martedì 15 ottobre 2024

PERCHÉ NON BALLATE?

 


Leggere Carver, e rileggerlo. E ogni volta a scoprire righe non scritte, periodi sottintesi, paragrafi sottaciuti, capitoli accennati, intere storie che fanno appena capolino, protagonisti che neanche si affacciano.
Un minimalismo che ha fatto scuola, che può rendere un racconto breve più intenso di un’intera opera narrativa; perché dobbiamo collaborare, percepire, diventare storia, leggere ad ogni riga le dieci non scritte, ogni allusione e i suoi dieci indizi confusi, ogni dettaglio e la sua narrazione a sostenerne le radici.
Perché non ballate? Indica Carver. Dovete anche leggere però, ad ogni traccia sospesa.
Perché non leggete?

Un racconto di Carver sta a noi, non a lui. 

 

Perché non ballate?

In cucina si riversò da bere e guardò la camera da letto sistemata sul prato davanti a casa. Il materasso era scoperto e le lenzuola a righe bicolore erano piegate sul comò, accanto ai due cuscini.
A parte ciò, aveva lo stesso aspetto di quando stava al chiuso – comodino e lampada da lettura dalla parte di lui, comodino e lampada da lettura dalla parte di lei.
Di lui, di lei.
Ci pensò un po’ su mentre sorseggiava il whiskey. Il comò era a poca distanza dal fondo del letto.
Quella mattina ne aveva svuotato i cassetti e sistemato il contenuto in scatoloni, che adesso erano in soggiorno.
Accanto al comò c’era una stufa portatile. Ai piedi del letto, una poltroncina di vimini con un cuscino.
La cucina di alluminio lucido occupava parte del vialetto d’ingresso.
Una tovaglia di mussola gialla, troppo grande, un regalo, copriva il tavolo e pendeva tutt’intorno.
Sul tavolo c’era un vaso di felci e più in là un cofanetto di argenteria, un altro regalo.
Un grosso televisore a console poggiava su un tavolino basso e, a poca distanza, c’erano un divano, una poltrona e una lampada a piantana.
Aveva tirato una prolunga dalla casa e tutti gli apparecchi erano collegati e funzionanti.
La scrivania era contro la porta del garage. Sul suo piano c’era qualche utensile, un orologio da parete e due stampe incorniciate.
Sempre nel vialetto, c’era uno scatolone pieno di tazze, bicchieri e piatti, ciascuno avvolto in una pagina di giornale.
Quella mattina aveva svuotato gli armadi e ora, a parte i tre scatoloni in soggiorno, ogni cosa era fuori dalla casa. Ogni tanto una macchina di passaggio rallentava e la gente guardava incuriosita.
Ma nessuno si fermava.
Gli venne in mente che non si sarebbe fermato neanche lui.
– Oh Signore, dev’essere una svendita, – disse la ragazza al ragazzo.
I due stavano arredando un piccolo appartamento.
– Vediamo quanto chiedono per il letto, – disse la ragazza.
– Chissà quanto vogliono per quel televisore, – disse il ragazzo.
Entrò nel vialetto e fermò la macchina accanto al tavolo della cucina.
Scesero e cominciarono a esaminare gli oggetti. La ragazza toccò la tovaglia di mussola.
Il ragazzo accese il frullatore e lo regolò su trita.
Lei prese uno scaldavivande. Lui accese il televisore e cominciò a sintonizzarlo con cura.
Sedette sul divano a guardare qualcosa. Si accese una sigaretta, diede un’occhiata in giro e gettò il fiammifero nell’erba. La ragazza si accomodò sul letto. Scalciò via le scarpe e si sdraiò.
