Stupire o stupirmi. Cosa prima?
Stupire chi legge un taglio compiuto - inizio/fine - o stupirmi mentre emetto caratteri che prendono forma in testa poi tra le dita che pigiano, non a casaccio ma telecomandate, poi leggo e il Backspace diventa il tasto prediletto quando non si deleghi invece al Canc una pulizia etnica di carattere postumo e definitivo.LA MIA PAGINA FLICKR
mercoledì 30 marzo 2022
STUPIRE O STUPIRMI?
mercoledì 23 marzo 2022
DRIVE MY CAR - LA CANDIDATURA ALL'OSCAR CHE NON COMPRENDO
Timidamente, ma non troppo, sembra sia l’unico cui
questo film non abbia suscitato tutti questi clamori. Allergico alla lentezza?
Refrattario ai dialoghi centellinati? Ostile verso atteggiamenti irreali?
Probabilmente un po’ tutto, nonostante una predisposizione iniziale scevra da
preconcetti. Questo spottone Saab mi ha lasciato perplesso a cominciare da
alcune scelte di base, come il silenzio del protagonista sul tradimento della
moglie o l’uscire tranquillamente di casa con lei che dice in tono grave: “Stasera ti devo parlare”, quando hai appena scoperto che ti tradisce. No ma dico: immaginatevici.
Ovviamente tutto necessario per lo sviluppo della pellicola e dei richiami a Checov
e Beckett, dove i personaggi attendono a basta, spesso incapaci di (re)agire.
Oltretutto in una messa in scena d’avanguardia, una rappresentazione futurista
dello Zio Vanja con linguaggi misti (anche dei gesti) e attori che non si
comprendono l’un l’altro. Un film che scorre un po’ a teatro e un po’ (molto) a bordo di questa Saab che impareremo a
conoscere da tutte le angolazioni in riprese (notte, giorno, gallerie, sorpassi,
traffico, andata, ritorno) al limite dell’estenuante (mi aspettavo, anche
nell’intermezzo sul traghetto, una decina di minuti di onde fisse a susseguirsi..);
un’autista carica di rimorsi che sfogheranno assieme ai rimpianti del regista
protagonista solo al termine di 179 minuti di peregrinazioni mute e soluzioni
visive spesso accessorie. Sicuramente il pathos non ha tracimato e mi sono
soffermato sul dito perdendomi la luna indicata, ma comunque ho trovato rudimentali anche i presunti dialoghi chiave e tutto il costruito per accendere emozione, ma attraverso
terreno ovvio e visto mille volte, ma stavolta al ralenty.
Lui che non vuole l’autista perché abituato e felice di guidare la sua macchina,
accetta quasi per forza e si siede sul sedile ..posteriore! Oltretutto di una
macchina a due sportelli? Scomodissimo e teatrale (i richiami si accavallano)
ma elementare espediente narrativo per descrivere l’evolversi del formale
rapporto passeggero/autista fino alla
complicità del sedersi accanto, dopo un paio d’ore e qualche stramigliaio di
kilometri, infrangendo una sorta di divisione emotiva che sorprenderà giusto
chi vuole farsi sorprendere.
Ma ce ne sarebbero di altri inceppi: dall’attore/amante della moglie scelto
quasi masochisticamente dal regista e i suoi comportamenti grotteschi (il
ridicolo non voler essere fotografato dai fans che lo porterà a scelte
deliranti), il continuare a studiare una parte che, guarda caso, si rivelerà
provvidenziale, fino alla giovane autista tormentata che d’incanto passerà dalla
maschera imperturbabile al completo aprirsi (come col fumare nella Saab,
vietatissimo fino ad un fotogramma prima).
Mi si dirà che è proprio l'inceppo la chiave di volta.
Soluzioni spesso ingenue che vorrebbero stupire, dialoghi scarni e al limite
del grottesco, titoli del film dopo una mezz’ora solo per illustrarci una
sofferenza covata nel profondo e uno stacco emozionale da non voler/saper
gestire, ed un finale sibillino sempre con la Saab turbo protagonista (gliel’ha
regalata lui o vivono insieme una nuova esistenza?) e la giovane autista che
guida in mascherina anche da sola (siamo arrivati ai nostri giorni - da Checov
a Covid -), finalmente pettinata e senza più cicatrice sulla guancia (ma forse
è solo una mia impressione), quasi a sottolineare che in questo film tutto
avverrà, ma con calma, maledetta calma, aspettando Godot o chi per lui.
domenica 20 marzo 2022
LA SINUOSA DUBAI
Passeggiamo con la sabbia tra i piedi. E' sabbia desertica, calda, leggera, impalpabile: una polvere dai granelli impercettibili. Levigata da millenni di mare asiatico, che giunge ad ogni crepuscolo arabeggiante di Golfo Persico.
