LA MIA PAGINA FLICKR

martedì 30 novembre 2021

ANCORA CENSIMENTO...


Sarò un disfattista, polemico, rompiballe, ditemi quello che volete ma una delle cose più inutili (burocraticamente parlando) viste in Italia da decenni a questa parte, è 'sta pantomima dei censimenti, porta a porta, a campione (peggio me sento!), online oppure fermando la gente per strada o rompendo le scatole a mezzo telefono ("Buongiorno, siamo del censimento, volevamo sapere quante volte prelevate 1000 euro al giorno?"). 

Ma davvero qualcuno pensa di ottenere risultati attendibili e, ancora meglio, utilizzabili?

In un paese dove ci si separa e si cambia residenza per far risultare prima casa la villetta la mare, dove ci sono un'infinità di barboni, poveracci, gente che dorme in roulotte o sotto i ponti (quando non crollano), e le buonuscite a chi sfascia le aziende, o i condoni a chi non paga le bollette; gente che non esiste praticamente, sconosciuta persino alla Agenzia delle Entrate, e gente che apre onlus e società fittizie facendo finta di non guadagnare,  e voi vorreste davvero "censirla" e "statisticarla"?

Gente che lavora a nero, gente che paga a nero, che vive con i leasing, che la nonna ottuagenaria c'ha tutto intestato, dal Porsche al fermacravatte; gente col triplo o quadruplo lavoro, con la pensione che non gli spetta, i soldi in Lussemburgo, i contributi evasi, con sei cognomi diversi, la residenza alle Canarie e lo yacht a Capalbio con bandiera maltese (come anche le navi da crociera).

E questi ancora giocano al censimento, oltretutto finanziandolo coi soldi dei pochi che pagano davvero le tasse.

Ma provate a censire quelli che escono col Rolex dalle gioiellerie del centro..  :(



sabato 27 novembre 2021

IL BEDLAM CLUB DI DAVIDE CONTI

 


Conosco Davide Conti dai tempi di FilmTv, dove redigeva recensioni che erano già piccoli romanzi.

Per Davide il  film è solo spunto. 

Lui coi film ci costruisce storie, imbastisce personaggi da fiaba.
Lui li fa i film, con la scusa di scriverne.
Mo' serve qualcuno che glieli gira.
Ma ci sta lavorando.

Intanto lo trovate anche sulla blogosfera:

Catarsi addosso  che è già un esplicito programma..

Ma torniamo al Davide scrittore, al suo costruire comunità.
Ecco un limite per me invalicabile.
Creare personaggi.
Io sono egoista nella mia scrittura. Parlo di me anche quando descrivo cose, figuriamoci dare vita a personaggi, sarebbero mie caricature, tutte identiche e posticce, in un ridicolo rispecchiarmi.

Davide no. Scova umanità stratificate e le paradossa tridimensionalmente: lui al tavolo mentre scrive e i personaggi su tela, o emersi dal marmo, o fluttuanti - meglio come metafora - sullo schermo di un cinema.
Perché lui li manovra come vitalissimi burattini, e questa cosa l'ho visivamente percepita durante la presentazione di Bedlam Club, il suo libro di avventure cinematografiche vissute da una banda di personaggi borderline.
 
Davide ha letto un capitolo, e la scena si è come materializzata, i suoi personaggi a galleggiare nell'aria della piccola libreria, a raccontarsi, a muoversi in autonomia coi tic, le manie, la preoccupazioni, le aspirazioni, i sogni, le goffaggini e le assurdità.
Una sceneggiatura più che un libro, non mi stupirà il vederlo un giorno su grande schermo.
Quello schermo che, in fondo, lo ha fatto arrivare alla ribalta, quando ha iniziato a recensire film in maniera anomala, con le sue storie strampalate applicate a gente come noi.
 
Esemplare il suo sbeffeggiarsi della serietà del mondo, applicando però un'anima viva a questo suo svirgolare, dotando ogni sua creatura di intensa umanità, esaltandone quegli eccessi che possono spaventare, ma anche farti sbellicare dalle risate, con un retro pensiero malinconico che bussa delicato nell'intimità di ognuno di noi.

Eccolo Bedlam, un manicomio geniale, del quale alla fine vorremmo tutti far parte, a poter ragionare di cuore.


giovedì 25 novembre 2021

STRAPPARE LUNGO I BORDI (ZEROCALCARE PURE IO)


Ovvio che un salto dalla nicchia - nicchia per modo di dire - alla ribalta Netflix, potesse costare un grosso carico di critiche riguardo la nuova serie di Zerocalcare. Critiche a 360 gradi, di tutti i generi e i calibri. Insomma Zerocalcare come i Maneskin o il covid.
Importante è che si prenda posizione. E allora dai.. 

