domenica 20 ottobre 2013

FATE LA CARITA'


Stamattina al semaforo si è avvicinato alla macchina un povero cristo, probabile extracomunitario,
apparentemente oltre i cinquanta, male in arnese, barba incolta, mano tesa ed un consunto sorriso supplichevole.

Io ho restituito solo il sorriso facendo cenno di non avere nulla di spiccio, 
la ragazza che guidava l'auto a fianco ha precipitosamente tirato su il finestrino scurendo in viso e ribadendo distanze ben determinate da censo, rapporti sociali, dotazione vestiaria, studi frequentati e scale alimentari; 






l'automobilista dietro, invece, gli ha gridato qualcosa del tipo mavaialavorareinvecedirompereallagenteperbene
dallo specchietto poi ho visto l'autista di un tir immediatamente a seguire, porgergli una moneta probabilmente, ricevendo in cambio un sontuoso saluto ed un proliferare di ringraziamenti moineggianti.

Quattro diversi comportamenti che mi hanno lasciato pensare.


Alla lontana (e forse neanche tanto) anche noi elemosiniamo consensi sui nostri blog, nel nostro questionare quotidiano, in una gestualità virtuale che spesso parla per noi.

Ed anche noi riceviamo oboli, cazziate, adesioni, indifferenze, prese in giro, avalli, sorrisi, porte in faccia.





E reagiamo scompostamente a seconda che ci si accostino bendisposti o tentino di lavarci il parabrezza del post con commenti sporchi di grasso, oppure ci ignorino alla grande... 

piccolo è il mondo... 

pochi comportamenti traslati nella vita di ogni giorno perseverano regolando l'universo...

piccole ipocrisie, minimi egoismi, aridi interessi, maldicenze da quattro soldi tanto per riempire spazi e tempi vuoti.



Sarà sicuramente semplicistica ed ingenua come visione: ma, forse, qualche spiccio, anche di pensiero, di autocritica, di perdono; dovremmo riuscire a trovarlo sempre...
in ogni occasione...

(o magari qualche tessera telefonica, 


come ci è di esempio Papa Francesco con l'omaggio agli immigrati di Lampedusa...)



MA LACRIMA DI VENTO

Il sole ha bussato con prepotenza
stamane,
dopo che pioggia e vento
si erano scambiati per ore
epiteti impronunciabili.












Sono solo.
Non ho folletti oggi.
Neanche un’eco, un soffio.

Un involucro svuotato,
dal maldestro ferirsi
di pensiero inquieto.

Vorrei forse addomesticare
gli intrighi interiori
- grovigli disordinati -,
ma non riesco.



Non esiste vortice
di volontà,
ma lieve gorgoglio
non burrasca
ma lacrima di vento.

Tutto svanisce
nel nulla più vuoto.



Un pomeriggio lungo come una stagione
si è trascinato silenzioso
e la sera ne ha scolorito le
ultime frange lacerate.

Neanche Dio è venuto a trovarmi,
oppure c’era,











ma è scivolato via anche lui
assieme a tutti quei pensieri
impazziti come maionese.


giovedì 17 ottobre 2013

CARNAGE (2011)


Avete mai fatto fatto una quaterna secca sulla ruota di Bari?
No eh? Polanski invece c’è riuscito.
Ha puntato su quattro schizoidi, patologicamente diversi uno dall’altro, e gli sono usciti proprio tutti insieme, nello stesso appartamento, sulla ruota di New York.


E’ una messinscena che abusa della nostra pazienza, che tira per bene la corda piazzando, come se non bastassero quattro disturbati messi assieme per far danni, anche una serie di combinazioni astrali irripetibili (la mamma di Michael - John C. Reilly -) che assume lo stesso, ambiguo, medicinale che l’avvocato Alan (Christoph Waltz ) sta difendendo da media e testimoni scomodi;


Penelope (l'istericissima Jodie Foster, doppiata probabilmenteda Donald Duck) che tiene sul tavolino del salotto - dove abitualmente si poggiano caffè, tramezzini e tortine varie (come in effetti avviene), un preziosissimo ed introvabile catalogo della mostra del 1953 a Londra su Oskar Kokoschka, alla mercè di qualsiasi devastazione gastronomica; e non ci pare strano a noi? Noi che teniamo le lenzuola pure sui divani a saldo di Mondo Convenienza per paura che prendano contatto con l'atmosfera circostante?


In realtà in sala si propaga da subito il risolino facile, perché 'sta tragedia la prendiamo tutti molto a ridere, probabilmente è proprio la quaterna di schizzati che non consideriamo sul serio, e tutta la sequenza di combinazioni ed atteggiamenti che non fanno che minare la convivenza alla stregua di un mini Grande Fratello, ma chi l'ha prodotto 'sto film? La Endemol?




