LA MIA PAGINA FLICKR
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martedì 27 ottobre 2015
domenica 25 ottobre 2015
Andare a prendere in Caritas
Una giornata da volontario in mensa Caritas serve ad aiutare a distribuire pasti e sorrisi.
Anche se quelli che ti vengono restituiti, di sorrisi, sono sempre di più di quelli che metti in cantiere;
i "come stai" veri, non quelli ipocriti, ti abbracciano tutto il giorno.
E la sera ti riporti a casa una copertina di serenità.
Anche se eri convinto di averla portata tu una copertina per gli ospiti dell'ostello.
venerdì 23 ottobre 2015
DOVEVA ACCADERE...
http://mikimoz.blogspot.it/2015/10/franco-battaglia.html
..ed è accaduto!! Intervistato dal re dei bloggers, mio mentore assoluto, confessore, custode, confidente dell'inenarrabile.. eccomi a nudo (o quasi) direttamente a casa del mago del web più e più volte glorificato su queste stesse indegne colonne..
martedì 20 ottobre 2015
giovedì 15 ottobre 2015
SOPRAVVISSUTO - THE MARTIAN
Con
un incredibile Cast away 2.0 Ridley Scott ci commuove per due ore
mischiando tutte le emozioni stereotipate da Inside Out. Matt Damon
creduto morto e abbandonato sul pianeta rosso dovrà contare solo su
se stesso e la capacità di non impazzire razionando e
razionalizzando “un problema alla volta”.
Un
film per noi che spesso non riusciamo a stare da soli neanche con la
televisione spenta.
“The
martian” prende di petto questo pianeta deserto e ostile, e noi con
lui stavolta schizziamo di isolamento, ci commuoviamo al suo video
diario (“se manca l'acqua muoio, se finisce l'ossigeno muoio, se
non trovo cibo muoio”), ci facciamo forza e scopriamo risorse,
riusciamo a goderci panorami marziani nei fin troppi immensi attimi
di solitudine, segniamo i giorni a parete come gli ergastolani perché
il tempo diventi sollievo e non condanna.
Aspettiamo
una voce dall'aldilà. Ma un aldilà vivo. Fatto di uomini e scienza
e radiosegnali. Di scelte da prendere alla faccia della logica. Di
decisioni “terrestri” considerate da uomini come noi. Di coraggio
nei confronti di un solo uomo perduto nello spazio ma che ritrova se
stesso, si aggrappa alle sue passioni per sopravvivere, alla sua
logica divenuta improvvisamente “spaziale”, alla discomusic
lasciata in mille files dal comandante della missione, che fa da
contrastante e splendido arredo musicale a quel darsi da fare di
Damon, tecnico “imperfetto” che tenta, sbaglia e prova di nuovo.
E
fa niente se per due ore non pensiamo ai bimbi che muoiono di fame a
km zero. Nella nostra stessa atmosfera. E che nessuno torna
“indietro” a salvare.
Perché
il mondo si muove all'unisono solo per le imprese, e si sfida il
Sistema solo per l'eccezionalità.
Non
è solo un'accoppiata con la morte questo passeggiare su Marte. Un
guardarsi negli occhi mentre le sfide si avvicendano, le tempeste
insabbiano, le contrarietà si moltiplicano: è aggrapparsi agli espedienti, comunicare ogni giorno con se stessi in videoselfie fino a
poter comunicare, di nuovo, col mondo.
Riempiendolo
di sorrisi e carezze, e di parolacce anche, quando ci sarà da
misurare davvero gli unici sogni di salvezza.
E'
fantascienza ridotta alla nostra portata, è una gara contro il tempo
ma la sua dilatazione forzata è contemporaneamente fascino, delirio e
compartecipazione. Alla soluzione finale ci arriviamo da subito anche
noi, ma è il viverla che ci eccita e ci rende spettatori attivi.
Non
vuole morire Matt Damon. Senza combattere almeno. E noi con lui. Ci
immedesimiamo, piangiamo, ridiamo, prenderemmo a calci la Nasa
potendo.
Non
capiamo un tubo di navicelle spaziali ma un lunotto crepato di
automobile con plastica e scotch l'abbiamo riparato tutti
probabilmente. Ed è in questi frangenti così comuni che manteniamo
Matt a fianco, tenendo il ritmo della discomusic e sfidando Marte
anche noi.