Cheppoi era tipo quanno annavi a scola che cercavi de strappa' un fojo dar quaderno e mai 'navorta una che te venisse dritto, poi arivava er solito compagno de classe, un bambacione che sarebbe diventato 'n cervellone ar cienneerre, e te diceva: "basta che appoggi un righello e il foglio si strappa per bene". Mo' non te vojo dì che dovevi considerallo 'na specie de coscienza, no, emmanco er grillo parlante perché sai quante vorte l'ho spiaccicato sur muro quanno fiatava, e forse si, era mejo 'n'armadillo, che armeno quello, se provavo a spiaccicallo sur muro, me dava du pizze (mo' nun te saprei di' se margherite o stocaxx, però..)

Zerocalcare ha colpito per la vitalità di infinite soluzioni stilistiche, per la capacità di agghindare mille stereotipi di freschezza narrativa (come la pizza all'Ultima Cena, genio!) e tutte le altre convenzionali quotidianità, dai fili intricati dietro al ripiano tv, al divano "b", alle pippe mentali sull'arrivare in aeroporto sei ore prima (questa è tutta mia, infatti rivendico er copirait), al rincoglionimento della sveglia fino all'immancabile tormentone (s'annamo a pija er gelato?)

E parliamo di uno Zerocalcare messo per la prima volta a disposizione del grandissi-missi-mo pubblico, quindi esposto a chi neanche sapeva chi caxx fosse prima, o a chi ne aveva usufruito solo a piccolissime dosi, ed anche a chi ci ha riscoperto BoJack Horseman e perché no, pure Pinocchio. 

Ovvio che arrivasse a tsunami, infrangendosi su vasta scala e procurando critiche e reazioni tra le più diverse. 

E ovvio anche che tanti non abbiano somatizzato appieno, dando di matto sin dalle prime sollecitazioni, e archiviando la serie come illeggibile o improponibile  (tipo come pure er Frecciarossa Roma Biella). Insomma i no - Zerocalcarex.

..dell'anima(delimeiolimortaccitua..)

C'è chi si è lamentato per il linguaggio, l'incomprensibilità della parlantina romana e del montaggio troppo veloce (in effetti in vago contrasto con la fruizione più pacata delle tavole disegnate) e il carattere grezzo e panearpane messo in mostra; non percependo, giocoforza, un messaggio profondo e sensibile, la precarietà della crescita, l'essere "fili d'erba" sbatacchiati, il nostro poco ascoltarci cercando ogni volta una scusa (come con l'esemplare metafora del "freddo" in treno), e magari anche lo sdoganamento di artisti come Apparat, in teoria lontani dal pop e dal punk che hanno cresciuto Michele Rech, in arte Zerocalcare.

Ma alla fine quante volte abbiamo tentato abbiamo tentato di schiacciarla come un grillo parlante qualsiasi la nostra personale "coscienza armadillo"?! Ora, almeno, risparmiamo di counselor.. ;)

E comunque sia, permettetevi almeno di stupire.
Permettiamocelo.
C'era anche questo tra i messaggi di Zerocalcare: permettiamoci di esistere, di dire la nostra anche sbagliando. 
Spesso ne vale la pena. Deve valerla.

Strappare esattamente lungo i bordi,
nun po' mai riusci' alla prima botta...
(senno' vattene direttamente ar cienneerre, ma popo subbito!) 


 

mercoledì 24 novembre 2021

E.I.T.R.D. DA UN'INIZIATIVA DI DANIELE VERZETTI

Edizione speciale.
Ma comincio ad aver paura sia tutto inutile. 


Continuano a morire donne, ma non se ne viene a capo.
Spunta l'ipotesi dell'emulazione. Vi ricordate l'ondata di suicidi tra soldati di leva? O il lancio di sassi dai cavalcavia?

Si decise di non parlarne più all'epoca. Funzionò.

Forse impietosa e oscurantista come decisione, ma se servisse a salvare vite? Ben venga.

Un altro elemento che viene fuori è il silenzio di chi, attorno a queste vittime, sa e non parla.

Il nostro silenzio quindi, di chi si gira dall'altra parte, di chi non vuol mettersi in mezzo. Di chi sente un urlo e alza il volume del televisore. Di chi vede la vicina con gli occhiali scuri e non chiede come sta.
A volte basterebbe una telefonata, senza doversi per forza esporre.
Quel 1522. Numero antiviolenza, lo passiamo fare anche noi, se abbiamo più di un fondato sospetto.

Insomma io credo ci si debba muovere davvero. La solidarietà, anche questa nostra serve a poco se non ci ascolta nessuno, se magari becchiamo anche l'approvazione di chi poi, a sera, tratta un congiunto a pesci in faccia.

Perché la cosa peggiore è che in tanti ancora crediamo di non far parte del problema.  



