venerdì 8 maggio 2015

HO PERSO IL TRENO

Intrigato da Monia Papa e dal suo Calamorso, ho partecipato alla raccolta anonima di racconti su "i treni persi" , deragliando da par mio.. 
è uno scorcio di adolescenza a farla da padrone, con la mia cittadina di vacanza e crescita emotiva, Scauri, rinominata Rivareno (omaggio a una mitica gelateria romana..) per garantire minor appigli possibili al lettore.. ovviamente non vinsi, e per punizione ve lo propongo...



Fu probabilmente il mio sguardo ottusamente imbambolato a rimanergli impresso. Ancor più delle parole:

Ho perso il treno.
Ce l'avevo qui sul monitor ...e ad un tratto, più nulla!”.

Il Coordinatore Capo mi osservava sgomento. Ero stato il suo pupillo dai tempi della scuola allievi macchinisti.
Mi riteneva persona assennata, saggia, lucida.
Quel mio sereno, consapevole annunciare, una cosa assurda.
Lo annichilì.

Ricordavo quello sferragliare lungo costa, quando il mare iniziava ad apparire ad intermittenza al finestrino, a rapidi flashes. Era l'autentico inizio vacanza. L'abbandono della città, della scuola, delle strade popolate di auto pericolose. Un vago e sempre più consistente materializzarsi di spiagge, mare, ciambelle calde, scorribande in bici, uva rubata dai vigneti che tracimavano a bordo strada.
Ancora una galleria e la vecchia stazione dalle pensiline in ferro mi avrebbe riaccolto coi miei sogni di bimbo entusiasta.

Mi sta dicendo che un'elettromotrice da ottanta tonnellate con un vagone autorità e una trentina di persone a bordo si sono smaterializzati in galleria? Proprio l'E656, nel suo ultimo viaggio celebrativo prima della dismissione? Non diciamo cazzate Alessi..

E quella medesima stazione, quello stesso treno, a fine vacanza mi strappava ogni volta ai miei ricordi, agli amici, all'emozione di un bacio, ai primitivi subbugli di cuore, alle spensieratezze, per ricatapultarmi nella mia città, e farmi affogare di nuovo tra doveri, studio, noiosa routine, un nebuloso oblio a frantumare ricordi.

Era tutto tranquillo. Lo seguivamo sui tabulati elettronici e non c'era stato nessun preallarme o segnalazione di malfunzionamento. Nella stazioncina di Rivareno erano presenti già tutte le autorità locali, quelle che avevano fortemente voluto 'sta pagliacciata.
Non capita tutti i giorni riuscire a mettere su un evento del genere.
Volevano rinverdire i fasti della “cittadina di mare” di un élite scomparsa. E mi stavano costringendo a rivoluzionare orari e percorrenze di almeno una ventina di treni. Per fortuna sarebbe durata poco. Il binario messo a disposizione per la scenografica entrata in stazione moriva proprio lì. Dove sarebbe morto quell'ultimo sferragliare rugginoso.

Avevo finito per detestarlo quel treno che mi portava ai sogni, ma che con la stessa regolarità me ne allontanava senza alcun indugio, senza un tentennamento, una pausa per un saluto più lungo, per un ricordo da lasciare a custodire un intero anno lontano. Era un accavallarsi di sensazioni ogni volta demolite dallo scampanellìo che annunciava l'arrivo di un convoglio, di quel convoglio. Poi un sibilo lontano,a sfregiare il silenzio, un puntino che appare mesto ingrandendo fino a occupare tutto, spazio e memoria.

Il coordinatore mi guardava quasi furente ora. Specialmente dopo che gli avevo raccontato che quel locomotore era proprio lui, il treno che odiavo da piccolo, quello che mi riportava a casa a fine Settembre, che decretava ad ogni stagione la fine di un sogno, del mare, del caldo, di tutto...
Tira subito fuori quel treno, non finisco in pasto alla stampa per le tue pippe mentali.. fai “riapparire” subito quel ferrovecchio, e basta con queste stronzate.. è l'ultima volta che presto un tratto di ferrovia per queste manifestazioni nostalgiche. Andava rottamato subito quella carcassa, senza pensarci due volte... ed ora ti ci metti pure tu e i tuoi magheggi pazzoidi!! ”

Quante volte avevo pregato perché sparisse tutto.. treni, stazione, binari e capostazione.

Ero entrato in ansia. Mi ero subito agitato, in veste di Dirigente Centrale del Traffico Regionale, quando era uscita questa storia del'elettromotrice da rottamare in pompa magna, con quell'ultima corsa proprio nella stazioncina di Rivareno.
Erano anni luce che non tornavo più là, i moderni ETR frequentavano tratte apposite, le linee regionali lungo costa erano soprattutto appannaggio di pendolari cronici. Bastava un monitor, un carteggio grafico e una matita.

Ma avermi appioppato l'organizzazione di quell'ultimo viaggio d'addio era come un voler farmi rituffare in memorie sepolte. E quasi un dispetto a me che da anni non mettevo più piede a Rivareno, e che dei ricordi avevo fatto carne macinata, a volte per scelta, più spesso per necessità.