E da
oggi guarderemo un germoglio che spacca l'asfalto con un altro
occhio.
Ne
sono sicuro.
domenica 11 ottobre 2015
I LIBRI (e di conseguenza i film) IDIOTI: "UOMINI CHE ODIANO LE DONNE" di Stieg Larsson
Leggere un libro e vederne il film spesso comporta smottamenti emotivi. In questo caso le componenti si moltiplicano e cercherò di metterle tutte sul piatto.
Partiamo dal presupposto fondamentale: il libro non mi è piaciuto.
Punto primo: ti intriga con un malioso ed affascinante incipit che resta clamorosamente fine a se stesso sia nel libro che nel film, e trovo semplicemente incredibile che tanti amanti del thriller si accontentino dello zuccherino fatto balenare appena un attimo....
Punto secondo: se la tira per buone trecentottantanove pagine di contorno narrativo, ed io, giuro, ho continuato a leggere solo per vedere dove avevano imboscato il mio ormai logoro incipit dal fascinoso acchiappo iniziale.
Punto terzo: si conclude sconclusionando con una serie di alambiccate soluzioni stratirate per i capelli e molto della serie "guarda un po' che me devo inventa' pe' fa' du sòrdi co' 600 e passa pagine de libro".
Chiudi il voluminoso volume e dici: ragazzi, gli altri due libri della saga ve li leggete voi e quelli della palazzina vostra.
E torniamo a bomba. Da ambedue, libro e film, salvo la Lisbeth, elemento anomalo, dal carattere scorbutico, che catalizza attenzione e tenerezza, sottodimensionata anche lei dal film che, paradossalmente, la eleva a protagonista assoluta pur riducendole, nel dissennato gioco al taglio selvaggio, spessore emotivo, tematiche e sentimento, una Nikita sregolata insomma, mentre leggendola, l'approccio è più sfaccettato.
E diamo pure un'occhiata al film, visto che ci siamo. L'incipit, dicevamo, è il medesimo del libro: l'amata nipote del magnate Vanger regalava allo zio un quadretto con fiori e foglie essiccate e sottovetro ad ogni compleanno. Dopo la misteriosa scomparsa della ragazza però, avvenuta anni or sono, l'invio continua misteriosamente a perpetrarsi nel tempo, e Vanger non si spiega questo girare il coltello nella piaga. Ma tutti sapremmo, (con certezza alla fine), che se uno di questi quadretti fosse stato sottoposto al genietto Lisbeth, questa ne avrebbe sviscerato non solo la provenienza, la sostanza, ed il mittente, ma pure il numero della cassa di Ikea dove era stato comprato, a che ora, il nome della cassiera che aveva battuto lo scontrino, nonché la marca del chewingum che la medesima stava ciancicando in quell'istante.
Certo il libro sarebbe durato 40 pagine ed il film mezz'ora!
E come lo infinocchiamo l'utente finale poi?!
Ed allora continuiamo a farci del male... comunque... mentre tutto il libro, nonostante il bradipesco evolversi, è permeato di profili psicologici, personaggi e personaggini di contorno a volte anche fondamentali per la storia (vedi la figlia di Mikael, vero passe partout per la soluzione finale, nel film segata senza pietà), nella trasposizione cinematografica si centrifugano tutte le chiavi di volta, snellendo a più non posso ed esautorando, assieme ai tempi morti, pure impulsi passionali, frustrazioni psicologiche, sensi di colpa, coinvolgimenti affettivi, innamoramenti in embrione, conflitti interiori, e facendo fuori tout court, i personaggi e personaggini, di contorno e non, puntando tutto sull'effetto visivo e qualche scena shock dal sicuro appeal, ma bruciandone anche qualcuna, di scena chiave, come il mitico primo incontro tra Mikael e Lisbeth - quello che resuscita il libro a pag 389...
e se lo hai letto il libro, mentre guardi il film ti sembra di assistere ad un avanti-veloce che quasi cerchi il telecomando per ripristinare i tempi originali.
Quindi in estrema ma efficace sintesi: libro una palla spesso irritante e insulsa e film troppo frenetico, ma sempre insulso fino all'irritante.