Riusciva a vedere la stella della sera.
 – Ehi, Jack, vieni qua. Prova un po’ il letto. Prendi uno di quei cuscini, – disse. – Com’è? – chiese lui. – Provalo, – fece lei. Lui si guardò intorno. La casa era buia. – Mi pare un po’ strano, – disse.
– Meglio vedere se c’è qualcuno in casa. Lei rimbalzò sul letto. – Prima provalo, – disse.
Lui si distese e si mise il cuscino sotto la testa. – Allora, che te ne pare? – chiese la ragazza. – Sembra sodo, – disse lui. Lei si girò su un fianco e gli mise le braccia attorno al collo. – Dammi un bacio, – gli disse. E lui: – Dai, alziamoci– Baciami. Baciami, tesoro, – disse lei.
Chiuse gli occhi. Lo teneva stretto. Lui dovette aprirle a forza le dita.
Disse: – Fammi vedere se c’è qualcuno in casa, – ma si limitò a mettersi a sedere. Il televisore era ancora in funzione. Qualche luce si accese nelle case lungo la strada. Il ragazzo era seduto sul bordo del letto. – Non sarebbe divertente se… – disse la ragazza, e sorrise senza finire la frase.
Lui rise. Accese l’abat-jour. Lei scacciò una zanzara.
Lui si alzò e si sistemò la camicia nei pantaloni.
– Guardo se c’è qualcuno in casa, – disse.
– Secondo me non c’è nessuno, ma se ci sono gli chiedo quanto vengono queste cose. – Qualsiasi cifra ti chiedano, offri dieci dollari di meno, – disse lei.
– Mi sa che sono disperati o giù di lì. Seduta sul letto, si mise a guardare la Tv. – Tanto vale che alzi il volume, – disse, ridacchiando.
– Il televisore non è male, – disse lui. – Chiedigli quanto viene, – disse lei. Max arrivò lungo il marciapiedi con una busta del supermercato.
Aveva panini, birra e whiskey.
Era tutto il pomeriggio che beveva e ormai aveva raggiunto il punto in cui l’alcol che mandava giù sembrava cominciare a schiarirgli le idee.
Ma c’erano anche dei momenti di vuoto.
Si era fermato al bar vicino al supermercato, si era messo ad ascoltare una canzone al jukebox e, non sapeva come, si era fatto buio prima che si ricordasse delle cose fuori sul prato.
Vide la macchina nel viale e la ragazza sul letto. Il televisore era acceso.
Poi vide il ragazzo in veranda.
Cominciò ad attraversare il prato. – Salve, – disse alla ragazza. – Hai trovato il letto.
– Salve, – disse lei. – Lo stavo giusto provando –.
Diede qualche pacca sul materasso. – Non c’è male come letto. – Sì, un letto niente male, – disse Max.
– Cos’altro volevo dire? Sapeva di dover dire altro.
Mise giù la busta e ne tirò fuori la birra e il whiskey.
– Credevamo non ci fosse nessuno, – disse il ragazzo. – Ci interessano il letto e forse il televisore. Magari anche la scrivania.
Quanto vuole per il letto? – Per il letto pensavo cinquanta dollari, – disse Max. – Le vanno bene quaranta? – disse la ragazza. – Quaranta, d’accordo, – disse Max.
Prese un bicchiere dallo scatolone, lo liberò del giornale e aprì la bottiglia di whiskey. – E il televisore? – disse il ragazzo. – Venticinque. – Le vanno bene venti? – disse la ragazza.
– Venti, sì. Mi vanno bene venti, – disse Max. La ragazza lanciò un’occhiata al ragazzo. – Volete bere qualcosa, ragazzi? – chiese Max.
– I bicchieri sono in quella scatola. Io mi siedo un attimo.
