Solo
un granbellezzarsi addosso uscendo volutamente fuori le righe, dove
vien da pensare che non ce ne sia uno che reciti secondo un metro
accettabile.
Ma questo, di Virzì, lo si sapeva già: gli piace
eccedere, forse ha paura che i suoi personaggi rimangano anonimi, ed
in questa storia di tre sceneggiatori arrivati a Roma per trovare
fortuna e gloria nel mondo del Cinema, lo vedo bene -
autobiograficamente - nei panni del toscano Giovanni, in
fibrillazione perpetua, pseudoartistica e ormonale, così come
Francesco Piccolo e la Archibugi, nei panni di Antonino - pignolo,
saputello e tontolone - ed Eugenia – complessa, impasticcata ed
emotivamente precaria -, avrebbero un loro perché.
E'
il perché del film che non mi è chiaro: Virzì in un intervista
parla di “canzonatura” dell'entourage dell'epoca, tutto
concentrato sulle miserie e i ritmi di una fabbrica di cinema e
produzioni sempre a mille, coi ghostwriters a sfiancarsi e i soliti
nomi a dettare danze, a difendere protetti e fortino.
Ne
esce un quadretto miserello, tutti personaggi eccessivi, patetici o
elementari, senza uno straccio di reazione normale, pieno di
schizzati, emarginati, collusi, venduti, profittatori e cialtroni
dove alla fine non si salva nessuno e l'arte, la poesia, la passione
sono solo a margine e quasi un pretesto.
Che
poi, a pensarci bene, tutta questa frenesia dell'epoca, la vedo
irrisoria e quasi un ralenty rispetto al gran cinemare che si fa
oggi, con uscite che durano meno del volo di una farfalla, personaggi
che appaiono e spariscono, film invisibili che non pareggiano neanche
metà dei costi di produzione..una concorrenza impietosa, e spazi
ristretti dove mettersi in evidenza, ad esempio i Festival da
sfruttare come rampa di lancio (che qui si che ci sarebbe da fare un
film per scoprire retroscena, altarini e criteri di selezione...)
Si
riesce anche a fare il verso (e qui scommetterei sullo zampino di
Piccolo) ad un trend di gran moda in questi ultimi tempi, con il
mockumentary finale che coglie presunti protagonisti anni dopo
rispetto ai loro racconti, e impegnati nell'attività dei giorni attuali.
Ad
esempio Giovanni, s'è dato una calmata, chiuso i sogni nel cassetto
e aperto un ristorantino a Piombino.
Ecco,
ci chiediamo, nella trattoriola di Virzì si mangerebbe
eccessivamente salato, o pepato, o piccante, così come cucina suoi
film?