Se proprio necessario, fruire del film all'oscuro del libro.
Ma il consiglio spassionato e che fruiremmo meglio del nostro tempo
rimanendo serenamente all'oscuro di entrambi.
Sequel compresi, ovviamente.
Eppure sulla scia di Larsson certa "giallologia" nordica ha invaso l'Europa.. speriamo, almeno, di aver reso la pariglia con i nostri Cam(omi)lleri...
domenica 4 ottobre 2015
OTTANTACINQUEMILIONI DI EMENDAMENTI
Io
lo sapevo che Michele Serra mi fregava.. nel senso, mi avrebbe
fregato comunque.. ma nella fattispecie erano giorni che covavo le
stesse obiezioni che il Nostro, sulla sua Amaca quotidiana di
Repubblica, e precisamente in quella di venerdì 2 ottobre, sviscera e
sberlina come solo lui...
Si parla ovviamente degli ottantacinque milioni
di emendamenti atti a bloccare le attività del Senato che Calderoli avrebbe compilato grazie a un algoritmo
monello di quelli che ti spostano una virgola, un punto, una graffa, una sillaba e
i pensierini del giorno si trasformano in tanti “scopri le
differenze” dall'insignificante pregnanza oggettiva, che una volta percepito l'inghippo Grasso
avrebbe dovuto leggere un solo comunicato ad aule unificate:
Calderoli,
sa dove se li può ficcare tutti i suoi ottantacinque milioni di
emendamenti?
sabato 3 ottobre 2015
INSIDE OUT
Erano
cinque le emozioni che ci accompagnavano nel cuore e nella testolina
di Riley, l'ultima creatura Pixar, a caccia di una vita serena e
spensierata.
Ma
all'uscita dal cinema me ne trovo un'altra accanto, e bella corposa.
La
delusione.
Le
aspettative sono una gran bella cosa ma stavolta Pixar sbraga eccessivamente in questa introspezione psicologica che lascia al
tappeto intanto una marea di bambini visibilmente spiazzati dai toni
adultosi e pure un sacco di
adulti che faticano - e io con loro - a trovare lo spirito bambino
che li proietti sapientemente, come spesso accade in un lavoro a
cartoni, in una dimensione adolescente spesso trascurata.
Gioia,
Rabbia, Tristezza, Paura e Disgusto rappresentano uno squilibrato
quattro contro uno che, seppur testato da autorevoli fonti e propedeuticamente indispensabile al
positivo epilogo della pellicola, non rende giustizia all'eterna
battaglia emotiva che tutti noi combattiamo quotidianamente nel
nostro io.
La
mente umana è regolata come un immenso Quartier Generale dove queste
cinque emozioni base educano e indirizzano la crescita di Riley.
Ma
tra memoria, subconsio e cura della personalità rischiamo di andare
in confusione, mentre i bambini sommersi di popcorn caramellati e cocacola iniziano
coscientemente a rimpiangere i Minions della sala accanto.
Speranza,
Perdono, Sorpresa, Curiosità, Complicità, Desiderio.. sono tra le
emozioni positive accantonate dalla pellicola con troppa facilità
per far spazio all'unica eroina in grado di salvare la baracca quando
gli eventi contrari faranno capolino, per quanto poi cerchi di
coinvolgere, arrampicandosi su più specchi, anche il resto della
truppa..
Il
film poi è statico, monocorde, dalla scarsa inventiva, dal limitato
coinvolgimento, stranamente frenato nell'originalità cartoonistica.
Manca
verve, latita il genio, scarseggia la potenzialità che solitamente
tracima dagli autori Pixar e ti ubriaca di soluzioni visive
incredibili.
E'
come se la Gioia, protagonista indiscussa del film, voglia e debba
pagare eccessivo pegno. Rendendosi stucchevole protagonista di un
film che non decolla mai se non in rarissime sequenze.
Insomma
fa Rabbia constatare che Tristezza e un vago Disgusto si
impadroniscano dei nostri giudizi fino a farci restare abbastanza
male sulla poltroncina della multisala.
In
più si aggiunge la fondata Paura che alla Pixar abbiano dimenticato
come si affascina lo spettatore.. i Wall.E e gli Up sono lontani anni
luce.