lunedì 20 marzo 2017

PRONTO SOCCORSO


Ritrovarsi dalla vita reale proiettati in un pronto soccorso, è un po' come vivere un'allucinante avventura che ti scaglia in un mondo immaginario, fino a qualche ora prima verificabile solo su rassicuranti e distaccate serie tv.

Basta una colica, che tu scambi che per un normale mal di pancia, con vomito annesso.
Solo che inizi a mezzanotte e dopo 12 ore non accenna a calare, e tua moglie decide di portarti al Pronto Soccorso, e tu ti fai portare, perché stavolta senti qualcosa di troppo storto.
Pronto Soccorso di una grande metropoli.
Lasci la civiltà, e ti accomodi nel caos.

Anzi.. gli dici che stai a pezzi e ti accettano quasi subito, prelievo del sangue, pressione, elettrocardiogramma, maglietta bagnata per poterti attaccare gli elettrodi, ti manipolano un attimo, ti chiedono se sei allergico.
Poi via, primo step, piazzato in un limbo di abbandonati.
Terra di nessuno. Puoi lamentarti, urlare, bestemmiare.
Finché non chiamano proprio te, nessuno ti si fila.

Dopo un paio d'ore arriva il tuo turno e allora, si, giungi nel fulcro, quasi tutti in barella, un immenso corridoio gomito a gomito spesso, una striscia di Gaza che ti divide da una diagnosi ancora miraggio - talvolta separati da tendine volanti sospese al soffitto - alla pura attesa abulica e vuota.
Arriva un medico, mi tasta l'addome, mi chiede cosa ho mangiato, cosa ho preso.. Buscopan e Antispasmina colica, gli dico. Il dolore è fisso? Si.. suggerisco Maalox che l'infermiera all'accettazione aveva nominato. Sembrano prendere la palla al balzo, mi preparano un bicchierino. Ingurgito, ma nulla, neanche dopo un po', avrei preferito un placebo...


Passa il tempo. Non c'è posto al reparto, tanto meno nei pochi letti di pronto soccorso. Ogni tanto ti spostano più in là, più a destra o a sinistra, se cercano qualcuno urlano il tuo cognome in corridoio, strillano tutti, infermiere e infermieri, sono frenetici, formichine impazzite.
Una foga da stress, da iperattività, da disorganizzazione, da qualcosa che faccio fatica ad accettare, anche perché non sono lì come osservatore, ma chiamato in piena causa, a scorgere qualcuno che ti rivolga un segnale, che ti allevi uno spasmo; mi sembra tutto fuori giri, asincrono.

I dolori sono costanti, si prepara la notte, di dormire non se ne parla. Avevo sentito parlare di “visita”.. alle due mi alzo e mi avvicino al bunker con medici e infermieri di turno.
Scusate ma passa qualcuno poi? “Perché sta male?” (no sono in gita premio... mi verrebbe da dire, ma mi trattengo).
Si, il dolore è uguale.. “Torni sulla barella, ora vediamo. Il blitz ha smosso qualcosa, dopo neanche cinque minuti mi chiamano per una ecografia notturna..
Ce la fai ad arrivare fino a Radiologia? sono cento metri, giù in fondo..”

ce la faccio...

Dall'eco si evidenziano calcoli. Quindici ore per passare da un ostinato mal di pancia, a calcoli alla colecisti.
Mi attaccano il “rubinetto”, la sondina per le flebo multiple, e partono antibiotici.
E dormo pure un pochino, a strappi, girandomi di continuo da un lato e dall'altro, per attenuare il disagio, le fitte e l'arsura.
Al mattino il corridoio è una piccola Kabul, barelle alla deriva, continui arrivi, stento a collegare facce e corpi della sera prima, consulti in comunità, prelievi col fiato addosso.
Sottraggo, con la preghiera, una bottiglietta d'acqua ad un umanissimo infermiere che mi ricorda mille volte “Te la do, ma puoi solo bagnarti le labbra, mi raccomando”


In mattinata ci scappa il letto, ma sempre di Pronto Soccorso, abbandono il corridoio di disperati, ma sto a stretto contatto con medici e personale che litigano fra loro, coi sottoposti, come in un'emergenza continua, e con i parenti anche, che devono sfruttare le risicatissime finestre di visita ai pazienti per riuscire ad avere qualche notizia.