 

lunedì 22 novembre 2021

APOLOGIA DELL'AMICIZIA

"Chi si ama viene difeso ad oltranza.

Sull'amico/a si riversano frustrazioni, inconfessabilità, 
pulsioni, rabbie, sfoghi, debolezze.

Chi si ama viene perdonato ad oltranza.
All'amico/a viene perdonato a scadenza, a gettone,
a discrezione, ad umore.

Chi si ama è privilegiato, a prescindere dalla corresponsione.
La corresponsione dell'amicizia è sempre pretesa e non ammette falle.

L'amico/a deve comprendere, capire tutto al volo, sopportare
e non rompere il caxx.

In soldoni: l'amore è cieco, l'amicizia ci vede fin troppo bene"


Scrivevo queste parole nel 2016, probabilmente scottato da qualche disavventura.
Gettavo fiamme sulla fatica di sopportare in amicizia.
E mi sentivo dalla parte della vittima.

La riprendo oggi, perché in amicizia ci si può ritrovare all'improvviso a essere dalla parte sbagliata, rendersi conto di "pugnalare alle spalle" con estrema imprudenza, leggerezza, stupidità. Sul web o dal vivo. A voce o per messaggio.
In amicizia, in confidenza, può capitare che spesso sfugga la delimitazione del confine, si confonda l'attacco con la difesa, e il sentirsi offesi o anche solo piccati, divenga a sua volta, offesa.

E quindi oggi la leggo al contrario e mi metto nei panni di chi a volte la fa troppo facile senza tener in adeguato conto motivazioni e sensibilità di chi subisce angherie e attacchi, anche se poi non voleva essere affatto quello il proposito.

Di fatto c'è che l'intenzione va sempre valutata, e una persona di buon senso deve capire quando sta andando oltre, quando può comunque far male o anche solo procurare fastidio. Deve valutare il suo modo di essere e non dare per scontato che tutti siano sulla sua magari cervellotica lunghezza d'onda.

Per fortuna, se c'è terreno fertile, volontà, intelligenza e soprattutto anche un voler tenere alle persone, i
l malinteso si chiarisce. 

Sempre. 


sabato 20 novembre 2021

CLAUDIO D'ALEO - AGGRAPPATO ALLA POESIA

 


Claudio scrive con un cuore stracciato, lo cura e lo ricuce dopo mille devastazioni. Ha il mare che spinge accanto, vento mediterraneo ed una terra ricchissima di storie da raccontare.

“Rincorro l’aquilone di ciò che non siamo”

Una natura prorompente, selvaggia e delicata, di spuma tempestosa o di alba lieve, di uccello che plana  o  buio che inghiotte.

“Foglie che sbattono piano sulle dune del cuore”

Ma racconta soprattutto la sua, di storia, intrisa di rimpianto, rimorso, amore.

“Ti affido l’imbrunire di tanti giorni passati a cercarla tra i sassi”

Amore perso e da ritrovare, amore che regola ogni rotta di vita, ogni sospiro perso, ogni memoria che sussulta dentro.



Baciata dal sole
ci parla a voce alta, senza nascondere nulla, come coglie anche il nostro Riccardo Giannini, giornalista e blogger, nella sua appassionata introduzione. Spalanca le braccia alla poesia più intima e più disperata, ma aprendo scenari di bellezza e libertà.

“Ascolta i rimbrotti del mare quando si rivolge alle stelle”

Una libertà che lo scrivere, questo scrivere figlio di necessità impellente, di comunicazione chimica,  rende universale, riversandolo sul mondo.

“Il sogno era sempre quello
 amarti”

Un amore è per sempre, più diamante del famoso slogan, un amore lo accarezzi tra le mani e a volte credi non fuggirà mai, ma d’un tratto ti resta ciò che imprimi con carta e penna, ciò che svuoti dal cuore.

“Amor che non sei qui e pulsi dentro”

Siamo a caccia di bellezza tra questi versi spasmodici, ci aggrappiamo anche noi alle grida e ai sussurri, al rammarico, alla possibilità di rinascita anche, di resurrezione quasi.

“Nuvola sorprendimi cielo rapiscimi”

E’ come se tu bramassi rifugio e nuova linfa nei tuoi versi, per tua stessa ammissione, per come scrivi di istante in istante, in proiezione fatale verso il futuro, seppur costellato, ancora, di passato indelebile

“Esisti in me lontana da me”

Purtroppo, e spesso, dobbiamo perdere ciò che crediamo nostro indissolubilmente, per acquisirne la reale essenza, la presenza potente e irrinunciabile, quel dolore fitto come nebbia ora, che ci si conficca nel petto ed in ogni sogno residuo

“Nel dubbio torno a chiedermi chi sono”

Noi che ti leggiamo invece, Claudio caro, sappiamo che sei un’anima che vaga creando attesa e vita ovunque, forgiando parole e tremori, nuovi orizzonti da sfiorare. Anche dove non sembra più esserci spazio e nuova fortuna.

