E
Checco azzecca il film. Il suo film, ovviamente. Leggo in giro
disquisizioni semifilosofiche su l'opportunità di certe pellicole,
ma in realtà, personalmente, ho trovato quello che cercavo: una
storia che filasse senza farci storcere troppo il naso
(in questo
senso, ad esempio, l'aggancio tra un mondo di poveracci e quello del
jet set risulta creativo ed efficace - una chicca l'incontro col
bambino affetto da mutismo selettivo -)
ed una scorpacciata di
battute delle quali almeno una decina da farti ribaltare in
poltrona; poi resta lo Zalone conosciuto, dalla canzoncina facile ma
simpatica, dalle smorfie magari reiterate, a metà tra Mr. Bean e
Jerry Lewis, dall'attacco vellutato alle storiche storture nostrane,
ma con il buonismo di fondo incartato di italica carognaggine, come
quando in fase di ricco svago su un lussuoso yacht
si rivolge al
figlio indottrinandolo: “Pensi sia questa la felicità? No!! La
felicità è quella!!” Indicandogli un panfilo da paura a poca
distanza... “Questi so' poveracci.. è là che dobbiamo puntare!!”.
Non è
invece accaduto con l'ultimo Albanese che ha toppato tutti i tempi
comici diluendo uno sketch da dieci minuti in due ore, senza
strapparmi la minima risata.
Checco non
ti fa rifiatare invece, punta alla pancia, accosta vizi e pregiudizi
e preme l'acceleratore sulla battuta (“Buongiorno siamo di
Equitalia” “Mi dispiace, qui siamo tutti cattolici” è veloce,
fulminante, ti stende e devi importi di smettere di ridere per non
perderti la successiva).
Zalone
conosce le tattiche e gli incastri, smuove la pietas ed il paradosso,
dove non parla smorfieggia, altrimenti canticchia, sfrutta a dovere
tutte le spalle comprimarie (anche se da Paolini mi aspettavo
qualcosa di diverso e di più), fa a pezzi miti idealizzati come guru
e psicologi con insistite bordate, si muove con naturalezza lungo
l'Italia guasta e quella sana salvando istituzioni come la famiglia
ma lasciandosi andare a pistolotti imprenditoriali vagamente retrò
(anche se spesso tutto è propedeutico alla battuta finale, ai tanti
che rimangono perplessi non voglio ricordare Plauto ma certo è che
Zalone non inventa nulla, ma adatta e coglie controsensi con
indubbia abilità).
Checco
adegua in velocità la sua inadeguatezza alle circostanze, ed è
questo il paradosso migliore, il contrasto che istilla la risata
naturale, la sua risorsa principe.
Ci fa
sganasciare tirando in ballo anche un dramma come l'eutanasia dove
altri, troppi altri (magari lucrandoci), riescono a leggere solo
tragedia.
Ho visto i primi due film (il secondo al cinema) perché comunque apprezzo tantissimo il regista e scrittore Gennaro Nunziante, che conosco e amo dai tempi di Toti & Tata, ad oggi, per me, gli unici ad avermi fatto davvero RIDERE :)
RispondiEliminaZalone in ogni caso è un personaggio azzeccato, si può dire figlio della comicità di Toti & Tata, dopotutto ne condivide l'ideatore.
I primi due film mi sono piaciuti, mi hanno ricordato le commedie degli anni '90, quando ancora si poteva diventare cult :)
Questo lo vedrò appena posso, sicuro di farmi due risate^^
Moz-
massì, già i primi due mi avevano divertito parecchio e prima o poi mi sganascerò pure con questo...
RispondiEliminainutile filosofeggiare: se questo film fa ridere ha raggiunto il suo scopo e quindi è da promuovere. E a me Zalone fa ridere dai tempi di Zelig..
RispondiElimina...a proposito di cinepanettoni...
RispondiEliminao limitrofi...
ciò detto lo vedrò di certo, sono becera in fatto di gusti lo grido ai 4 venti!