Analista
- Buongiorno
Paziente
- Buongiorno a lei.. mi scusi.. ma sono un po' nervoso
A
- Capisco, ma non c'è da preoccuparsi.. come mai ha deciso di
consultare uno psicoterapeuta?
P
- Oddio.. forse vorrei una risposta da lei anche a questa domanda..
A
- Di solito c'è bisogno di essere ascoltati, neanche compresi,
soprattutto ascoltati..
P
- Io ho già molti amici cari, e magari qualche evento traumatico di
troppo, perdita di persone care, paura di ulteriori privazioni di
certezze materiali e di salute, mancanza di fiducia in me stesso,
timore del futuro e inadeguatezza nell'affrontarlo senza poterlo
pianificare.. da qui ansia e insicurezza, un'ansia della quale mi
rendo conto... incapacità di godermi appieno il quotidiano, anche
solo le piccole cose belle, le cose più semplici..
A
- Ci sarebbe la politica dei piccoli passi, non farsi schiacciare
dalle paure ma anche schivare l'immobilità, il tenere tutto fermo
poiché rassicurante, come un castello di carte che rischia di cadere
al minimo soffio. A volte si cristallizza la vita temendo vada in
frantumi, ma si accumula solo polvere.. e bisogna guardare avanti,
senza progetti pazzeschi.. a vista, ma navigare, uscire dal porto.
P
- Mah.. io non mi sento immobile, ho la mia vita, i miei amici, i
parenti, sono curioso, mi interesso, leggo, vedo mostre...
A
- Strano sia qui da me allora...
P
- Forse per un senso di irrisolto, di incompiuto, qualcosa che forse
avverto che mi blocca ma che non saprei esprimerle.. pensavo davvero
che lei fornisse diagnosi e conseguente valutazione.. le grandi
decisioni mi allarmano, tendo ad adagiarmi e rimandare, ma anche le
piccole variazioni, ancorché programmate, rimangono spesso lettera
morta. Chiedo concessioni al tempo e alla mia pochissima voglia di
variare stati di cose cui tendo ad affezionarmi.
A
- In realtà lei subisce certi stati, senza reagire. Paura che il
presunto equilibrio faticosamente tirato su, le si sgretoli attorno
alla minima variazione.
Lei
pensa che da me vengano persone fragili? Da me vengono persone forti,
convinte di esserlo. Persone che vogliono solo conferme, una
definitiva rassicurazione. Un passaporto di fluidità di pensiero
rilasciato da un ente autorevole.
Io
dovrei farle contente, assecondarle, ma non farei il bene della mia
categoria. Purtroppo tanti colleghi si crogiolano sulla loro presunta
“autorevolezza”, condizionando il paziente, lasciando che
percorra la sua vita senza scosse, forniscono solo un autorevole
ok a ciò che il paziente ha già scelto di subire per se. Non
prospettano scenari diversi, perché quel “diverso” potrebbe
allontanarli da loro.
Lei
cosa crede che io, davvero, possa offrirle? Ci pensi.
P
- Non saprei.. forse si.. un conforto riguardo il mio modo di gestire
la vita.
A
- No. Non posso rassicurarla. Sarebbe anche offensivo nei suoi
confronti. Se si sentisse a posto non verrebbe da me. Se non avesse
bisogno di aiuto, aiuto certificato, le basterebbero i suoi amici, i
suoi svaghi, le sue passioni, le sue certezze. Ma io non posso certo
coadiuvarla. Devo trovare anzi un antidoto contro le sue presunte
sicurezze, contro ciò che rassicura lei, ma destabilizzerebbe
chiunque altro.
P
- A me non sembra di avere comportamenti .. destabilizzanti, come
dice lei, o che semplicemente creino imbarazzo. Ho i miei modi di
fare, abitudini radicate negli anni si, ma ..tutte cose che rientrano
in una normale consuetudine. Certo sono pigro, incostante,
preoccupato, temo i cambiamenti, le novità.. roba che genera ansia..
ma immagino sia logico, credo che lo riscontri anche in altri
pazienti..
A
- Oh certo. Dice bene. In altri pazienti, anche se non è la regola.
La regola sarebbe non aver bisogno di venire da me. La regola sarebbe
non essere paziente, auto analizzarsi e risolvere ogni minima bega
con un espediente fantastico che porterebbe all'estinzione della mia
categoria: l'obiettività. Una capacità potenzialmente patrimonio di
tutti, e cioè l'abilità di guardarci non dall'interno, ma da fuori.
Riusciamo di rado, e vale anche per me guardi, a porci idealmente
fuori da noi stessi, osservarci come al cinema, noi in poltrona e
sempre noi, sullo schermo. Un film che pensiamo a priori di conoscere
a memoria, e che invece, osservato con l'esatto distacco, la
necessaria obiettività, potrà solo che stupirci.
P
- Da un lato mi sta come confondendo..
A
- Quale lato? Ecco.. mi interessa.. l'ascolto..
P
- Ma era come un modo di dire.. nel senso che sparigliare le carte
come fa lei mi spiazza.. confondere i ruoli e i punti di vista.. io
vorrei sempre tutto sotto una luce ampia e chiara, nulla che non sia
ben distinguibile, temo le ambiguità forse, i malintesi.. per questo
forse non vado mai a fondo con le persone, rimango in superficie..
magari per paura di urtare le suscettibilità, di alterare equilibri,
di creare malintesi...
A
- Così perde in naturalezza, in spontaneità. Si rischia il rapporto
falsato, permeato di intenzioni sottaciute e interrogativi chiusi nel
cassetto. Da un lato più facile, decisamente meno conflittuale ma
incline alla superficialità. Lei deve sfruttare chi le gravità
attorno, ed è un discorso bilaterale, una necessità profonda che
prevede un do ut des da entrambe le parti, un reciproco
arricchimento.
Diciamo
pure che per oggi può bastare.
Può
parlare con la segretaria per la parcella. Sono 150 euro. L'aspetto
lunedì allora.