martedì 12 novembre 2013

QUESTIONE DI TEMPO (2013)




Tenerello e parecchio fragile questo About Time. 
Un’ode all’amore molto british ed eccessivamente politically correct.
L’esatto contrario di un Déjà vu, ad esempio, dove anche solo a scalfirlo, lo spazio tempo, si creavano caos a palate e cinema adrenalinico.

Questione di Tempo è la storia di Tim, ventunenne sfigatello come tanti, almeno fino al cruciale momento in cui il padre gli rivela come tutti i maschi di famiglia abbiano il potere di muoversi nel tempo, anche se soltanto a ritroso, per poter riaffrontare parentesi già vissute, ma che riguardino esclusivamente la propria esistenza (quindi impossibile far fuori, ad esempio,  gli Hitler o salvare i Kennedy...).


Basta infilarsi in un luogo buio - meglio se un armadio -, stringere i pugni e pensare ad un momento del personale passato dove, d'incanto, 



trovarsi di nuovo per variare qualcosa a proprio favore, ovvio che (anche se magari non per qualcuno) il nostro Tim sfrutterà la ghiotta occasione per risolvere i suoi sogni d’amore.

Gli sviluppi passano, però, dal potenziale sconvolgimento 

dell’esistenza - attraverso svariate, ed anche parzialmente drammatiche, vicissitudini, che vedranno coinvolti la serie di simpatici comprimari nei panni della curiosa famiglia di Tim (vera nota positiva della pellicola) -,


 fino all'epilogo che inneggia fin troppo alla semplicità ed al buon senso, e che si adagia a misura, ma come un pallone sgonfio, su uno stucchevole finale dalla morale bacioperugggina:


Tutti, in fondo, viaggiamo nel tempo”. In tempo reale. In questo particolare caso, spesso anche a ralenty.

La nostra vita è un continuo defluire di tempo su tempo, e dovremmo godercelo, assaporarlo attimo dopo attimo, con altri occhi ed altro spirito, rilassarci a ritmo di clessidra, dedicarci al tempo che passa, anziché strizzarlo e stressarci.


Ecco il messaggio di Richard Curtis, già regista di Quattro matrimoni ed un funerale oltre che di Notting Hill.

Certo una bella filosofia, applicabile con esatta serenità quando, proprio a sigillo di pellicola, Tim, esaltando la bellezza del giusto scorrere delle lancette d'orologio, annuncia con nonchalanche che non ha più bisogno del suo 
“potere rettificante”, 


 mettendosi in bella mostra,  sorridente, coi suoi tre figli bellissimi, un lavoro d'avvocato tutto soddisfazioni ed una mogliettina gnocca da paura (sposata, comunque, sfrucugliando i superpoteri....)



E grazie al ciufolo!! direbbe più di qualcuno (a cominciare da me...).


Vediamo se alla prima stortura che la vita ti riserva, con in mano il potere di raddrizzare tutto, sei ancora disposto a pensarla cosi... ma il film non fa, o non vuole, fare in tempo, stavolta.
Non si prende affatto la briga di poter/voler tramare contro quest’oasi di felicità... e termina così, nello zuccheroso più melenso, tutto rose e fiori, sole e sorrisi, smancerie e cuori palpitanti...



ed è proprio questo che non posso perdonargli...

del resto lo stesso regista in un’intervista a Primissima, dichiara: “E' un film contro i viaggi nel tempo e su come si può essere felici nel nostro presente”,
che non è poi 'sta grande impresa 
se ti gira tutto per il verso giusto!!...

comunque, a parte il mio personale desiderio, 

a fine pellicola, 


di chiudermi nello sgabuzzino 
delle scope del cinema 


stringendo i pugni e cercando almeno di recuperare giusto un rewindino d'un paio d'ore per potermi vedere un altro film al posto di questo viaggio-nel-tempo-slow-motion, 
il suggerimento resta valido per il nostro diligente regista Curtis:


prova ad entrare nell’armadio più buio di casa, Richard, strizza gli occhietti e stringi forte i pugni, ritrovandoti magari bello vispo a due/tre anni fa, con in mente una bellissima , grandiosa idea su un film sui viaggi nel tempo... ed ecco, proprio in quel momento, prova a pensare intensamente
“Viaggi nel tempo?!? Ma chi me lo fa fare!!.. invece mo’ giro un bel western cogli indiani, i cowboys, i cavalli e tutto il resto... “


e vedrai che il tempo si ri-sroloterà sereno e pacioso, con incredibili effetti benefici per gli ignari spettatori del futuro...  