Avevo covato mille attese in quella stazione, abbracciato genitori in attesa, salutato parenti, amici, fotografato tramonti e odorato la notte.
E ci avevo atteso mille volte l'amore, più volte diverso, sotto quelle pensiline di ferro arrugginito, mi ero attaccato alle vecchie panchine inchiodate a terra mentre merci furiosi transitavano frullando polveri e aria turbinante; lanciato sms accorati, avvertimenti convulsi, disillusioni e promesse mancate, coi “dove sei?” e i “ma quando arrivi?” che si accavallavano.
Ero cresciuto alla loro ombra, binari consunti testimoni di mille vite a fuggire o a giungere.
Ho maledetto innumerevoli volte il bigliettaio che mi staccava la ricevuta di partenza e odiato quel lavoro di impietoso assassino di sogni fanciulli.

Ed ora eccomi qua, nella capitale, ad occuparmi di reti ferroviarie e treni pendolari, stazioncine in disuso. E anche treni in disuso. Come quell'elettromotrice da riportare nella sua vecchia stazione di transito. Una manifestazione voluta dal Comune per rinverdire i fasti di un periodo di florida vacanza balneare ormai perduta. Un posto di mare bello solo per chi ci era cresciuto, in realtà un paesino terremotato dal tempo e dall'incuria, devastato dalla camorra e dall'edilizia selvaggia, col mare rimasto da sogno giusto in una fotografia sbiadita degli anni ottanta.
Da lì in poi delirio di inquinamento e di perdita di sogni e adolescenza.
Non volevo tornarci e provavo un senso di intima repulsione verso quel treno che se ne andava in pensione.
All'epoca l'avrei fatto esplodere, emigrare sulla luna ridotto in polvere fosforescente.
Vederlo entrare in stazione, nella mia stazione, seppur su un monitor a led mi avrebbe squassato il cuore.
Ma poteva davvero solo il desiderarlo, per far sparire un treno?

Ricordo quando piccolo e triste, con la valigina accanto, rimanevo a fissare la galleria dove sarebbe apparso il mostro che mi riportava nella Grande Città, a scuola, lontano dai miei sogni salmastri. Desideravo allora con gli occhi chiusi e i pugni stretti che sparisse ingoiato dal buio. Ma non accadeva mai. Sbucava alla fine sbuffante e raccoglieva la mia tristezza in una manciata di attimi, il capostazione fischiava, papà mi portava sopra dopo aver caricato le valige, oppure mi salutava perché partivo con gli zii, mentre i miei genitori avevano più spazio in auto, quando se ne poterono permettere una, per caricare valige, borse e svariati pacchetti.

E ora, da adulto responsabile, refrattario alle emozioni, e forgiato dalla vita, solo a ricordarlo quello stupido desiderio che mi agitava i sogni fanciulli... puff!
Quel maledetto treno era sparito davvero! Mi si era volatilizzato. Un desiderio che cullavo da secoli si era impadronito della scena quando ormai mi avrebbe creato (e me li stava creando) solo casini immensi.. asincronismi maledetti!
Vaglielo a spiegare ora che una mia voglia bambina aveva realmente generato il miracolo, giusto con quarantanni di ritardo.. avevo volontariamente e scientemente perso il treno che mi strappava ogni anno dal mondo favoloso delle mie vacanze..

...quei vagoni a scompartimenti, che creavano un microcosmo che viaggiava per cavoli suoi, porta e tendine chiuse, come un modulo lunare distaccato dal resto del convoglio, dove si mangiava, si leggeva, si dormiva; dove odori e sguardi si confondevano e, soprattutto, si faceva conversazione.. non c'erano computer, cuffiette e cellulari, foto di memoria viva per riaccarezzare la vacanza con gli occhi, quegli apparati che ti mettono in comunicazione col mondo ma ti fanno ignorare il tizio con cui viaggi gomito a gomito.. che strane queste dimensioni macro che s'ingoiano il micro.. solo il naso appiccicato sul finestrino a rubarmi con gli occhietti tristi un mondo che sfilava via..

Chi ha dirottato l'E656 sul binario “illegale” (un binario di riserva che serve per i “contromano” d'emergenza)?!
Un binario che non si usa mai..? 
Ovvio ero stato io, certi comandi vanno via per default, sempre ammesso di trattare tutte le stazioni per quello che sono, e non ci si metta il cuore di mezzo.
Fermate anonime per scambio passeggeri e merci. Numeri sul tracciato.
Il sussidio di grafica della circolazione parlava chiaro, io mi ero fatto prendere da panico primordiale e avevo creduto di poter manipolare oggetti e desideri a mio piacimento.. che idiota!
E che figura di merda col Capo .. 
intanto tiriamo subito fuori quel treno dalla galleria, dentro c'è gente che se ne fotte delle mie malinconie...

