“New York era la sua città, e lo
sarebbe sempre stata”
(Woody Allen, dal film “Manhattan”)
Era la prima volta, e
l'attendevo da anni.
Ho visto mille cose, e ad occhio e croce me
ne mancano, comunque, un’infinità.
Ed anche ciò che ho
impresso negli occhi, è solo una minima frazione di spazio/tempo, e
può appartenermi dal punto di vista di quel solo istante.
Di sicuro c'è che New
York non è un mondo statico ma una costante evoluzione emozionale e
strutturale, dove la frenesia, il rumore, il caos, gli odori, cose e
persone da guardare (e che ti guardano), ti si accavallano e
appiccicano addosso lasciandoti spesso basito e frastornato.
Un continuo scambio di sollecitazioni e novità, dove
incameri alla rinfusa mentre, abitualmente, impili e cataloghi con
ordine.
New York è un
grimaldello. Pronto a scardinare i tuoi pregiudizi.
Cercherò di parlarvene
soprattutto attraverso le immagini, perché la fotografia può
catturare sensazioni spesso indescrivibili.
Poi certo, c'è il
Central Park in un crepuscolo silenzioso, che ti catapulta in un nano
secondo dalla metropoli ad un sogno irreale,
o la High Line di sole
incredibile, ferrovia sospesa abbandonata e riconvertita a splendida
passeggiata nella midtown più evoluta,
o il ponte di Brooklyn,
palcoscenico in legno con l'incredibile sipario/skyline di luci come
magica quinta,
o ancora il panorama
notturno dall'Empire State Building, che ti lascia senza fiato e
gonfia il cuore di emozione luccicante...
ma sono tutti attimi
personali... New York non può essere nostra, ognuno diventa di sua
proprietà, mentre tenta di attraversarla e ne è, irrimediabilmente,
attraversato.
Posso raccontarne una
micro sensazione; ognuno, poi, deve aver modo e fortuna di soggiornarci,
attraversarla, respirarla, darle un morso. Come con una mela.
Quella
grande mela che da sempre rappresenta NYC nel mondo.
Occasione e simbolo di
successo e ricchezza..
Come capitato anche a me,
tanti, prima di arrivare a New York, possono identificarla come una
sfida verticale, l'icona del grattacielo, cristallo e riflessi come
simbolo futurista,
ma è dal basso, dalle
strade che si dipana il movimento e la smania, un'ebollizione
perpetua, che si ripercuote nel sottosuolo, regno della subway e dei
mille modi di raggiungere ogni angolo di questa immenso groviglio di
fauna umana, che si muove anche a piedi e in taxi, e si sfama di
fretta ai mille baracchini di street food (robe fantastiche!!) che si
trovano ad ogni angolo..
gente sfiorata appena da
luci e neon che rendono la notte giorno pieno; e poi negozi immensi,
teatri sfavillanti, ristoranti di ogni etnia immaginabile,
cantieri
aperti in ogni dove, con l’ansia del rinnovo, della sfida al cielo,
sperando che l'ancora ricca testimonianza di palazzi dell'ottocento, tra il vittoriano e il coloniale, resistano alle prepotenti folate di architettura, anche d'azzardo, che
invadono ogni minimo spazio residuo...
ma anche povertà
tangibile, homeless dappertutto, gente fuori di testa che canta,
gesticola o urla, spazzatura e cattivi odori - non come a Roma però,
dove la spazzatura è permanente -, a New York viene tolta, ma si
riproduce agli angoli a velocità inconcepibili,
dai tombini spesso
eruttano vapori e miasmi mefistofelici, le sirene di polizia e
ambulanze sono una costante, diurna e notturna;
i costi proibitivi
(puoi spendere 8 dollari per un cono gelato, circa sette euro; o 30 dollari
per due spritz senza neanche uno stuzzichino di arredo), le mance
calcolate nello scontrino ad ogni ristorante.. che pensi anche sia
giusto così, la manodopera è tutta di colore, in gran parte
sudamericana, sfruttata al massimo..
ogni volta che abbiamo avuto occasione di parlare o
chiedere informazioni, e quindi al cameriere, al venditore ambulante,
al barista, al poliziotto, al commesso del negozio, al bigliettaio
della metro.. la lingua richiesta, in alternativa all'inglese, era
sempre e solo lo spagnolo!
Un coacervo di meraviglie e di contraddizioni, di occhi spalancati e di ebollizione costante, calderone fascinoso che si fatica ad etichettare secondo crismi abituali..non credevo di trovare tante chiese ad esempio, dal gotico al presbiteriano; non immaginavo di poter camminare tanto, di essere assalito dal "tanto"... così come di emozionarmi e stupire a ripetizione...
ecco perché si ritorna a New York.
Ma devo dar ragione a mia moglie: dovendo scegliere una "seconda volta" tra New York e Maldive.
Lo ammetto: Maldive.