Giunge voce di un posto letto al reparto Chirurgia. Il medico di turno dice a mia moglie “Attenda fuori che tra due ore sale al reparto e lo raggiunge. Ne passano 7 di ore. Mia moglie è stravolta. L'antibiotico inizia a lenire i dolori, restano fitte quando respiro a fondo.

Dopo una cinquantina d'ore, finalmente salgo dagli inferi alla Chirurgia. All'infermiera che mi accompagna in sedia a rotelle chiedo.. ma vi pagano seimila euro al mese o siete in punizione?
Siamo in punizione” conferma “chi non riesce a schiodare.. resta là”

Giungo al reparto, stanza per me, letto fresco, camera accogliente, nugolo di infermierine e attenzioni, silenzio, e pace, soprattutto.
Una quiete irreale.

E non siamo a Villa Stuart (nota clinica romana esclusiva per vip e calciatori ...), è sempre ospedale.
Ma un altro pianeta. Non c'è conflitto, non esiste frenetico delirio, i parenti sono tollerati; ti controllano gli aghi, le flebo, le fasciature, ti chiedono come stai, cosa hai fatto, come ti chiami, come ti senti... ma quando gli accenni alla situazione del Pronto Soccorso, nicchiano, sono restii a parlarne.

Lo sanno che c'è un “altro” ospedale.. ma è distante.. e vogliono restarne distanti.

Ovviamente sono estremi i richiami a Gaza o Kabul, ma servono ad evidenziare questa disparità di condizione di lavoro.
Li pagherei triplo veramente questi infermieri e paramedici di Pronto Soccorso che si fanno in quattro, e che non possono far altro con i mezzi e i turni che hanno, la prima accoglienza rischia di tarare psichicamente soggetti già fragili, e minare la fiducia nel pubblico servizio.
Se spesso non avviene, è grazie a queste persone che si immolano in condizioni proibitive, che riescono a donarti un sorriso vagante anche mentre sei sbattuto alla deriva, senza sapere minimamente cosa ti attende. E quando.




giovedì 2 marzo 2017

TESSERE UN TOT AL KILO


La barzelletta della fila per le tessere rende ridicoli protagonisti e coprotagonisti.
I partiti sono ben oltre la frutta ormai.... ed il conto lo stanno facendo pagare a noi.

Che poi, dico io, se il Paese andasse a gonfie vele sarei anche disposto a sopportare questo saccheggio continuo, questa corsa al potere dissoluto nelle alte sfere...

Ma non è così. Continuano ad arricchirsi in pochi ed il popolo arranca.

Vediamo fino a quando saremo in grado di assistere immobili a questa ormai patetica commedia..

mercoledì 1 marzo 2017

IL FENOMENO "MONTALBANOSONO"



Non vorrei risultare monotono ma qualcuno ha visto ieri il nuovo Montalbano con l'episodio Un covo di zoccole vipere?

Ma come si fa, dico io.

Due ore e trenta di fuffa per un presunto gialletto all'italiana?

Due ore e trenta di commediola e aria fritta, quel “montalbanosono” che agisce circondato da un'umanità più o meno variegata, ma tutta accomunata da un quoziente intellettivo assimilabile a quello delle scimmiette del Circo Medrano (e temo di fargli torto, alle scimmiette..), e senza che dal medesimo standard si discostino neanche i cattivi di turno, ad ogni puntata più sprovveduti, maldestri e tontoloni.