Il puntuale apparire di ospiti che stai prendendo in giro, ma guarda un po'!, proprio mentre sei voltato di spalle, gli irreali approcci verso, ad esempio, la pittura di Francis Bacon, beniamino di casa - quando siamo ancora in fase di salamelecchi e cerimoniali, per quanto forzati -, se la tua interlocutrice Nancy (la pienotta, per l'occasione, Kate Winslet) definisce la pittura di Bacon, sfogliando il volume: “Crudeltà e splendore”, tu non rettifichi stizzita:


Caos ed equilibrio”, chiudendo il volume, togliendoglielo dalle mani e rimettendolo in linea col tavolino (e se non vuoi che ti sfoglino libri e cataloghi - per favore! -, il tavolino del salone è l'ultimo posto della casa dove li posizioneresti...), ma l'utente medio sembra non far caso a tutte queste ovvietà, alle mille forzature architettate per far si che l'incontro deflagri, e s'infervora nel prendere posizione mano a mano che le coppie si sbarazzano del savoir faire. 


Ed allora si cucca in rapida successione l’avvocato che, ricevuta una telefonata (e siamo ancora a bocce ferme, nel senso che nessuno ha ancora sbroccato), appoggia la gamba alla John Wayne sulla consolle dell’ingresso (ma dove s’è visto mai? Neanche a casa di un camallo cassaintegrato…), oppure tutti in silenzio imbarazzato ad ascoltare le telefonate altrui - non succede più neanche tra adolescenti! -, la Nancy che non solo non va a vomitare in bagno, ma neanche fa finta di cercare un angolino a terra, e poi, invece di berci sopra un canarino (camomilla e limone, ma forse non usa a New York, niente canarini, solo criceti ...), ingurgita coca cola e wiskhy!! e sarò strano io...; Michael poi, che sembrerebbe l'unico sano di mente (a parte i criceti seminati per New York), svirgolerà quasi più psicopaticamente degli altri, assieme alle borse che volano, i fiori sbatacchiati ed i cellulari affogati, ma che vuole darci ad intendere il buon Roman? Che sotto chirurgica (si fa per dire..) sollecitazione risulteremmo tutti infami fenomeni da baraccone? Magari potenziali barbari in embrione? E' forse questo l'assioma da celebrare?



Resto dell'idea che ci troviamo di fronte a quattro schizzati partoriti da una mente schizzata.


Anche gli “stupefacenti” effetti di camera a spalla, con controcampi e gestione degli spazi, non m'hanno appassionato, con bagno e cucina a monoangolazione; e di più: la sequela di tentativi iniziali della coppia ospite, di lasciare l'appartamento e far terminare il film dopo quattro minuti, non solo risulta, cinematograficamente, di una sterile inefficacia (come nei b-movie che fanno rischiare subito la morte al protagonista, cosi tutti a casa coi popcorn ancora intatti...) ma pure noiosa se reiterata a più riprese.

Non ho letto Il dio del massacro, testo dal quale è stato tratta la psicopatia polanskiana, ma nutro seri dubbi che nel libro venga montato cosi grossolanamente lo smembramento delle convenzioni e con i medesimi parametri con i quali ci viene (ri)proposto su grande schermo.
Se cosi fosse, del resto, la civiltà umana si sarebbe smembrata in autonomia già da tempo, scorticata ad ogni semaforo troppo rosso, sradicata di cervello ad ogni fila alla posta che oltrepassi le due ore di attesa, o ad ogni riunione condominiale con presenti più di tre condomini...


Per fortuna non è cosi, e pare che anche gli stupratori (ogni riferimento al regista non è affatto casuale..), assieme a quelli che fumano il sigaro in casa anche se la moglie non vuole, risultino ancora in minoranza...



martedì 15 ottobre 2013

DUBBIA MOVENZA



Cuore squarciato
inzuppato d’aspro caos



innescato da incerto futuro,
voluttuoso ed ingannevole
smisuratamente
indefinito.



Ma per ora
è solo un palmo oltre,
lieve vagito,
dubbia movenza,


pallido cromosoma
d’un progetto di balsa
in preda
al fortunale.




lunedì 14 ottobre 2013

GLORIA (2013)


Le locandine del film nel foyer del cinema annunciano trionfanti: “Uscirete felici dal cinema!”.
Il che, devo dargliene atto, è assolutamente vero; trattasi forse di pubblicità vagamente ingannevole ma è innegabile che la mia, personale, uscita dal cinema al termine dell'indisponente proiezione, sia stata una delle fasi più soddisfacenti del film.
Gloria è una quasi sessantenne, incredibile fotocopia (come fa notare Alan Smithee di FilmTv.it) della mirabolante Tootsie di dustinhoffmaniana memoria, separata con due figli grandi ed una tendenza innata al viversi la vita serenamente facendosi scivolare addosso di quasi tutto.