“Non c’è traccia di te tra i pastelli del giorno”

Sei in spasmodica ricerca, costante sogno messo alla prova, una prova del nove rigiocata tenacemente, un lancio di dadi inalterato e cocciuto verso il destino che ti ha manovrato a tua insaputa.

“Succede che quando ti penso il mare diventi neve”

Un mare scuro a volte, un mare che ricorda la perdita e tutte le sue sfumature orribili.

Ho vissuto la morte
la conosco”

Ma si convive, si sopravvive, si impara a vivere di nuovo, e racimolare esperienza dolorosa, amalgamata a mille tramonti, infinite risacche, estenuanti voli di gabbiani erranti.
Esistono mancanze che riempiono più di una presenza, ossessionano il vuoto, creano eco dove anche la fisica negherebbe.

“L’amore bussa tra nubi
che sbattono sui lampi”

Sottolinei le alchimie tra chi scrive e chi legge, senza trascurare le alchimie di chi scrive in preda alla memoria feroce, e le alchimie perverse di chi ama e si ama, tuttavia, e deve far fronte a mille difficoltà, paure, perché si può avere paura delle felicità, del volare alto, del non essere riusciti a portare la nave in rada, oltre quella tempesta furiosa, oltre quelle onde pazzesche che gridavano mentre già tutto, dentro e attorno, era maceria.

“S’è chiuso piano l’uscio di casa”

Ma può riaprirsi, e nuova luce inondare le più fitte oscurità.

"Cerco ora in un vetro appannato
le frasi d'amore che m'hai regalato"

 

 

mercoledì 17 novembre 2021

PUBBLICITA' IN CASSETTA


Leggevo della nuova frontiera circa la vecchia, vituperata pubblicità in cassetta. I volantini che spesso ci nascondono alla vista la posta vera.

Sono un nostalgico, come potrei non esserlo, avendo iniziato le mie primissime esperienze lavorative proprio ficcando migliaia di volantini in migliaia di cassette della posta. 
Mai avrei detto che 45 anni dopo ancora avrei visto le cassette rigurgitare carta..

Nel servizio sullo scorso Venerdì di Repubblica si parlava comunque di evoluzione, di QR code sui volantini che rimandavano ad una informazione digitalizzata ed evoluta, di un ormai ristretto campo di utilizzo della pubblicità cartacea riservata soprattutto al commercio alimentare, ma credo che l'utenza di una certa età sia ancora acchiappabile a mezzo volantino piuttosto che con una campagna digitale, anche se Google massacra i maroni a rotta di collo.

Diciamo che la vecchia, amata cassetta della posta fa ancora - nostalgicamente - il suo sporco lavoro e finché verrà regolarmente inserita nei prospetti anche delle case più modernizzate e automatizzate, il vecchio e stropicciato volantino pubblicitario di carta riciclata non abdicherà affatto, anzi.   

domenica 14 novembre 2021

AL CINEMA CON BRADIPO



Andammo al cinema insieme quel giorno, scegliendo un film che pensavamo di dover fare a fettine, cosa che su FilmTv ci riusciva spesso e meglio degli elogi.
Decidemmo poi di scrivere due recensioni indipendenti, raccontando di quella splendida serata, tra quelle che non dimenticherò mai, e voglio riportarle ora,
per avere ancora Emidio un po' con me. 

CRAZY, STUPID, LOVE  (2011)

la mia rece:

Metti insieme, una sera, un Bradipo ed un Lampur, utenti filmitivvuttiani semi storici, ottimi amici e già compagni di svariate bisbocce, ma, ironia della sorte, MAI al cinema insieme. Ecco, mettili insieme in un multiplex di Chieti scalo, alle prese, loro solitamente annientatori indefessi di pellicole votate al martirio, con un filmetto che si presta giusto all'uopo, almeno sulla carta,  per un annichilimento programmato.