Perché, ci chiediamo, piacciono queste messinscene arruffate, riscuotendo devastanti consensi?

Ci sarebbe da scomodare una delle fenomenologie del compianto Eco: bisogno di rassicurazione? 
Necessità di non spremere troppo il cervello (non sempre si può stare appresso ai machiavelli di N.C.I.S., Elementary o Colombo)? Illusione che gli arzigogoli e le strampalaterie a cui ci sottopongono Montalbano ed i suoi sottoposti, siano il sale ed il pane quotidiano del poliziotto comune, e servano a rendercelo meno distante dai fantasmagoricamente acrobatici James Bond od Ocean's Eleven?


Come il Mike fenomenologico evocato poc'anzi, il nostro commissario rispecchia la media della media, anzi, è bruttarello e stortignaccolo, ma recupera in simpatia (!?), un po' Paolino Paperino ed un po' Gastone (per come risolve i casi quasi sempre a botte di cu... ops!.. fortuna...), con la fidanzata che appare e scompare (non come la fantomatica moglie di Colombo...), la nuotata scomposta, l'impaccio che vuol apparire spontaneo; spesso viene messo in mezzo, ma appare sempre padrone della situazione; gli piace mangiare, è sensibile al fascino femminile, educato e rispettoso delle amicizie, insomma, esprime le aspettative di quei sette/otto milioni di spettatori (masculi e fimmine) a puntata.

E ogni puntata viaggia con personaggini di contorno divenuti ormai centrali, avanspettacolo puro, e chiacchiere, pranzi, colazioni, cene, tramonti sul terrazzino, appostamenti, e poi richiacchiere, indizi, sospetti, montagne di prove non esaminate (in questo c'è addirittura una suicida che passa per una che muore durante una nuotata - in camicia da notte -), e poi cenette e pranzetti, questori e pm dementi, medici legali grevi e panzoni, lettere anonime a pacchi, ovviamente donne smignottegianti come se piovesse (tutte in quel paesino stanno..), caratteristi da manicomio e, al termine di tutta una storia contorta, la soluzione inaspettata (inaspettata perché non c'entra nulla con tutto quello che ha preceduto e con tutti gli sviamenti proposti), e perché no, mettiamoci un'ospitata per farci una storia a parte, che di rimbalzissimo sfiora la storia principale, stavolta tocca al barbone Haber perfettamente a suo agio nel suo personaggio approssimativo (circondato dall'approssimazione..).


Ma tanto al fruitore medio non gliene importa nulla del giallo... il fruitore medio si fa due risatine con Montalbano, le amanti, i poliziotti scemi e l'ospite della puntata.. alla fine di due ore manco si ricorda cosa è successo all'inizio.. il giallo è una scusa, potresti fornire loro qualsiasi finale... vedono il telefilm come Sanremo... 
Deprimente davvero.

I gialli(?!) di Camilleri hanno un denominatore comune.
Partono sempre con un finale definito.
Omicidio, furto, imbroglio o quel che l'è.

Poi s'aggrovigliano a ritroso, imbastendo una storia, il più contorta possibile, senza ne' capo ne' coda rispetto alla soluzione prestabilita. 
Se ne i classici l'assassino è sempre il maggiordomo, con Camilleri che raschia il barile, l'assassinio è minimo il nonno del maggiordomo. E non escludo che tra un po' le vittime le farà ammazzare da uno che viene da un altro telefilm. 
Tutti i protagonisti agiscono come burattini indipendenti rispetto all'economia di quella che dovrebbe/potrebbe essere una trama sensata.

Come se Camilleri partisse dall'evento efferato per risalire indietro in modo da riempire le interminabili due ore dello sceneggiato (compresi una ventina di minuti di pubblicità, ovvio).

Un metodo pure quello. E purtroppo funziona pure.

Sono scemi quelli di Elementary, che escogitano ogni volta meccanismi thriller da paura...