Buon per lei.

Un po' meno per noi che ci dobbiamo cuccare 'ste due ore di filmetto da telenovela sudamericana, dove la storia si sviluppa principalmente attorno ad un embrione di flebilissima storia d'amore con un settantenne deficiente che gestisce un parco giochi (dove un altro genere di deficienti si spara la vernice addosso), e gliene combina insensatamente di tutti i colori causa legame a triplo filo con la sua famiglia precedente dalla quale (sembra, forse) tenta il distacco (nel nostro piccolo l'avremmo epurato senza appello dopo la prima sòla...), mentre le pistole a vernice transiteranno spesso in sceneggiatura, anche a sproposito, ma tutto per preparare il pubblico, evidentemente considerato ebete, a futuri exploit. 



Gloria lavora, si commuove, canticchia orribili nenie cilene in auto (di fronte al cui reiterarsi la Gloria tozziana di fine film ci apparirà nettare per le orecchie...anzi no, salvo anche una discreta versione de La pioggia di Marzo di Jobim..), balla, si specchia, beve (sempre), fuma (di tutto..), si commuove, (bellissime e tutte da ridere a pensarci bene, le sue lacrime alla lettura della mail del futuro padre di sua nipote che più o meno recita: “ho scalato le vette più fantastiche del mondo ma tu sei la cosa più bella che ho”, costringendola però a fare armi e bagagli, lasciare il suo paese, anche se in cinta, e raggiungerlo in Svezia..), passeggia tra sfumate ed opache proteste di un Cile in ebollizione, si spoglia integralmente 
e la da a chi capita, anche perché non frequenta esattamente la Caritas.


Di introspezione e critica interiore manco l'ombra dell'ombra, non pretendiamo Bergman ma neanche buttare nel cesso decenni di filmografia meditativa ed intimista; salvo pochi fotogrammi di vita quotidiana che impressioneranno chi ha avuto la forza (saggezza? incoscienza?) di non soccombere alla valanga di insulsaggine che dilaga dallo schermo, e non ce l'ho neanche coi nudi espliciti, certo pleonastici, ma destinati probabilmente a scrollarsi la patina di disarmante convenzionalità.

Ora, ci chiediamo ancora increduli, ma chi volete che l'ammazzi una cosi?


L'antitesi dello scoramento fatta essere vivente.
La contrapposizione coriacea a tutte le demoralizzazioni del mondo. 
Una col vicino nevrastenico che tutte le notti non la fa dormire ed invece di chiamare un reparto d'assalto di polizia, chiama la mamma del forsennato chiedendo “scusi tanto sa, ma io lavoro, vorrei riposare..”, una che la puoi abbandonare ripetutamente, e magari pure con il conto di un cinque stelle da pagare.

Qual'è il messaggio per chi soffre realmente i disagi familiari e sentimentali, per chi non è disposto a saltare da un letto all'altro, per chi le proprie difficoltà e tristezze se le vive con uno spessore leggermente più elevato, per chi non riesce a prendere tramvate dalla vita  sciacquandosele sotto la doccia o strapparsele via con una ceretta ?



Comprarsi un fuciletto a vernice da war games, forse?!?


Decisamente si. E sparate pure a Sebastián Lelio (il regista), 
se vi capita a tiro...  


domenica 13 ottobre 2013

ALEXANDR PIOTR KOKNISHEV (1928 - 2013)


Periodo funesto per il cinema mondiale, 
dopo Garbanzo,

scompare anche Alexandr Piotr Koknishev, 

uno degli ultimi teorici del montaggio moderno, 
seguace di Kulesciov, 
portò agli estremi le sue teorie ipotizzando 
pellicole di due ore 
con anche 2400 scene affastellate perché:

“tutto sta nell’unire 
ed intersecare una scena ad un’altra 
in maniera ineccepibile, di modo che tutti pensino ad un piano sequenza...”

mago e precursore della moviola, 
rifiutò negli anni novanta l’invito alla nostra Domenica Sportiva 
per dedicarsi completamente alle sue teorie estreme. 

L’ultima sua opera è il montaggio integrale della sua scomparsa 
che prevede la sua medesima riapparizione a breve, 
in vaga dissolvenza 
con decoupage a tendina.


Tra le sue opere più indiscussamente famose:


L’assemblaggio del Bounty



Moviola di mare



Flashback mountain



21 fotogrammi




sabato 12 ottobre 2013

SETTE CHIESE ...PER UN ARMADIO

Il classico pellegrinaggio romano delle sette Chiese, in teoria, sarebbe previsto solo in funzione di una nobile causa, ma stavolta, l'esasperazione ha scacciato ogni perplessità.

