Confesso.
Erano anni che non mi sorbivo
tanta fuffa tutta insieme. Storia fuffosa, pretesti fuffosi, personaggi
fuffosi, set fuffoso, dialoghi fuffosi.
Andava proiettato in Fiera non al cinema
questo festival del nulla vestito da pseudoparacinema.
Servillo ormai si sta specializzando,
serve solo da maschera buffa.
Lo puoi vestire da dandy, da prete, da
giocatore di poker, allenatore di football.
Sempre quell'espressione tiene su.
Faccia da schiaffi.
Gli altri pupazzi di questo presunto G8
in versione macroeconomica invece, li prenderesti anche a calci. Protagonisti,
comprimari e comparse. Tutti con in comune una recitazione approssimativa,
coadiuvata anche dalla vacua sceneggiatura feisbucchesca che ci intossica per
estenuanti sequenze. Si salva giusto il cane. Doppiato bene almeno lui.
Ormai si è scatenata ‘sta gara al
sorrentinismo, al simbolismo lento, all’inquadratura farlocca, all’eleganza posticcia,
al dico e non dico, vedo e non vedo, dormo e non dormo (lo spettatore medio,
io).
“Thriller ambizioso” l’hanno definito.
Due termini lontani anni luce da quest’opera inopportuna.
Un’operetta fiacca, volutamente
indolente e lagnosa e dalla significanza appositamente oscura, col Servillo
certosino che confessa a casaccio e barcolla addirittura quando viene messo a
conoscenza delle Grandi Manovre degli otto fantocci banchieri (in teoria belve
affamate, questi manovratori del Denaro Mondiale, dipinti come burattini senza
nerbo). Una commediola tenuta su dai soliti cliché new age alla Osho, che scivola man mano in
quel grottesco che vorrebbe addobbare da supponente monito.
Il Dio Denaro governa il mondo e
dell’etica se ne sbatte.
Siamo basiti. Grazie per averci reso
edotti
C’è un’equazione ricorrente nella
pellicola, ed è quella che dovrebbe sconvolgere il Mondo, ma ad una sola
incognita nascosta tre la variabili, e cioè: è cinema questo di Ando’?
Riusciamo noi a fornire una soluzione
matematicamente certa: no.