lunedì 11 novembre 2013

UN APPUNTAMENTO



Un appuntamento con PRESENTE,
verosimilmente,
lo puoi ottenere ad ogni istante,
ma l'istante dopo è già futuro,

dunque è lui, 
PRESENTE,
l'irrequieto, l'impreciso, l'incostante;
mi cerca e si sfoga di continuo.


Bracca FUTURO
e la caccia prosegue da secoli infruttuosa.
La convinzione che non riuscirà mai
stà prendendo lucido sopravvento.
Condanna bizzarra la sua,
resa ancor più crudele
dall'obbligo di ottemperare
un'ulteriore clausola.


Seminare PASSATO,
costantemente in agguato
alle sue calcagna.

Oggi blocco PRESENTE
in mezzo alla folla dei grandi magazzini,
stò per esporgli il mio disagio
quando PASSATO mi assale alle spalle
accoltellandomi furioso.

Ora, solo ora,


FUTURO è svanito,
sciolto come una lacrima di strazio
sul viso presente d'un passato attonito.

Ho dovuto uccidere tutto il tempo
per vederlo finalmente
immobile e rilassato.


Posso morire.

Ma questa storia verrà riscritta mille volte
e si inseguirà sulla carta
fino a che tutti gli avvenimenti
di tutto il tempo
diverranno, divengono, o sono già divenuti,

uno soltanto...


sabato 9 novembre 2013

SOLE A CATINELLE (2013)



E Checco azzecca il film. Il suo film, ovviamente. Leggo in giro disquisizioni semifilosofiche su l'opportunità di certe pellicole, ma in realtà, personalmente, ho trovato quello che cercavo: una storia che filasse senza farci storcere troppo il naso 
(in questo senso, ad esempio, l'aggancio tra un mondo di poveracci e quello del jet set risulta creativo ed efficace - una chicca l'incontro col bambino affetto da mutismo selettivo -) 

ed una scorpacciata di battute delle quali almeno una decina da farti ribaltare in poltrona; poi resta lo Zalone conosciuto, dalla canzoncina facile ma simpatica, dalle smorfie magari reiterate, a metà tra Mr. Bean e Jerry Lewis, dall'attacco vellutato alle storiche storture nostrane, ma con il buonismo di fondo incartato di italica carognaggine, come quando in fase di ricco svago su un lussuoso yacht 

si rivolge al figlio indottrinandolo: “Pensi sia questa la felicità? No!! La felicità è quella!!” Indicandogli un panfilo da paura a poca distanza... “Questi so' poveracci.. è là che dobbiamo puntare!!”.
Non è invece accaduto con l'ultimo Albanese che ha toppato tutti i tempi comici diluendo uno sketch da dieci minuti in due ore, senza strapparmi la minima risata.


Checco non ti fa rifiatare invece, punta alla pancia, accosta vizi e pregiudizi e preme l'acceleratore sulla battuta (“Buongiorno siamo di Equitalia” “Mi dispiace, qui siamo tutti cattolici” è veloce, fulminante, ti stende e devi importi di smettere di ridere per non perderti la successiva).

Zalone conosce le tattiche e gli incastri, smuove la pietas ed il paradosso, dove non parla smorfieggia, altrimenti canticchia, sfrutta a dovere tutte le spalle comprimarie (anche se da Paolini mi aspettavo qualcosa di diverso e di più), fa a pezzi miti idealizzati come guru e psicologi con insistite bordate, si muove con naturalezza lungo l'Italia guasta e quella sana salvando istituzioni come la famiglia ma lasciandosi andare a pistolotti imprenditoriali vagamente retrò (anche se spesso tutto è propedeutico alla battuta finale, ai tanti che rimangono perplessi non voglio ricordare Plauto ma certo è che Zalone non inventa nulla, ma adatta e coglie controsensi con indubbia abilità).