Simo e Mario sono una coppia affiatata, una storia d'amore giunta all'azimut della felicità dopo esperienze, per entrambi, diversamente travagliate.

Alle storie di Mario s'accompagna, comunque, un ricorrente incubo dai contorni inquietanti: ogni volta che si è trovato sul punto di cambiare armadio, o acquistarne uno nuovo, la storia d'amore del momento è naufragata inesorabilmente.





Ma fatte 'na serie de settimini!”, è l'obiezione più naturale, ma Mario no, è tenace e vuole spezzare il predominio del fato.


Ed ora, al culmine della sua nuova e definitiva felicità di coppia, con panni, lenzuola, camicie e cappotti ammonticchiati alla belle meglio,
e proprio nel preciso momento in cui Simo tira fuori la fatidica ed agghiacciante domanda:

Amore, compriamo un armadio nuovo?!”

Mario ha guardato dritto negli occhi il destino baro ed ha deciso.
Stavolta la sconfiggo questa leggenda dell'armadio “portajella”
ma voglio dalla mia tutte le forze del Bene.
E cosa meglio del classico giro delle sette Chiese?

Detto fatto.

Fissiamo una data e via all'impresa: scaricato da internet il percorso doc, ci s'imbarca con due amici fidati (Luisa e Franco, manco a dirlo...), mentori, fra l'altro, ed “artefici” dell'incontro della coppia e relativa scintilla d'amore.

Li presentarono, l’un l’altra, anni or sono creando i presupposti per l'esatta unione, 
volete che abbiano paura di un semplice armadio, proprio ora? 
Giammai!

Ore 13,00 Pronti, partenza, via!



La prima basilica è San Paolo, bianca abbacinante e densa di fede ed entusiasmo. L'esordio è in punta di piedi, foto di rito, candela di rito, scaramanzia di rito: a Simo si è rotto anche un tacco, e proprio in partenza! 
Il caso sembra giocare scherzetti malefici, 
una ragione di più per perseverare nell'impresa.
Oltretutto siamo in macchina e di sabato pomeriggio, c'è da sfidare anche il traffico romano e la manifestazione del popolo viola, viola come il porporato che agghinda le sette basiliche.

Ma Roma si dipana al tepore d'ottobre, e noi mettiamo in fila la nostra scommessa, fioretto sincero come l'aria che ci accompagna.



Svirgolando frenetici sull'Appia Antica, ricreiamo misteri ed attese, San Sebastiano sommersa tra le mura sembra, curiosa analogia, un austero armadio a muro.




Santa Croce odora di legno, palissandro inchiodato, ma sprigiona anche, più profanamente, e forse solo nell'immaginario,
aroma di guardaroba a sei ante. Ed intanto Mario con la fedele Canon sembra voler immortalare stati d'animo 
più che architetture.





San Giovanni si presenta blindata, le manifestazioni del sabato, praticamente perenni qui a Roma, consigliano prudenza, ma noi entriamo dal retro, forza ragazzi! Il destino propizia gli audaci. Ennesima preghiera, cero votivo, foto artistica tra giochi di luce e penombre scolpite.




San Lorenzo civettuola dispensa eco di antichi bombardamenti a chi cerca sollievo e conforto come noi, quieti ma determinati, sempre più fiduciosi, preghiera dopo preghiera, candela dopo candela, santa dopo santo.





E Santa Maria Maggiore, frenetica di turisti e, nel contempo, incupita di rosari sottovoce, ci accoglie grave e sontuosa, c'avviamo esausti 
ma silenziosamente estasiati.




Iniziato quasi per gioco il percorso ci si sta disegnando addosso e negli occhi.
Il fitto reticolo di vie e piazze ci appare magico trait d'union tra i palazzi seriosi, un Tevere pacioso, attraversato e riattraversato ancora, riflette le prime avvisaglie dell'imbrunire.



Ci attende ormai solo San Pietro in questo fine pomeriggio 
di caleidoscopico rosa accecante, 
come solo un tramonto capitolino riesce ad elargire.




E siamo praticamente gli ultimi ad entrare, 
vivido segno del destino benevolo.

L'orario è ormai quello invernale, 
e noi arriviamo sul filo di lana.




L'ultima basilica ci accoglie col respiro cortissimo ed una grande pace nel cuore, sereni ammiriamo quanta Chiesa in quest'ultima chiesa, storditi dal cammino, ammoniti dalle opere d'arte, fiduciosi nel voto dedicato, 
e già col pensiero 
alla prossima, decisiva, tappa:



Un mobilificio tutto per Simo e Mario a sfatare una volta per tutte la sorte nefasta ;))