Tutto attorno si ergono grattacieli pazzeschi, ampissime strade a quattro corsie, circondate da fiori colorati costantemente curati e annaffiati nonostante temperature già proibitive a marzo.
Soldi e spazio. Ecco il trucco.
A differenza di New York, dove per costruire nuovamente si devono sacrificare anche costruzioni prestigiose, qui a Dubai c'è spazio infinito, quasi quanto il denaro.
La ricchezza degli Emirati Arabi si staglia arrampicandosi in cielo, ma quella sabbia ingovernabile la ritrovi di continuo ad ogni modernissimo svincolo, a ricordare che prima degli anni cinquanta, prima dei giacimenti di petrolio, la vita era ben altra, ma non è stata affatto cancellata dall'opulenza manifesta.
C'è sempre sospetto quando si pensa a città artificiali, che manipolano passato e futuro, ma credo necessiti interpretare.
Esisteva solo un crocevia, ma già prestigioso, tra Asia e Africa, mercato incredibile di ori, spezie, tappeti, profumi, sogni e incanti.
Mancava solo un'impronta propria, che diverrà quella di esaltarle, le impronte.
C'eravamo già stati in rapida toccata e fuga, ora volevamo carpire qualcosa che andasse oltre il colpo d'occhio. La Dubai pazzesca continua a crescere: quella dell'ingegneria futuristica, dei grattacieli arditi, delle soluzioni architettoniche sfidanti, abbinate ad una efficienza unica, un'ode all'invito, all'accoglienza, alla multietnicità.
Nulla di falso, solo lontano dalla nostra bradicipità, dalla nostra fatica a combinare passato e futuro, a miscelare Storia e divenire.
Eppoi l'Expo, la scusa per tornarci, a Dubai, noi che comunque l'avevamo "lambita" in crociera, in tempi ancora.. normali.
E devo dire che quella di Milano, nel 2015, ci impressionò di più, forse anche perché la prima. Ma sempre di spettacolo incredibile trattasi, un mini giro del mondo che ubriaca di sensazioni...
Insomma Emirati Arabi come frontiera del futuro, come vorremmo che siano le nostre città: ordinate, pulite, efficienti, vivibili.
Ma anche rispettose di tradizioni e passato, capaci di integrarsi e crescere insieme, senza rinnegare nulla. Tesori od errori che siano.
Vista dal 155 piano del Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo |
Colazione al rooftopt |
Innamorato al volo.. ;) |
lunedì 14 marzo 2022
DIFFERENZA TRA BLOG E FACEBOOK
Intanto ne premetto una praticamente fondamentale: su facebook scrivo solo da cellulare, il che ne sottolinea il carattere di velocità, frenesia, fruibilità e soprattutto labilità, fuggevolezza e caducità.
Sul blog scrivo da pc fisso nel 90 per cento dei casi, posso sgarrare su qualche commento, ma non esiste concepire un post da cellulare.
Argomenti: ovviamente spesso provocatori, futili e transitori su facebook, fortemente legati al momento, all'occasione, al cosiddetto "tempo che trovano".
Si può essere anche seri e malinconici all'occasione. Ma sempre di parentesi si tratta, di presa di coscienza veloce, di sguardo effimero, che tra l'altro coglieranno in tre.
Difficilmente posto un piatto o un micio sul blog, mentre su facebook posso farci una vagonata di likes, come anche su Instagram.
Non posto una riflessione pesante su facebook, ma il richiamo al link sul blog, magari sì, e anche quello lo coglieranno sempre in tre, forse.
C'è chi si è spostato prevalentemente su Instagram, ma la ritengo ancora una piattaforma esclusivamente "visiva", dove l'immagine è padrona assoluta del palcoscenico, senza dar peso a troppe didascalie.