Mi siedo qui sul divano.
Si sedette sul divano, si appoggiò allo schienale e li fissava. Il ragazzo tirò fuori due bicchieri e versò il whiskey. – Quanto ne vuoi? – chiese alla ragazza. Avevano solo vent’anni, il ragazzo e la ragazza, tra loro c’erano un mese o due di differenza. – Basta così, – disse la ragazza. – Mi sa che nel mio ci voglio un po’ d’acqua. Tirò fuori una sedia e si sedette al tavolo della cucina. – L’acqua è in quel rubinetto lì, – disse Max. – Apri quel rubinetto. Il ragazzo allungò il whiskey, suo e della ragazza, con dell’acqua.
Prima di sedersi anche lui al tavolo della cucina si schiarì la gola. Poi sorrise.
Sopra di loro gli uccelli sfrecciavano a caccia d’insetti.
Max fissava lo schermo del televisore. Si scolò il bicchiere.
Allungò una mano per accendere la lampada a piantana e la cicca gli cadde tra i cuscini del divano.
 La ragazza si alzò per aiutarlo a trovarla. – Vuoi qualche altra cosa, tesoro? – disse il ragazzo.
Tirò fuori il libretto degli assegni. Versò altro whiskey per se stesso e per la ragazza. – Oh, voglio la scrivania, – disse la ragazza. – Quanto costa la scrivania?
Max agitò la mano per scacciare quella domanda ridicola. – Di’ una cifra, – disse.
Li guardò lì seduti attorno al tavolo.
Alla luce della lampada c’era qualcosa di speciale nell’espressione dei loro volti. Un’aria di cospirazione, per un attimo, che poi però si trasformò in un’espressione tenera – non la si poteva definire altrimenti.
Il ragazzo le sfiorò una mano.
– Adesso spengo il televisore e metto su un disco, – annunciò Max.
– Anche il giradischi è in vendita. A poco. Dite una cifra.
Si versò altro whiskey e aprì una birra.
– Tutto in vendita.
La ragazza gli porse il bicchiere e Max le versò altro whiskey. – Grazie, – disse lei. – Dà subito alla testa, – disse il ragazzo.
– Già comincia a girarmi. Finì di bere, fece una pausa e poi se ne versò un altro. Stava scrivendo l’assegno quando Max trovò i dischi.
– Scegli qualcosa che ti piace, – disse Max alla ragazza, porgendole i dischi.
Il ragazzo continuava a scrivere. – Ecco, – disse la ragazza, indicando un disco.
Non conosceva i nomi sulle copertine, ma non importava.
Era un’avventura.
Si alzò dal tavolo, però poi si rimise a sedere. Non voleva starsene seduta lì ferma. – Lo faccio al portatore, – disse il ragazzo, che continuava a scrivere. – Benissimo, – disse Max. Si scolò il whiskey e subito dopo un po’ di birra.
Si riaccomodò sul divano e accavallò una gamba sull’altra. Bevvero. Ascoltarono il disco fino alla fine.
Poi Max ne mise su un altro.
– Perché voi ragazzi non ballate? – disse Max.
– È una buona idea, no? Perché non ballate?
– No. Non mi pare il caso, – disse il ragazzo. – A te va di ballare, Carla? – Coraggio, – disse Max. – Il vialetto è mio. Ci potete ballare.
Abbracciati, i corpi stretti l’un l’altro, il ragazzo e la ragazza si spostarono su e giù per il vialetto. Ballavano.
Appena finì il disco, la ragazza invitò Max a ballare. Era ancora senza scarpe.
– Sono brillo, – disse lui. – Ma no che non sei brillo, – disse la ragazza. – Be’, io lo sono, – disse il ragazzo.
Max cambiò lato al disco e la ragazza gli si avvicinò.

