Pesca
e albicocca. Di entrambe ci eravamo fatti un'idea diversa prima del
film, ma Guadagnino ci chiarisce ogni dubbio, puntando direttamente
all'Oscar.
Qui
si parla di Amore con la A maiuscola, ignorantelli che non siete
altro: gay, etero o bisex.
E
se non bastasse, il rapido cameo di “Rosellina e Celestino”, i
due gay ospiti dei genitori di Elio, didascalico emblema della
gaiezza convenzionale, sottolinea subito la differenza con
l'immensa storia di spiriti confusi e brame dell’eros, coi piedini
a toccarsi e le manine a sfiorarsi lievi, di Oliver, dall’alto del
suo fascino conturbante, e di Elio, in piena tempesta ormonale, due
figure che pur non disdegnando l‘erotismo più classico assegnato
loro da volgari, insensibili e ciechi cromosomi (copuleranno e
sposeranno sessi diversi), intanto insegnano al mondo che l'Amore
Vero non può guardare in faccia a nessuno.
Ed
il messaggio politically correct deterge tutto il film di casto
segreto.
Nessuno
dovrà sapere di loro e non si esporranno mai: “Non userai questo
contro di me, vero?” Chiede all’efebico e incantato Elio, lo
statuario Oliver, coinvolto sì, nella storia, ma conscio di non
poterla sbandierare mettendo a repentaglio il suo lavoro e la sua
vita già inquadrata.
Poi
c’è la bucolicità, l’estate pigra, gli occhialini da “lens in
black”, le scaramucce iniziali, la diffidenza dei primi approcci
mascherati da finta arroganza, a rendere poi più intrigante
l’attrazione… (come in una qualsiasi storiella d’amore a polo
positivo vs. polo negativo)
E
questo sarebbe un film da Oscar, piaciuto alla stragrande maggioranza
di tutti, con livelli di Poesia esaltati dall’Amore Maiuscolo, che
non guarda alle sciocche convenzioni bisessuali ma si esalta nel
Sentimento Totale.
Quindi
potremmo innamorarci anche della nonna o fare sesso con l’amato
cagnolino, perché no?
No
dai, non esageriamo, proprio al massimo.. con una pesca, che
etimologicamente, in questo caso almeno, al contrario dell’albicocca
arabo/latina, deriva da “pescare (nel torbido)”… ed
infatti, la scena con il succoso frutto, a metaforeggiare un rapporto
anale (almeno credo) lascia basiti, come poi tutta l’evoluzione
della stessa… forse con un’anguria veniva meglio, e avrebbe fatto
ancora più ridere, messa a confronto con gli inserti filologici, i
reperti bronzei e le “sensuali” diapositive di statue greco
romane; ma come anche con i paesaggi agresti, i borghetti
assolati, le cascate, i prati da correre e i laghetti limpidi, le
macchinine color pastello anni ottanta, i telefoni a gettoni, i treni
a vapore, le nuotatine e i balli fuori moda… tutte robe care allo
sceneggiatore Ivory, regista di Camera con vista e Casa Howard...
E
le donne? Le donne di questo film sono simpatici accessori, dalle
ragazzette vacue e leggerine che gironzolano in bici con le loro
domande profondamente spiazzanti (“ma io sono la tua ragazza?”),
alle Mafalde donne di servizio del primo ottocento più che del 1983,
fino alla mamma di Elio che legge versi in tedesco da brava ebrea (!)
ma che il sesto senso di mamma e donna l’ha smarrito chissà dove e
guida serena col figlio accanto che singhiozza, senza chiedere nulla…
Anche
perché il Pistolotto Finale è a carico del padre, filosofico e
comprensivo, che esalta l’Amore in tutte le sue accezioni,
sottolineando al figlio che, comunque, il cuore svampa, gli anni
passano, il corpo sfiorisce, i bambini crescono… e alimentando
anche il dubbio - perché no - su retroscena potenzialmente pedofili...
Anche
l’escamotage dello scambio di nome non servirà ad altro che a
sublimare il momento topico della telefonata finale… quella che
squarcia i cuori più sensibili, elevando un’episodica infatuazione
estiva, da trasgressivo flirt, a storia romanzata.