Checco adegua in velocità la sua inadeguatezza alle circostanze, ed è questo il paradosso migliore, il contrasto che istilla la risata naturale, la sua risorsa principe.
Ci fa sganasciare tirando in ballo anche un dramma come l'eutanasia dove altri, troppi altri (magari lucrandoci), riescono a leggere solo tragedia.




venerdì 8 novembre 2013

CANI SCIOLTI (2013)



Pur scimmiottando gli Hot Fuzz! i Lock & Stock e gli Smokin’ Aces, e strizzando più d’un occhio a svariate tendenze quentiniane, Cani sciolti 

(un gigione Denzel, idolo della mia consorte, ed il gonfiato Mark, magari più credibile quando fa la carognetta, come in The Departed.. a dirla tutta fuori dai denti, meglio comunque degli scipiti/glorificati Miami Vice di manniana memoria...),

 fila via con disinvolta destrezza, recitato neanche troppo da cani dai due marpioni che sembrano divertirsela tra un lavoro serio e l’altro... me la godo così rilassato in poltrona tra rapine, esplosioni, forward e ralenty, flashbackes e sermoncini strampalati, che non sto neanche a sindacare su come i nostri eroini riescano a salvarsi sempre dalle situazioni più imbarazzanti o come possano tranquillamente entrare, ad esempio, in zona altamente militare senza ferire il minimo (contrac)colpo.
Il tutto appena sfiorando la goliardia samraimiana o l’iper gore tarantinato, e neanche con la classe e la frenesia di Guy Ritchie... 


ma suppliamo alle mancanze col pistolotto moraloide che fa a pezzetti tutti i presunti buoni ed i caricaturali cattivi in una volenterosa e sequenziale altalena di voltafaccia e di capriole di rivelatrice, per quanto raffazzonata, sceneggiatura 

- salvando alla fine nientepopodimeno che: l’amicizia (“non siamo amici, ormai siamo una famiglia...”) -, 
facendosi beffe di tutto il resto e per una volta anche delle nostre seriose aspettative, ma con buona pace visto che stavolta siamo andati al cinema deponendo a priori le armi dello spulciamento ad ogni costo e della ricerca spasmodica del pelino nell’uovo.   
Diciamo pure a sorrisi sciolti.







mercoledì 6 novembre 2013

TREND HORROR



In omaggio alle recenti recrudescenze horror che forse allieteranno le nostre sale operatorie.. ops! cinematografiche (ed il nostro immarcescibile Bradipofilms..), abbiamo spulciato tra le produzioni più efferate delle quali, tuttavia, media universali, database e software spider dei più importanti motori di ricerca, ignorano l'esistenza. 
Di seguito alcuni fulgidi esempi - spesso di nostri geniali artisti - frutto di onerosa ricerca tra i recessi più ascosi del web, non lasciateveli sfuggire!:




NON APRITE QUEL FRIGORIFERO
Micidiale mix di splatter alimentare. Uno stracchino scaduto da sette mesi fermenta germogli di vita biologica autonoma strangolando di effluvii malefici chiunque apra il frigo. L'epidemia si allarga a dismisura e la pandemia produce suppurazioni ricottate che riducono in caglio il contagiato (trucchi gore premiati al Nauseadance Festival). Non adatto ai colesterolici.



PARLAMENTARS
Orgia papponica al governo in seduta straordinaria, eccitati dal nuovo motto “E' libero tutto ciò che non è vietato”, 400 parlamentari assatanati si sbraneranno sugli scanni tra svolazzi ed olezzi di interiora, a camere operatorie riunite, in un delirio sanguinario di rara ferocia. Praticamente un déja vù.




28 GIORNI PRIMA (PREFINAL DESTINATION)
Il candido ragazzotto che prevede efferate sciagure, le architetta, in realtà, per poi poter fare la sua porca figura. Sempre con un mese di anticipo lo vediamo aggirarsi sugli scenari di devastanti carneficine (con Ustica e Bologna non poteva funzionare per i tempi troppo ravvicinati...). Rimarrà deturpato dall'esplosione del ferro da stiro che doveva far saltare la tintoria privata dei borsinisti di Wall Street. Film mai uscito perchè declassato da Standard & Poors da AAA-movie a B-movie



OGNI RICCIO UN RACCAPRICCIO
Sottoproduzione homevideo scartata dal mercato planetario. Una zanzara famelica ricreata sottovitro, e fuggita da un laboratorio di sperimentazione genetica, infetta una comunità di ricci selvatici di stirpe bastarda. Le conseguenze saranno, come da titolo, raccapriccianti; gli animaletti trasfigurati aculeiranno, succhiandosi litri di cervello con atroce, agopunturistica metodologia, l'intera regione.




