi vuole bene.

Quello che ho è sempre con me,
anche a distanza,
anche senza sentirlo, vederlo, o toccarlo.

E’ un odore, un colore, un sapore,
le scale di corsa; un’aria frizzante, piena.

Quello che ho è uno scooter libero,
una risacca, una nebbia, un latte che bolle.
Una chiesa fresca, fotografare contro luce.

Un maglione caldo, una camicia stirata,
il non fare rumore mentre lei riposa,
la penna sulla carta.

E’ un pensiero che ricorre, un viaggio da fare,
un viaggio fatto, un sogno ad occhi aperti.

Quello che ho
mi aspetta la sera a casa,
con un sorriso più veloce del mio.



mercoledì 8 luglio 2020

PERCHE' UN BLOG?



Nonostante non sia la prima volta, recenti malintesi, mi hanno portato - di nuovo - a meditare sulla natura del blog.

Se sia frutto di un progetto, di un istinto, fonte di spensieratezza ma anche di riflessione e richiamo al contraddittorio, monotematico e immobilizzato o aperto ad ampissimo raggio.

Ma anche piattaforma di lavoro, impegno sociale, origine di contatti, scambio costruttivo di opinioni e conoscenza, come anche regno del settarismo; oppure compagno inseparabile, palestra di divulgazione, feticcio incontrastato, specchio dell’anima, diario non troppo segreto, vangelo inconfutabile.

Alcuni ci si affacciano come dal loro fortino, con le moderazioni, i blocchi, le approvazioni preventive, richieste di dna e pedigree, lettere di referenze e - ultimamente - anche periodo di quarantena.

Per altri è sfogo vicendevole, message in a bottle, archivio alternativo, memoria esterna.
Richiesta di aiuto, comprensione, solidarietà.
Testimonianza del proprio essere, dei propri capisaldi, o dei tentennamenti.

Ed esistono blog accoglienti, dove anche se entri senza bussare e facendo pure un po’ di - metaforico -  casino, nessuno si strappa i capelli, come anche quelli un po’ abbandonati, in primis dal proprietario, e quelli che devi lasciare le scarpe sull'uscio (in tempo di Covid più che mai..)

Poi ci sono padroni di casa che tu credevi forse di conoscere, probabilmente scottati da altre vicissitudini o con qualche nervetto a fior di pelle, pronti alla recriminazione, alla permalosità, all'offesa anche.

Ma l’errore rimane di chi valuta con troppa leggerezza, attribuendo o ipotizzando per tutti, nella stessa misura, il proprio modo di essere, 
spesso sarcastico, beffardo e caustico,
oppure malinconico e poetico
ma sempre sincero e mai scaxxato.. perché questo è Franco Battaglia.

Me ne rendo conto,
e allora mi accollo i rimbrotti, 
e continuo a fare come mi pare.

Altrimenti scrivevo su word.  ;)




sabato 4 luglio 2020

INTERIEZIONI, SVARIONI E RIEMPITIVI



"Cioè", ecco il mio.
Spesso inizio una frase con un incomprensibile "cioè" che serve praticamente a nulla..

E non dite che non avete il vostro...

Tipo finire una frase col classico "capito?"


I riempitivi sono una costante del dialogo,
dalle semplici esclamazioni, tipo ah, oh, evviva, daje..etc... 

oppure anche nello scrivere,  dove io abuso in maniera folle dei tre puntini di sospensione...
ahahah!!


Bene! (altro riempitivo), ora che ho confessato, tocca a voi!