domenica 31 gennaio 2021

LASCIAMO PERDERE

Lo avevo già scritto un post sul Lasciar Perdere. 

Potevo lasciarlo perdere? 

No.


Prendo spunto  da un fondo di Pippo Russo sull'Unità di qualche tempo fa:      "la parola è perdere".



"Da sempre perdere è metà della partita. Almeno se è un gioco vero. Che ci sia incertezza è condizione ineludibile. Altrimenti gioco non è"


E chi ci indica davvero in quale metà siamo? 
Quante perdite tentiamo di evitare o facciamo fatica a tamponare?
Quante volte perdiamo il biglietto vincente? 
La vita è un gioco a vincere o a non perdere? 
E dove, e come, “perdiamo”?

Perdere la faccia, perdersi d'animo, perdere le forze, perdere le staffe, perdere terreno senza perdere esperienza..

...poi c'è il perdersi di vista, il perdere la fede (anche in piscina),
perdere un telefono (anche solo un numero..), 
perdere le chiavi, la strada, l'occasione, il lavoro, le elezioni, l'appetito, la tramontana, il filo, i pezzi, la reputazione... e perdere l'amore o anche solo un film.

Perdere la metro che fila via, amici che credevamo tali, figli e genitori, fratelli e sorelle, sui quali avevamo posto speranze, puntato molto. 
Tutto perso prima o poi.
Come un  treno che ci lascia sulla banchina, 
persi a nostra volta, 

Fino a perderci la testa o rimanere coi vuoti.  
A perdere.

E' un continuo gran perdere questa vita, 
ma un perdere che accumulato per bene 
diventa ricchezza, coscienza, valore. 

Può diventare anche un post, 
magari da non perdere.. 






venerdì 29 gennaio 2021

LA TIGRE BIANCA - NETFLIX

 


Singolare combinazione tra The Millionaire (citato anche) e Parasite (più che citato) in questa pellicola cupa, caustica, drammatica e avvincente, dove un quadro di India devastante, corrotta, senza spina dorsale, viene evidenziato senza pietà ma con estremo raziocinio. La lucidità disincantata di Aravin Adiga, dal cui romanzo “La tigre bianca” è tratto il film,  frantuma il sogno dell’interclassismo e della raggiunta indipendenza, denuncia lo strapotere di ristrette caste a danno di tutte quelle inferiori, ridotte ad una cosciente servitù perenne, come i polli in gabbia che non cercano neanche di scappare di fronte allo spettacolo dei loro simili sgozzati, come fosse un disegno ineludibile. Rinchiusi in una stia perenne e senza via d’uscita, polli e uomini, senza nessuna prospettiva diversa. Anche se il palcoscenico è quello di una presunta nuova potenza mondiale, dove la mentalità rimane quella postcoloniale e le uniche variabili sono corruzione e servilismo.


Balran, protagonista, incastrato in un meccanismo perverso, cercherà di svestire i suoi panni, in una storia prigioniera di se stessa, dove lo spirito del servo, felice già solo di servire - dopo aver abbandonato il suo villaggio rurale di provenienza - suo malgrado, quando sente venire meno la fiducia, comincia a ragionare da tigre bianca, fuori dal coro; a sentire stretta quella gabbia nata e riconosciuta per anni come suo mondo. L’arroganza e la prevaricazione lo stritolano in meccanismi impietosi e perversi, che anziché evolverne il pensiero, lo riducono alla loro stregua, lo rendono servo anche dell’arrivismo, emulo del crimine, vittima di boria malata.

 “che valeva la pena sapere, anche solo per un giorno, anche solo per un’ora, anche solo per un minuto, cosa significa non essere un servo”

Non ci sarà redenzione o fuga o rivalsa. Solo la sconfitta comune, il medesimo rovescio della medaglia, una sindrome che accomuna servo e padrone in un tragico paradosso senza via d’uscita.



martedì 26 gennaio 2021

NOTTE IN OSTAGGIO


C'era una volta il Folletto del Sonno Altrui. 

Arricciava naso e orecchie al giungere dell'alba, mentre riponeva tutti i sogni che aveva distribuito, salutando una notte sfilacciata che a malapena ricambiava,  stanca e ritrosa, mentre se ne tornava esausta a casa. 

Lui avrebbe voluto giocare ancora con lei, narrarle di chimere e strani destini, ma l'ora era impervia, anche per il più tenace nottambulare. 

Ma tanto fece che ottenne di poter scambiare, almeno una volta, il giorno con la notte. 

E quel dì, all'alba, invece di albeggiare, rimase notte, seppur stravolta e un po' stizzita; e finì per offendersi anche l'alba,  perché quel giorno lo avrebbe dovuto attendere il doppio del tempo. 

S'innervosirono tutti. 

Solo io continuai a dormire, facendo uno strano sogno: 

c'era una volta il Folletto del Sonno Altrui...

domenica 24 gennaio 2021

ELOGIO DEL LIBRO

 

"Il nostro mondo riposa su scritti, su testi. L'uomo possiede un mondo a causa degli scritti in cui si trova"

(Emmanuel Lévinas)


Da un articolo di Elisabetta Sgarbi su L'espresso di qualche settimana fa: Chi perde una biblioteca perde il mondo. 