CENTOCHIODI GORE
Seguito dell'originale olmiano con sempre protagonista Degan assurto a protagonista dell' exploitation gore, alle prese con la redenzione del mondo inchioderà con cento chiodi a cranio ogni sventurato sulla sua strada spargendo budella in ogni dove. 
La versione 3D sperimenta l'innovativo spargimento di frattaglie in platea.


LA CASA SULLA COLLINA DALLE FINESTRE NON DEDUCIBILI CON IL DL 446 PER IL RISPARMIO ENERGETICO
Cinque ragazzi persi nel bosco arrivano alla casa del titolo, quattro moriranno tra atroci torture, sventrati, scorticati, smolecolati e dati in pasto a pantegane ottuagenarie dalla dentatura sifonata, finendo orrendamente mutilati, ma sempre nell'ottica di un'eco compatibilità di fondo. Si salverà solo l'ultimo che, in qualità di consulente fiscale, garantirà al padrone di casa di intascare svariati milioni sfruttando deducibilità inenarrabili. 




CA-SAW-NOVA
Il più grande seduttore veneziano dal '700 in poi alle prese con uno scenario grandguignolesco: complice la sua passione per l'alchimia, rinchiude diverse dame della nobiltà lagunare, alla faccia degli inquisitori che lo braccano, in un raffinato prequel della famigerata saga Saw costringendo le sventurate in un torture porn da laidi contorni mentre sorseggia, con vista su navi da crociera in laguna, un gustoso proto Bloody Mary confezionato con piastrine scadute tra olezzi abominevoli percepibili in 4D .





L'HOSTEL DELLA GIOVENTU' BRUCIATA
Micidiale escalation di violenza gratuita in un alberghetto della Val di Susa, dove un, apparentemente innocuo, commercialista nano svizzero scatena la sua ferocia disumana dopo aver constatato l'assenza del bidet nella sua singola. Di notte devasterà col lanciafiamme l'intera regione deturpando e riducendo ad arrosticini umani soprattutto donne e bambini con effetti digitali da ribrezzo, e di giorno si finge un volenteroso attivista no-tav partecipando alle ricerche della carogna assassina, mentre saccheggia alberghi e bed & breakfast coi compagni di bisboccia.


LA LIBRERIA PROIBITA CHE NOLEGGIAVA I LIBRI SENZA LE PAGINE ALLA BIBLIOTECA DIMENTICATA DOVE I LIBRI PRESTATI NON TORNAVANO MAI
Horror, metafisico e metà trucido, dove le bibliotecarie spezzettate e strangolate vengono riconosciute solo dal segnalibro che divide il fegato dalla cistifellea.









sabato 2 novembre 2013

LA RIVINCITA DEL PIDOCCHIETTO...

Prendo spunto da una notizia della free press romana, che parla delle sale indipendenti romane, cinemetti da una sessantina di posti, associazioni private, miniclub; 


soprattutto salette parrocchiali che scovano ossigeno rigenerandosi e facendo ricca concorrenza a quei quei tre/quattro colossi di multisala (ed altri ne stanno sorgendo) che dettano legge sul territorio comunalprovinciale romano, 


smistando al volgo rassegne - o presunte tali - d'essai, cinema d'autore od anche solo residui di festival altrimenti impiazzabili.
Fanno veramente trend? Possono sopperire ad una richiesta di “cinema” che sempre più difficilmente si indirizza verso i circuiti convenzionali dove tra un po' (tra occhialetti 3D, pop corn e benzina) toccherà fare un leasing per assistere ad un film?


E che si è pure stufata di scaricare video approssimativi in rete dove audio e video presentano la stessa qualità dei superotto che giravamo nella preistorica infanzia?

Evidentemente si.

