Negli ultimi dodici mesi molte federazioni sportive
stanno riammettendo atleti russi in forma neutrale, un livello di partecipazione
individuale non in nome e per conto della Russia.
Non sono d’accordo.
Anche se proprio lo sport dovrebbe essere l’elemento
in grado di abbattere ogni barriera e consentire un’unione globale, senza
confini né distinzioni, è proprio nell’ambito delle sanzioni alla Russia che
invece dovremmo, nostro malgrado e nell’ottica di un disegno di efficacia,
mettere seriamente in difficoltà questi atleti anche a livello individuale.
Creare loro disagio perché lo avvertano
pesantemente, in maniera frustrante,
e perché possano ribaltare l’imbarazzo
dell’esclusione NON su chi impedisce
loro di gareggiare, giocare, esibirsi, ma verso la causa madre:
la politica russa con i suoi sciagurati comportamenti.
Ogni atleta proveniente dalla Russia, attualmente, continua a competere, a viaggiare, a esercitare la propria disciplina fuori dai confini, accettando di non rappresentare la Russia.
Non può bastare.
Deve invece andare incontro ad enormi ostacoli.
Deve restarsene a casa. E covare astio.
E le difficoltà, questi impedimenti reali e oggettivi, devono aiutare a maturare
un cambiamento nell’intera impalcatura della società russa: il malcontento e la
protesta devono prendere coscienza.
Indignazione e reazioni divenire una costante.
Fare in modo che dissenso e insoddisfazione di un’intera piazza, di ogni
categoria, dell’intera collettività semino discordia e dissapori.
Far capire che certe condotte scellerate andranno a ricasco dell’intera
popolazione russa, e ogni cittadino sarà costretto a scontare una penale: di
azione, di libertà, di movimento.
Ma se continuiamo a sanzionare all’acqua di rose,
forse significa che non ci preoccupa alimentare una guerra sanguinosa, o magari
interessa solo vendere armi.
Magari pensando che non arriveranno mai a sparare
qui.
Una Serena Pasqua a tutti i miei amici bloggers!