Dove si narra della scoperta della scrittura, scrittura come farmaco. "Un silenzio che non tace" come scriveva l'egiziano Nonno di Panopoli. Il libro custode di infiniti passati e meccanismo di prodigiosa creazione di mondi paralleli. 

Navighiamo tra le pagine come in un internet di altissima qualità e sempre nuova generazione, dove non subiamo la rete - limitandoci a scoprirla -, ma la creiamo, pagina dopo pagina, riga su riga, siamo noi a metterci in moto attraverso la scrittura, miccia (in)volontaria, scintilla magica.

Avere libri attorno mi rassicura,  rende sensibile la capacità di fuga, di uscire fuori senza muovere un passo, di viaggiare in pieno lockdown, di sfogliare il mondo, ascoltarne il profumo, possederlo davvero.

Scriviamo tutti, ma qualcosa mi suggerisce che potremmo leggere di più, e scrivere meglio.



"...i cinquecentonove scrittori scrivono ottomiladue romanzi, nei quali figurano dodicimila scrittori, in cifra tonda, i quali scrivono ottantaseimila volumi, nei quali si trova un unico scrittore, un balbuziente maniacale e depresso, che scrive un unico libro su uno scrittore, ma decide di non finirlo, e gli fissa un appuntamento, e lo uccide, determinando una reazione per cui muoiono i dodicimila, i cinquecentonove e l'unico autore iniziale, che ha cosi raggiunto l'obiettivo di scoprire l'unico scrittore necessario, la cui fine è la fine di tutti gli scrittori, compreso lui stesso, autore di tutti gli scrittori." 

Giorgio Manganelli CENTURIA (Adelphi 1995)

venerdì 22 gennaio 2021

MORIRE A DIECI ANNI


Mi ha stupito molto questa notizia di morte precocissima imputabile, sembra, a giochini social.

Mi sono deciso a scriverne principalmente per un motivo: non abbiamo figli. Quindi rischio di giudicare in maniera non obiettiva. 

Vorrei sapere cosa ne pensate voi, madri e padri. 

Vorrei che una vittima servisse ora a salvarne altre potenziali mille. 

Ho una nipote di dodici anni, senza cellulare.  Ma comprendo che non si possano addossare colpe all'uso indiscriminato di mezzi di comunicazione.

Capisco anche che non si possano addossare colpe, in generale.

Come quando una mamma o un papà dimenticano il neonato sul seggiolino in auto.

Le cause sono infinite e le variabili altrettanto.

Ma da "fuori", da non genitori intendo, viene da pensare che tutti dovremmo fare un passo indietro, per scongiurare una deriva che sembra non scorgere limite all'orribile.

martedì 19 gennaio 2021

PROCIDA CAPITALE DELLA CULTURA 2022


C’è una piazzetta appena accennata

come t’inerpichi per l’isola,
accorda le eco della marina
che vanno ad arruffarsi nell'acciottolato
e ne pettina le armonie,


disincaglia i toni dismessi
e rispedisce al mare
- imbevuto di brezza -
un suono di silenzio che fissa ogni tremore
e scolpisce le vene.


Mi siedo ancora qui stasera.
A farmi spiare dai viottoli.

Scritta d'inverno, quando un'isola diventa tua, e tu divieni suo.
Scritta d'inverno, quando la scoprii per lavoro, per caso.
Che poi, io, nonostante adori le isole, Procida non l'avevo neanche in programma. Probabilmente per questa suo starsene in disparte, all'ombra di isole ingombranti e forse anche prepotenti.
Sorellastra minore di Ischia e Capri, ma di una bellezza altera assoluta e magnifica, che Anastasia e Genoveffa non potranno mai esibire, ammucchiate di folla che tracima.

Questo annuncio di Procida Capitale Italiana della Cultura per il 2022 è una notizia che mi riempie davvero di gioia,
e vi rimando anche qui , per un omaggio estivo alla mia seconda isola italiana preferita. ;)

lunedì 18 gennaio 2021

NON E' UNA RICETTA


 ..o meglio, non vuole essere una ricetta di quelle che spesso si leggono, tipo la tortina allo zenzero  o lo spaghettino al dente della nonna campagnola.

La mia è stata una botta di filosofia gastronomica, l'affrancamento definitivo dai vincoli lavorativi, l'azzardo verso scenari fino ad ora inconcepibili.

Iniziamo a cucinare sul serio, con la pensione, ma non un biscottino qualsiasi, bensì l'emblema del Natale di gola, l'archetipo di ogni dolce: il panettone.



Qualcosa di stra complicato ed elaborato, non tanto per la preparazione (anche se vi voglio senza impastatrice  e senza planetaria) ma per la pazienza e la dedizione.

24 ore di delicato accudimento per incordare la pasta e farla riposare ad intervalli precisi.

Una corte accorata e spietata. La lusinga degli ingredienti, l'adulazione di tutto il tempo necessario, le coccole di sguardi attraverso il forno, le ore piccole senza neanche un accenno di sonno.



Non vi darò ingredienti, pesi,  misure, qualità di farine, consistenza dei canditi, eccellenza del burro.

Nulla di tutto questo.

Non serve materiale per creare un preparato che hai sempre, e solo sognato, uscisse dal tuo forno 

Serve amore.

Q.B.