E poi guardali rimanere allibiti prima, piacevolmente sorpresi poi, reagire inconsultamente fin dai primi fotogrammi, alle prime mosse, agli incastri di scene, all'ottima vena di un cast di tutto rispetto che sembrava assemblato solo ed unicamente per dar lustro alla solita  storiellina d'amore e crisi coniugale. Il “filmettino” snocciola battute a mitraglietta, repentini sbalzi di “sipario”, musiche azzecate, cambi di tempo e genere, fasi smielate ed improvvise cacciavitate al fegato  e un'intensa e coinvolta caratterizzazione dei personaggi, sia da parte dei più navigati (Carroll e Gosling - forse un appuntino potrei farlo alla Julienne Moore vagamente ingessata ed al Kevin Bacon che è ora faccia ricorso al botulino… -) sia da parte dei giovani protagonisti, frizzantelli e decisamente coadiuvati da una sceneggiatura spiritata oltre che dalla duttile regia di Ficarra & Requa che se la tirano per due ore senza che nessuno di noi evidenzi disagi alla prostata; senza parlare delle breve ma fantasmagorica apparizione di una Marisa Tomei da urlo...; e di molteplici situazioni fresche e curiosamente congegnate che ammiccano al garbuglio visivo senza mai, oltretutto, precipitare nella tentazione della volgarità peciona, e fregandoci in pieno, anche a noi presunte vecchie volpi, fino al più contorto, e ben accetto, dei colpi di scena.

Posso anche ammettere che la plusvalenza di una visione “a due”, dove i due hanno rafforzato il caciarissimo autonomo entusiasmo (è opinione comune, di Bradipo e mia, che difficilmente ci faranno accedere di nuovo in accoppiata al multiplex chietino, dopo aver reiteratamente disturbato la vasta ma sobria platea coi nostri beceri sghignazzi), possa aver sovrastimato la pellicola, ed infatti da un’iniziale volontà comune di piazzare il cinque stelle lusso siamo rientrati nell'ordine delle quattro, ma ciò non toglie nulla alla piacevole sorpresa procurata da questo film.  Ed ogni volta che assisto a fenomeni del genere, monta una voglia pazza di radunare tutti i nostrani fenomeni muccineschi, vanzinati e brizzati, quelli che sfornano manualistiche d’amore, Ex, Uomini e donne, Amiche e amici, Maschi contro Femmine, Zoccole contro Zecche, Notti post e pre esami ed altro svariato ciarpame; metterli tutti insieme davanti, ad esempio, a questo piccolo fenomeno di Crazy, stupid, love, e proiettarglielo a getto continuo fino a far loro comprendere che le loro braccia (e sono tante) sottratte cosi impunemente all'agricoltura mondiale, rappresentano una decurtazione di PIL interno di dimensioni bibliche alla quale non possiamo più rinunciare. Considerazione finale: ma perché a scuola non c'ho mai avuto una
professoressa come la Tomei, perché?!?...

E quella di Emidio (Bradipo68)