Ad esempio un post simile su facebook non vale la pena, lì il mondo blogger è praticamente sconosciuto.. poi si tratta di opinioni, ovvio..
venerdì 11 marzo 2022
CIMITERO ACATTOLICO ROMA
Nel cuore di Roma, appena oltrepassato il traffico e la frenesia, puoi trovare Shelley e Keats, Camilleri e Gramsci, e poeti, pittori, musicisti russi che nulla hanno a che fare col frastuono di bombe e sangue appena lì fuori.
martedì 8 marzo 2022
QUANDO ESCI DALL'ASCENSORE
La
nostra palazzina è composta di quattro piani, un solo appartamento al piano
terra e tre appartamenti per piano fino al quarto, dove arriva anche
l’ascensore; poi c’è un ulteriore piano con soffitte per tutti e terrazza
condominiale, dove si sale solo a piedi. L’ascensore ha una caratteristica:
quando arrivi al piano, ad esempio al quarto, dove abitiamo noi nello
specifico, puoi, prima di uscire, pigiare il piano terra sulla pulsantiera interna,
e l’ascensore, vuoto, torna giù in autonomia.
A volte può essere una cortesia
nei confronti di chi hai visto arrivare dopo di te e sai, o immagini, possa dover/voler prendere l’ascensore. Se invece diventa abitudine, diciamo di cortesia, potresti non fare, invece, un favore ai tuoi
vicini di piano che magari usciranno subito dopo di te, e dovranno attendere
che l’ascensore risalga di nuovo. Ora mi chiedevo quante probabilità ha
l’ascensore di servire di nuovo al piano terra, quando non hai visto nessuno nei paraggi mentre salivi, prima ancora che ai tuoi vicini o ai
vicini del terzo piano in discesa?
O perché no, anche a quelli del secondo, che
però sarebbero equamente avvantaggiati da entrambe le posizioni di partenza
dell’ascensore: da terra a salire o dal quarto a scendere. Che poi anche gli
inquilini del primo piano potrebbero avere necessità estemporanea o semplice
rifiuto di scendere a piedi, nonché di salire, se provenienti da fuori, ed
infine ci sarebbe da calcolare a chi può servire l’ascensore per andare in
soffitta o sul terrazzo condominiale, ivi compreso l’inquilino del piano terra,
quelli del primo, quelli del secondo e magari anche quelli del terzo, che
proprio quel giorno, abbisognano urgentemente della soffitta, ma non ne
vogliono sapere di salire un possibile piano a piedi oltre ad un altro già fisicamente obbligato.
Bisognerebbe calcolare anche quanti sono in casa in quel dato momento/orario e quanti no, magari
studiando bene le luci accese ad ogni piano, se si giunge a casa dopo il
crepuscolo, fare un rapido calcolo di chi è in residenza e chi ancora fuori, e
decidere di lasciare l’ascensore al piano, rispedirlo a terra, o magari al
secondo piano, favorendo in tal caso chi esce e chi torna, con le medesime probabilità.
Un calcolo approssimativo indicherebbe un algoritmo con l’esatta
posizione dell’ascensore, per evitare attese dispendiose un po’ a tutto il condominio, sia in entrata
che in uscita: diciamo al terzo piano in
fase mattutina, dove si prevede traffico generalmente orientato verso l’uscita
di casa, senza tuttavia trascurare una generale propensione, anche per i
residenti dei piani alti, ad affrontare direttamente le scale senza l’ausilio
di mezzi propedeutici; ed al secondo piano, invece, in fascia pomeridiana/serale,
quando si prevede un flusso maggiore di ritorni alla propria dimora.
E tutto questo assolutamente non considerando le abitudini del fantasma dell'ascensore .
Insomma
quando esci dall’ascensore, ovunque tu abiti, lascialo lì, così si riposa un
po’ anche lui.
giovedì 3 marzo 2022
DOMANDE
Dopo i test della personalità, ecco qualche domanda per giocare e metterci in gioco: domande sciocchine anche, ma stimolanti, a volte domande mai poste, con risposte che mai avreste pensato di dover formulare, quindi a discreta valenza di imprevedibilità.
1 Hai mai dormito in un aeroporto? E se no, potresti farlo?
2 Avresti difficoltà a spendere 70 milioni di euro vinti al Superenalotto?
3 Pensi che ci siano folletti a casa tua?
4 Riesci a non comperare nulla dopo un’ora a spasso da Ikea?
5 Trovi orribile il suono della tua voce registrata?
6 Puoi commuoverti?
7 E se una mattina fosse il caffè a prendere noi?
8 Anche le fotografie dimenticano chi non le guarda più?
9 Ti sorprendi ancora ad ogni tramonto?
10 Ti capita di sfogliare le riviste
dall’ultima pagina?
11 Stare abbastanza bene, può essere abbastanza?
Provate anche solo a pensarci. Forse qualche risposta l'avete già in tasca, altre arrivano facili, altre ancora possono essere concepite, tutto sommato. Magari una sola, potrebbe lasciarvi perplessi/stupiti/attoniti.
A pensarci di nuovo, anche dopo averci provato.