Cominciarono a ballare. La ragazza lanciò un’occhiata alla gente che si era affacciata al bovindo della casa di fronte. – Quelli là. Ci stanno guardando, – disse. – Va bene? – Va bene, – rispose Max. – Il vialetto è mio. Possiamo ballare.
Credevano di averne viste di tutti i colori quaggiù, ma questa non l’avevano ancora vista, – disse.
Dopo un po’ sentì l’alito caldo di lei sul collo e disse: – Spero che ti piacerà il tuo letto. – Senz’altro, – disse la ragazza. – Spero che piacerà a tutti e due, – disse Max. – Jack! – disse la ragazza.
– Svegliati! Jack si reggeva il mento e li guardava assonnato.
– Jack, – ripeté la ragazza. Aprì e chiuse gli occhi.
Affondò il viso nella spalla di Max.
Si strinse di più a lui. – Jack, – mormorò.
Guardò il letto e non riuscì a capacitarsi di cosa ci facesse in mezzo al prato. Alzò gli occhi al cielo sopra la spalla di Max.
Gli si aggrappò. Si sentiva piena di un’insopportabile felicità.

In seguito la ragazza disse: – Il tizio era di mezz’età. Tutti i suoi averi erano sparsi lì sul prato. Non scherzo mica. Ci siamo ubriacati e abbiamo cominciato a ballare. In mezzo al vialetto. Oh Signore! Non ridete. Ha messo su dei dischi.
Guardate questo giradischi. Ce l’ha regalato lui.
Anche questi vecchi dischi. Jack e io abbiamo dormito nel suo letto. La mattina dopo Jack soffriva dei postumi della sbornia e ha dovuto prendere un carrello a nolo.
Per portare via tutta quella roba del tizio.
A un certo punto mi sono svegliata. Ci stava mettendo una coperta addosso, quel tizio. Questa coperta. Sentite qua. Continuava a parlare. Raccontò la storia a tutti.
C’era dell’altro, lo sapeva, ma non riusciva a metterlo in parole. Dopo un po’, smise di parlarne.

 


33 commenti:

  1. eh sì, il non detto dobbiamo mettercelo noi, oppure no perchè aggiungere sa quasi di pettegolezzo. Va bene così, sa solo Carver cosa è successo, ma lui non ama spettegolare :)
    massimolegnani

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    1. Alcuni esempi di altri racconti o romanzi interi appena accennati e proprio tutti qua sopra:
      "Di lui, di lei" (una storia immensa di dolore, amore, rimpianto, sottolineata così, in quattro parole. Saremo noi a venirne a capo, se vogliamo)
      "Gli venne in mente che non si sarebbe fermato neanche lui" (il destino lo sta affrontando di faccia, mettendo in piazza una vita. La scorgiamo questa determinazione?
      "Il vialetto è mio. Possiamo ballare" Il racconto è mio, tutta questa nuova vita è mia, ma l'interpretazione è vostra ragazzi, il perché si arriva qua è una pagina che potete scrivere voi)
      "Ci stava mettendo una coperta addosso, quel tizio" (sapeva, sperava che avrebbe funzionato altrove, ancora e meglio magari, quindi ci è venuti praticamente a cercare, come voi lettori state afferrando il tra le righe..)


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  2. geniale questo racconto: l'idea di rendere accessibile a tutti l'interno della casa è in certo senso catartica!!!

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  3. A me il minimalismo piace e spesso preferisco una scrittura più asciutta ad una più ridondante.

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    1. Carver è per te allora, e anche la tua scrittura spesso rende un validissimo omaggio al percepito e al non detto; accenni di atmosfere, assaggi di tumulti emotivi..

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  4. qui da nojos niente garage sale, occorrono come minimo 10 timbri dei vari caporioni appostati nelle tenebre per spezzar le reni ai mortidifame, però con un po' d'immaginazione

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    1. La burocrazia ci opprime, con un mercatino all'aria aperta arrivano prima i vigili, poi la polizia, poi la guardia di finanza, poi i carabinieri, poi il messo giudiziario, poi la protezione civile, infine la bionda con le accise che le avanzano..

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  5. Lo stile realista minimalista non è mai stato nelle mie corde, anche se l'autore si chiama Carver. Preferisco una scrittura meno distaccata, più "coinvolta", con maggiori sbalzi narrativi, per così dire.