Il riferimento specifico è al Cinema Dei Piccoli, in piena Villa Borghese a Roma, che ha ricevuto dal Guinness World Records il riconoscimento di “cinema più piccolo del mondo” (record che sto insidiando direttamente nel salotto di casa mia, con la mia sala ad 1 posto: l'Uci Globe Lampur Theatre.. eh eh..):


Questo romano è un omaggio trasversale ai vecchi, puzzolosi, scricchiolanti pidocchietti parrocchiali che stanno vivendo una reale e proficua seconda giovinezza, a forza di rassegne più o meno di classe ed a prezzi realmente popolari.



Del resto ce la vedete una coppia di settantenni imbarcarsi in autentici viaggi per raggiungere l'ultimo grido di multisala, animata di famelico 3D, e sensorround in grado di fondere anche gli amplifon più testati?  Io mica tanto...  ;)




mercoledì 30 ottobre 2013

L'AQUILA: ZONA ROSSA 2009 - 2011 - 2013


Vibrazioni da scossa tellurica. Sensazione provata solo da lontano finora.
Da molto lontano. Ed anche se affievolita dalle distanze, sconcerta avvertire quell'assenza di stabilità, quella perdita di controllo pur infinitesimale rispetto a chi ha vissuto sulla propria pelle convulsi epicentri.

Stasera, invece, passeggio accorto, in prima persona, come un marziano sperduto, nel “dopo” L'Aquila.
Un dopo che oltrepassa i due anni. In un centro città cristallizzato.



E l'immaginario per quel disagio messo alla prova solo da sfumato rimbalzo, assale impietoso.

Una, due, più scosse pazzesche hanno rimescolato terra ed anima fossilizzando, poi, il Tempo a seguire.

Camminare in quel silenzio col solo rumore dei passi che assorda, i pensieri stessi che rimbombano, la bocca aperta e gli occhi increduli risuona anomalo, atmosfera da tracciolino di monte impervio, ma lì spesso c'è aria irrequieta a sfidare l'immutabile.

Non ora.



Attorno solo un presepio silente, vicoli colmi di fantasmi, ragnatele saldate, polvere incollata.
Anche nelle vie (ri)aperte radi passanti in rapido, distratto, transito.
Senza sguardi.
Del resto, anche se sgrani gli occhi per un qualcosa mai visto, non sei tu ad osservare.
E' quel presepio dal fiato interrotto che ti spia l'anima e ti scava dentro.
Un mondo bloccato a quel 6 aprile che brucia le percezioni, che chiede perché.



Strade scorticate, un Titanic sommerso nell'aria immobile anch'essa, dove avverti, remoto eppure prossimo, un incantesimo di tracce appese, clamore e suono di città viva, strepito, musiche, frenesia cittadina, voci, movimento come sotto cenere; tutto stoppato nell'abbandono, insegne spente, vetrine sospese, portoni incatenati, finestre come bulbi oculari svuotati, su facciate mute.

Vita murata.

Un'impotenza di energia che sembra (ri)chiedere spazio e nuova dimensione quasi cosciente di non potercela fare.



L'Aquila che non crolla”, leggi su miriadi di manifesti - come a darsi nuova forza - che germogliano tra gli spigoli crepati in quell'ammasso di nulla che non batte ciglio;
ancora su come per un ultima, eterna, sfida a definitiva memoria.

Non crolla ma neanche respira.

E mentre sei attutito d'irreale, un solitario battito d'ala di piccione intimorito dal tuo osare riecheggia in un vuoto cosmico.

Vuoto che ti si è scavato dentro.




Volevo fotografare.
Ero partito come per una gita. (“vado a fotografare le macerie”).
Non ce l'ho fatta.

E torno un po' maceria anch'io.
Marte andata e ritorno.
Scosso dentro e fuori.

Nessuna fotografia (mia)

Ma nulla che potrò comunque dimenticare.


p.s. scrivevo queste righe due anni dopo il sisma, nel 2011, in una sorta di visione incredula ed allucinata. 
Non sono più tornato a L'Aquila, ma testimonianze mi parlano di impotenza e rassegnazione. 
Tra progetti e promesse anche il Mit di Boston ci sta mettendo le mani, ma i tempi sembrano biblici...  
che rimanga (definitiva) memoria, intanto.