Capita che una sera un animale lento di piede e di comprendonio e un folletto dispettoso vogliano organizzare una serata diversa dalle altre.
Capita che vai a vedere un film a cui al massimo daresti quattro stelle ma con annessa tutta la serata passata a ridere e scherzare partendo dalle battutacce di cui il film è ricco diventa idealmente un film da cinque stelle e lode.
Capita di andare a vedere un film di cui hai ignorato persino il trailer solo perchè nel multiplex della porta accanto che sei praticamente obbligato a frequentare per meri motivi logisitici, tutto il resto della programmazione lo hai già visto e il resto lo reputi( a ragione) inguardabile.
Capita che vai a vedere questo film con un amico che non hai tante occasioni di vedere nonostante ci sei a contatto continuamente e conoscendo il suo sense of humour speri solo che il film fornisca materiale sufficiente per ricamarci e riderci sopra.
Capita che lui si presenta con una maglietta con la bandiera greca e io gli suggerisco di aggiungere sul davanti la scritta  " Io non sono in default".
Capita anche che alla biglietteria quando mi giro appena dopo aver fatto il biglietto quasi spappolo la carotide a una vecchia che stava proprio dietro di me,non rendendomene conto a tal punto che chiedo al mio amico
" Ma che ho centrato la vecchia? ".
E lui " Si e se le causavi una lesione permanente te davano pure un sacco de punti"
E capita pure che il film comincia improvvisamente mentre noi stiamo ancora chiacchierando con un'inquadratura di piedi e di scarpe come in Bianca di Nanni Moretti e noi credevamo che era una pubblicità.
E' apparso di nascosto, ancor prima che si abbassassero le luci.
Non ricordo di aver versato tante lacrime per un film: forse non succedeva dai tempi della terza visione di Catene di Matarazzo oppure era la prima di Love Story che giusto a vedere Ryan O' Neal di spalle grondavo calde lacrime quando nella stessa frase metteva Beethoveen e Rolling Stones...forse perchè non mi piacciono gli Stones...
In questo pazzo stupido amore si parte con una cena tra due fortysomething in cerca di emozioni che scivola subito nella tragedia allorchè lei invece di ordinare il dolce ordina un divorzio.E lui per un attimo lo cerca anche nel menù.
Poi tornano assieme a casa con lei che gli racconta tutto e lui che, invece di cacciarla a pedate dalla macchina magari anche riempiendola di schiaffoni come farebbe il 99 % dei maschi, si butta dallo sportello della macchina per non stare a sentire dettagli sulle modalità di cornificazione.
La crisi del venticinquesimo anno?
Oppure è  una scappatella con impiegato piacione che ha la faccia e le rughe di Kevin Bacon ?
Si sa l'occasione fa l'uomo ladro e pare che pure la donna è fatta ladra da tali occasioni.
A Requa e Ficarra però non basta: c'è pure tutta una serie di amori inconfessati a catena da un tredicenne precoce per una babysitter in calore per un altro e non per lui, fino ad arrivare al tranquillo padre di famiglia , così giusto per scavallare le generazioni.
Il vero amore intergenerazionale.
In poche sequenze è distrutto tutto il moralismo di facciata che è il primo e unico comandamento dell'attitudine del perfetto WASP. Una scorrettezza che mi ha ricordato quella dell'inizio carriera dei fratelli Farrelly, diciamo almeno fino a Tutti pazzi per Mary. Poi sono diventati buoni pure loro. Ecco, io spero che Hollywwod o chi per lei ci conservi così cattivi e scorretti Requa e Ficarra.
Ritornando all'inizio appare chiaro che l'uomo è omo e in quanto tale  deve puzza' per cui il nostro eroe cornificato Cal si  dà alla paranoia alcolica,  bevendo con la cannuccia ( visione orrenda) la sua vodka ai mirtilli che scorre come un fiume insanguinato nel suo fegato spappolato e  cercando di spargere ai quattro venti  tutta la sua frustrazione di omo cornuto e mazziato con l'orgoglio spiaccicato come una cacchetta di mosca su un parabrezza.
Non si è manco accorto che non sta in un bar ma in un giacimento inesauribile di gnocca e per svegliarlo dal coma ormonale irreversibile in cui si trova ci vuole la conoscenza col superfigo Jacob, che gli fa da maestro di vita. Cambio di abbigliamento, vestitino a vari strati con pulloverino, camicina col collo stretto per non far vedere la pappagorgia, capello un pò smosso per non far sembrare Carell un frigorifero con sopra montata una televisione/capoccia a 26 pollici in 16/9, mocassino a strozzare i piedi per dargli un'andatura più sincopata stile hip hop e soprattutto giornate in sauna a sventolargli in faccia lo sbarabaus(che Jacob chiama schwanzoc) per svariati minuti giusto per fare un test sulla sua omosessualità latente.
Cal entra nella parte e finalmente riesce a dare sfogo ai suoi ormoni repressi con la maestrina sexy Marisa Tomei che all'alba dei suoi 47 anni sta tirata meglio di due palestrate da 24 anni.Complimenti al suo personal trainer.
E , introdotti i personaggi principali, c'è la sequenza cult del film:una scena a tre , quasi a quattro con Carell, Moore, Tomei e un asshole sulla lavagna praticamente in 3 D per come anima la scena in cui la maestrina spiega al genitore di un bambino talmente precoce che ha riadattato al nuovo millennio la Lettera Scarlatta dando un altro significato a quella A marchiata a fuoco(si fa per dire) sul petto, che cosa si fa e che cosa non si fa quando si va a rimediare gnocca gratis al bar più cool della città. 
Ma non è giusto raccontare oltre del film: due ore piene con talmente tanti twists di sceneggiatura che quasi ti gira la testa oltre che ti si sloga la mascella per il ridere.
E' vero ci sono anche delle pause in cui sembra di avventurarsi nelle secche della commedia sentimentale ,quella floscia classica hollywwodiana per i cuori semplici che si accontentano di poco, con i buoni sentimenti sparati a mitraglia sullo spettatore. Eppure anche in questi momenti c'è qualcosa che ti intriga perchè la cattiveria è sempre dietro l'angolo.Sembra che il film si sia incanalato nel buonismo dilagante e invece Requa e Ficarra ci stanno prendendo solo per i fondelli.
Il mio amico e io non ce la facciamo più: le poltrone basculanti del multiplex sono ormai esauste e la vecchia che avevo quasi ucciso alla biglietteria ce l'hanno piazzata proprio davanti. Ogni tanto si rigira con uno sguardo che manco la zingara di Drag me to hell perchè si sta parlando,più che altro da vecchie comari si sta ancora commentando e ridendo sulle battute precendenti.
E mentre la vecchia mi guarda col fuoco negli occhi io cerco le chiavi che ho in tasca.
Gli altri se ne vanno e noi restiamo allo scorrere dei  titoli di coda ,vogliamo sapere come si chiamava l'attrice che interpretava Jessica, babysitter diciassettenne ossuta e con troppi angoli retti che però a parte gli sportelli aperti ai lati del cranio ci garba assai, pensiamo al regalo che ha fatto a Robbie(il tredicenne) per passare i lunghi anni del liceo con un pensiero fisso in testa.
Liceo che probabilmente a causa di quel regalo il buon Robbie lo terminerà con qualche anno in più e svariate diottrie in meno.
L'ultimo sberleffo al moralismo benpensante.
I titoli di coda sono terminati, la ragazza dello staff del multiplex controlla se è tutto in ordine.
Sono quasi le 11. Il mio amico è ancora seduto.
"A Fra' c'hai fame?  se s'annamo a fa' due arrosticini da Gabriele? Gli telefono per sentire se è ancora aperto?".
Lampur annuisce.
E'una degna chiusura di serata, tra una chiacchiera, un frizzo  e parecchi lazzi a ripensare ancora al film.
E quando il folletto dispettoso ritornerà da queste parti la serata al multiplex è assicurata, sempre che commettano di nuovo l'errore di farci entrare assieme....