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    1. Il bello è quando ti accorgi che te li lascia a te lettore gli sbalzi narrativi.. allora me lo scrivo da solo, dirai.. ;)

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  6. Mi hai colto in castagna, non ho letto molto di Carver, ed in effetti non amo molto gli scrittori statunitensi, con le dovute eccezioni come Kent Haruf o Steinbeck, preferisco i sudamericani, più sangre ed esagerazione. I fanfarones, come li chiamiamo a casa nostra. Li trovo, benché eccessivi, più carichi di vita

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    1. Qua inaffi èun apparente festival dell'ineccessivo, dove il racconto te lo devi completare da solo, un protoIkea letterario insomma.. ;)

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  7. a farlo apposta non si riuscirebbe :)
    rospetto balletto :)))
    ciao

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  8. A me piace e andrò a cercarmi qualche libro di questo scrittore. Grazie, un abbraccio grande :)

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  9. Ho conosciuto Carver con quel racconto , il primo del libro "Di cosa parliamo quando parliamo di amore", la raccolta di racconti più dibattuta, dopo l'intervento massiccio del buon editor Lish. Ne scrissi un post anni fa, perché possedendo anche "Principianti", che è il titolo originale dato alla raccolta, mi interessava studiare i passaggi dalla narrazione di Carver a quella falcidiante di Lish. Il minimalismo di Carver ha fatto scuola e può piacere o non piacere, ma è indubbio che tanti sono i tentativi di imitazione, pochi quelli riusciti (io veramente non ne conosco ma ci saranno, immagino). Questo è uno dei miei racconti preferiti, insieme a "La calma", "Distanza" e il fantastico "Dì alle donne che usciamo" con quel finale spiazzante.

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    1. Lish l'ha sfrondato anche troppo.. con me non l'avrebbe passata lish ..(battuta pessima lo so.. ma, a difetti, non sono affatto minimalista.. ahah)

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  10. Io di Carver ho adorato letteralmente "Cattedrale"

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    1. Carver affascina , incanta, destabilizza anche, inquieta..

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  11. Ho divorato tanti libri, ma di Carver non ho letto nulla. Ne vale la pena conoscerlo? Ciao Franco, un abbraccio!

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    1. Potrei dirti solo se ti ispira la narrativa breve.. ma contraddirei il post, poiché in un raccontino di Carver pullulano romanzi in embrione, un po' come in Manganelli..

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  12. Risposte
    1. di nuovo in viaggio?
      lieto giorno

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    2. In viaggio per analisi, istituti, etc.. oggi tampone.. lunedi port.. (e non spiego cos'è..)

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  13. Devo dire che non ho mai letto i suoi libri ma, da queste poche righe, nasce l' impressione di un autore minuzioso e attento al particolare. Deve essere proprio per questa ragione che, leggendolo e rileggendolo si coglie sempre qualcosa di nuovo. Qualcosa che forse, distratto da altre, non avevi colto al primo impatto.

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    1. Una caccia al tesoro sempre fruttuosa.. una delle chiavi di certo fertile minimalismo..

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  14. Non conoscevo questo autore, ma, leggendo questo racconto, sono curiosa di leggere qualcos'altro.Molto interessante!

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  15. Non ho mai letto nulla dell'autore.Dovrò colmare questa lacuna.Notte

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  16. Questo racconto non lo conoscevo. Lo devo leggere con la calma necessaria. Buon sabato!

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    1. Buon weekend a te carissima.. mi raccomando i tra le righe, gli accenni, i passati, i futuri, i presenti ingombranti, come mobili che impicciano..

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  17. Arrivo sempre felice di leggere le parole che mi fai conoscere. Appena avrò terminato la lettura dei libri che ho comperato un mese fa cercherò di conoscere lo scrittore che hai suggerito! Mi piace!! Prendo nota. Qui stranamente piove....ma pensa un po' : Sai il mio papà mi ha insegnato a ballare! "quei balli antichi che nn usano più..." Poi Paolo 1,84 io 1,60 scarsi " restammo seduti! A onor del vero Paolo nn ha ancora oggi il minimo senso del ritmo ecc. Franco nn ti pare che la nostra bella lingua italiana oltre che cantata vada anche scritta senza ricorrere ad altre lingue? Ciao Franco Buona Domenica!!! e...bacio

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