Procida ti cattura con
una finestrella che sbircia la strada,
con i panni stesi ad
abbronzarsi,
i colori pastello
mischiati alla rinfusa, ma dalle cromie sempre incredibilmente in
tinta.
Con i suoi abitanti che ti
raccontano e consigliano subito in confidenza.
Procida ti cattura di
folate di aria fresca, di panorami vicini ma distanti un mondo,
da Capri al Vesuvio a
Ventotene;
Ischia poi, è un’ombra
imponente, ma rotonda, impacciata, faticosa.
Procida, invece, la
misurano in passi:
con meno di mille si va
da un mare all'altro, dall'onda mossa alla risacca paciosa, dal
tramonto che incide, all'ombra quieta.
Procida ti indirizza con
le sue strette vie, tra sipari di mura alte, indice di antica
ritrosia e difesa estrema, culto della fortezza, retaggio di
architetture benedettine e borboniche.
Non c’è auto che non
paghi pegno a questi spigoli di strada, viottoli angusti di pareti e
colori, che portano sempre, irrimediabilmente, ad un mare.
Le chiesette no, sono un
massacro kitsch, sbaroccate indegnamente, quasi tutte di un giallino
smorto, che poi qualcuna ci si esalta pure, nello sfavillio di colori
di casette e barche.. ma non si può avere tutto: la pace di
Corricella, dove cenare nel silenzio più assoluto, una chimera per
cittadini come noi, consumati ormai da ogni tipologia di rumore,
il passeggio sulla sabbia
nera dove le uniche orme solo le nostre,
la discesa a mare per
scoprire un faro,
il viaggio in barca per
raggiungere un ristorante,
un attraversare l'intera
isola con la notte che guadagna spazio, per godere di tutte le
stelle...
non si può avere tutto..
ma Procida ci prova.. e ci riesce..