Voglio salutarlo così Emidio, l'amico che ci ha lasciato all'improvviso a soli 53 anni. Il responsabile unico del mio approdo su una piattaforma blog, nel 2013.
Un uomo dal carattere meraviglioso, sottilmente accomodante, sorridente. Marito e padre esemplare, come si suol dire in questi casi, ma lui era anche un fantastico pazzoide ricco di passioni ed entusiasmo, per la sua famiglia innanzitutto, e per il suo lavoro: veterinario. Avevo conosciuto la sua gattina a tre zampe che qualcuno aveva abbandonato davanti la porta del suo studio, era diventata la mascotte dei clienti, ti si accoccolava e ti si strusciava grata per la sua fortuna.
Fortuna come anche la nostra, per aver conosciuto Emidio, dapprima tra le righe delle sue micidiali recensioni su FilmTv, poi dal vivo, con la sua prorompente simpatia, a chiacchierare di cinema, musica rock e metal, e in giro per trattorie a saccheggiare arrosticini.

Non puoi essertene andato davvero.  
Avevi smesso di scrivere sul blog, ma io ti tenevo (e ti terrò) imperterrito sul mio blogroll. 
Sognerò di leggerti ancora e vederti sorridere.
Questo non me lo toglierà nessuno.


sabato 13 novembre 2021

FINCH

 


L’ultima fatica di Tom Hanks ci riporta a tante sue prove da solista. Qui progetta un androide che, animato in capture motion, pian piano ruba scena ed emozione. “E’ la memoria e l’esperienza che rendono l’uomo diverso da una macchina”. La memoria emotiva, sottolinea Tom, quella che va oltre il numero di viti e cavi che sostengono un ponte,  quella che ti fa rivivere l’ebbrezza di una vibrazione di cavo sospeso, una volta che ci sei sopra. Quella è l’esperienza. L’esperienza umana.
Finch sembra l’unico sopravvissuto ad un cataclisma apocalittico, con lui un cagnolino, Goodyear, che è tutta la sua vita; ed ora, comprendendo che a causa della malattia terminale causata dalle radiazioni nocive del sole, non potrà più prendersi cura di lui, ha messo a punto, da provetto ingegnere, un androide, addestrandolo al compito.
Un road movie post apocalittico che diventa uno splendido, anomalo, rapporto a tre: uomo, macchina, animale, dove si intrecceranno esigenze, intransigenze, emozioni e sentimenti.


Ci allontaniamo dai soliti cliché dove le presenze negative vengono, stavolta, solo presagite, per concentrarci su questa sorta di rapporto tra uomo e macchina a vantaggio dell’animale. Miguel Sapochnik in regia si muove sapientemente, dosando azione e sorpresa tenendoci sempre sul filo dell’attenzione.

Jeff, l’androide imbottito di informazioni e di leggi robotiche in funzione dell’unico compito per cui è stato concepito, finirà per acquisire una sensibilità superiore, ancora sconosciuta - purtroppo - a gran parte degli esseri umani reali.

Caleb Landry Jones
lo anima in motion capture rendendolo deliziosamente umano, specialmente nei movimenti delle mani, e nel riproporre  sorpresa, imbarazzo, gioia. Diventa presto coprotagonista indiscusso, dopo i primi, scomposti, vagiti meccanici.
E Tom Hanks si muove a suo agio come sempre, sembra quasi prediligere il One man show, un perenne Cast away dove mettere a frutto tenacia e costanza, semplicemente canticchiando nel vuoto cosmico.

I paesaggi sono terribilmente reali, lontani dal clangore degli ultimi Mad Max,  comunicano desolazione e nostalgia palpabili, rendono la sopravvivenza una questione etica, senza che lo spettacolarizzazione prenda mai il sopravvento.

