Prendo
spunto da una riflessione ghezziana su FilmTv cartaceo...
“finisce
il film, e non sai dove sei stato. Pronto a tornarci. Il cinema è lì
per questo: farci tornare dove non si è mai stati. Quante volte sei
andato tornato al cinema, diecimila una nessuna?”.
E
mentre Ghezzi prefigura quell'ipotesi di virtualità cinematografica,
dove il film arreda sala e spettatori, io mi chiedo, profanamente,
quanto invece la sala arredi il film, quanto “arredi” noi, in
attesa del film, e quanto invece noi, con la nostra attesa, influiamo
sulla visione, sul prodotto stesso, usufruito in un modo da me ed in
un altro da te che leggi subito dopo, che entri al cinema dopo una
litigata; che al cinema, quel giorno, non ci volevi andare, o che
volevi vedere un altro film, e magari da solo, oppure con altre persone?
E
quanto incida invece quel “nessuna”, perché ancora c'è,
potrebbe esserci, gente che non va al cinema?
Che non ha mai perso
l'orientamento nell'oscurità di una sala a proiezione iniziata?
Che
non ha mai gustato l'odore delle poltrone ancora vuote ad omaggiare
lo schermo bianco?
Eppure
so che c'è gente cosi.
E
quanti sogni in meno per tutte queste persone?
Quante letture di
libri senza scenografie?
Quanta immaginazione senza 3D?
Quanti rari
altri mondi da sommare ai propri grezzi incubi? Quanta scarna
fantasia mai supportata da un fascio di cinepresa che squarcia il
buio?
Da un'animazione sovrapposta, dalla
frenesia di un mondo dipinto sulla parete ma reale stargate a
scavarci un altro
mondo
dentro?
Che gusto potrà mai esserci a sgranocchiarsi i popcorn caramellati sul divano di casa?
Mio padre era un siciliano duro e sanguigno. Con me era molto gentile e mi chiamava il piccolino poiché era nato tredici anni dopo mia sorella e dieci dopo mio fratello.
RispondiEliminaConosco bene Palermo e il suo mitico mercato, la "Vucceria" , dove si compravano le sigarette americane, tutte le marche prestigiose, ma il sapore era sempre lo stesso. Più che brutto, direi strano.
Un bel post.
Ciao Franco.