In una delle ultime scene, sotto l’ombrellone, un Tom Hanks particolarmente in tiro, si offre ad un duetto con Jeff dal delicato effetto distopico: insegnare al cane a fidarsi di una macchina, perché quella macchina, semplicemente, sta diventando un qualcosa di più. L’uomo è in perenne contraddizione, verso di sé e verso il mondo, ma stavolta Tom sembra lasciare Goodyear in mani meccaniche decisamente più sagge.



giovedì 11 novembre 2021

E.I.T.R.D DA UN'INIZIATIVA DI DANIELE VERZETTI

Continuano a morire donne. Ogni giorno. Uccise dal padrone del mondo. Il maschio. 

Leggevo l'elenco da Mariella, e puoi rimanere solo senza parole.

E ora è un maschio che scrive, un uomo.
In teoria dovrei entrare meglio di una donna nella psiche distorta di chi uccide ciò che gli viene, o crede gli venga,  sottratto.

Dovrei magari capire come si arriva a questo, quale educazione recepiamo a tal punto da poter uccidere, quali segnali ci vengono lanciati lungo la nostra formazione di stampo maschile, quali esempi ci fanno male, cosa non riusciamo a comprendere, che tipo di amore ci viene inculcato, o che tipo di amore malato riusciamo a percepire coi nostri cromosomi.

Ma non ci riesco davvero. Sono basito come le nostre donne che muoiono. Non li sento miei affini questi assassini, neanche per un lontano istinto. 

Non li sento neanche esseri umani. 

martedì 9 novembre 2021

IO NON SONO NUVOLA

La ripropongo dopo anni, perché la poesia rimane un mio cardine, e le nuvole qualcosa che intrigano davvero. 


Io non sono nuvola

che di vela sofferta

sfiora il ricamo,

non sono panno steso

a racimolare vento umido,

non sono fune di seggiovia

inghiottita da nebbia vorace,

non sono l'ora trascorsa

in gocciolante attesa di te.


Non sono pedone impazzito,

pallido avorio,

sulla scacchiera dei tuoi

sogni rigurgitati.


Sono fastidiosa presenza

petulante folletto,

rocambolesco paradosso di felicità

sfuggito all'inventario

della tua esistenza.

sabato 6 novembre 2021

META

 


E così Facebook cambierebbe nome, intenti, modo di porsi e di "intrufolarsi".
  
Quanto ci influenza questo social?
Quanto ci "serve"?
Quanto noi serviamo a lui?

Tutte domande dal tempo che trovano.
La nostra vita scorre comunque, la nostra privacy è alle mercé di ogni aggancio mediatico e social qualsiasi sia il dato sensibile che comunichiamo (ma poi cosa c'è rimasto di davvero insensibile?), basta dare l'ok ad un cookie qualsiasi (cosa che succede nove volte su dieci).

Io mi preoccuperei di altre privacy.
Quelle che concediamo a persone insospettabili, o che comunque hanno carpito la nostra buona fede. Mi preoccuperei di cosa produce il nostro pensiero, delle nostre aspirazioni nutrite ad aspettative a salve o dei nostri sorrisi che cadono spesso nel vuoto.

Anche se in realtà non si tratta di privacy quando concediamo qualcosa.  

La vera privacy è tanta roba che teniamo ostinatamente dentro senza farla scorgere ad alcuno.
A volte così nascosta che diventa sconosciuta anche a noi.

 

giovedì 4 novembre 2021

IL NUOVO DISCO DEI COLDPLAY

Ho voluto attendere appositamente i primi riecheggi, le seconde impressioni. I Coldplay continuano a tirar fuori dischi incredibili. 

Questo Music of the Spheres fa più degli altri l'occhiolino al mercato ma poi riabbraccia i puristi con sonorità pazzesche, che richiamano anche tempi d'oro di un progressive immarcescibile.

Da notare l'uscita in quasi contemporanea dell'ultima creazione firmata Premiata Forneria Marconi, altro tuffo nel passato, rivestito di una brillante freschezza.

Ma torniamo ai Coldplay, come traccia nel blog piazzo dieci minuti di  incanto sonoro. Nulla di hit, niente che possa affascinare le radioline commerciali. Semplice Coldplay, che ti afferra da dentro e non ti molla. Un crescendo di sensazioni che trascinano per mondi lontani.

Concetti diversi, ascolti necessari, oserei dire. 





martedì 2 novembre 2021

L'ARMADIO


 

L'armadio troneggiava nello studio, stavo cercando di capire come occuparne gli spazi in maniera razionale ed utile ad accantonare buona parte del mio accumulare compulsivo, aprivo e chiudevo gli sportelli senza capacitarmi del cosa sbagliavo nel suddividere e infilare dentro. 

Ad un certo punto un battente non voleva più chiudersi, forse sentiva il peso della responsabilità, il dover celare suo malgrado, forse voleva solo attirare attenzione, visto che comunque, il protagonista della scena ero decisamente io e lei, tutto sommato,
era solo l'anta gonista.