Ma c'era quella splendida differenza tra un treno che ti portava a destinazione e quello che ti ci strappava, la stessa che nutri per un treno da perdere con tutte le forze, perché altrimenti si stacca dalla banchina come un cerotto divenuto seconda pelle, muove le ruote stridendo nervi e tendini, come una radice che urla, una fondamenta terremotata.
E allora vuoi rimanere sulla terraferma delle tue certezze, dei tuoi sorrisi. 
Che scorra via senza di me quel rapinatore di sogni. Di sogni realizzati.

C'era un regia di traffico ferroviario che mi era completamente sfuggita di mano, o che, piuttosto, avevo fatto sfuggire via. 
La gestione di questa “manifestazione” era apparentemente semplice, avevamo sospeso intercity e merci creando un limbo dove appoggiare quella mezz'ora di traffico anomalo, fare arrivare l'E656 in stazione e parcheggiarlo sul binario secondario che avrebbe assistito all'ultimo giro di ruota, alla frenata Finale.

Non lo sopportavo quel treno, quello che mi portava via ovviamente. Un treno che viaggia nei due sensi ma senza sapere che chi soffre e chi gioisce è solo a causa di una destinazione, o per l'altra.

Ma avevo dato quasi inconsciamente una segnalazione di priorità e liberato il traffico per un intercity inesistente.
La mia locomotiva delle vacanze era così “scomparsa” dai radar, seppur questione di minuti, ma nel mio immaginario l'avevo fatta sparire davvero, frantumata, l'avevo in pugno; e mi stava piacendo quella sensazione, un me onnipotente finalmente in grado di cancellare una fonte di dispiacere avvolta nel malanimo, e covata negli anni. Una vendetta servita fredda.

Che idiota. Ma che meraviglia anche!
Ti avevo perso finalmente, treno della malora.. sarebbero rimasti i grilli a frinire su quel binario di ferro ancora tiepido specchiato di tramonto rosso.





30 commenti:

  1. E' bellissimo!
    Perché non ti hanno fatto vincere?
    Poetico, forse un po' tecnologico.

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    1. La prima parte l'ho rivista nitidamente nei miei viaggi con il treno a due passi dal mare, Tirreno e Adriatico.

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  2. Grazie!! È che mi dovevo inventa' qualcosa per farlo sparire 'sto treno.. :)

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  3. Bellissimo. Perché non lo pubblichi su penne matte o 20lines?

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    1. ....non conosco.. ora vado a vedere di che si tratta..e grazie!! ;)

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    2. http://it.20lines.com/Karmantica

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  4. Mi piace assai. Ti resta attaccata tutta addosso, la nostalgia. :-)

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    1. ..che poi sono treni e stazioni ben vicini a te... ;))

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    2. Già... anche se io non ci sono (quasi) mai andata a lavorare ma soltanto per studiare... e ogni volta non so mai se mi fa più piacere il treno dell'andata o quello del ritorno... ;-)

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  5. definizione: racconti che val la pena di leggere

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  6. Mi ha subito richiamato alla mente ciò che ora si fantastica sui mondi paralleli.
    Mi sembra che tu abbia vissuto, a modo tuo, questa possibilità descrivendola tanto bene.
    Cristiana

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    1. ..chissà se riuscirò mai a fare a meno dei miei mondi paralleli.. ;)

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  7. Ho bisogno di rileggerlo con calma. Hai parlato di treni e di ricordi. Di corse bellissime verso l'estate e di duri rientri. Tutte cose che sai, ho provato anche io. Prosa efficace. Ma tu sei un maestro, non ci sono dubbi.
    Voglio rileggerlo per centellinare tutto quello che sei riuscito ad evocare. Eco di ricordi lontani, di odori mai dimenticati e di rumori che mi riportano indietro immediatamente. Ed io bambina con addosso il cappello di mio padre, su quel treno mi sentivo padrona del mondo.
    Grazie Franco.

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    1. Al "maestro" mi è venuto un po' da sorridere.. detto da te che evochi con grazia.. certo è vero che il racconto è frutto di memorie pesanti, quando il nostro essere "padroni del mondo", come squisitamente pennelli, determinava il tutto... ;)

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  8. Ti seguo, egregio narratore, da oggi sono tra i tuoi followers!
    Un saluto vagante anche dal Guardone dal Foro ;-)

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    1. Onoratissimo Madame.. ossequi anche al Padrone del Vapore...

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    2. .. e stasera vedo una sua Opera.. ihih..

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  9. Lo trovo fantastico, mi hai fatto e rimosso ricordi e sensazioni che avevo anche perduto, sempre immersa in altre faccende molto meno piacevoli!
    Mi hai fatto sussultare Franchino con questi ricordi, l'odore del mare, delle ciambelle, persino dell'uva , l'attesa, i primi palpiti, il distacco , i dolore , la routine..
    Bellissimo, pubblicalo ti prego!
    Bacio !!!!

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    1. Grazie Nellina.. sono ricordi che palpitano e non mi abbandoneranno mai...

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  10. Di treni è fatta la vita, alcuni vanno altri sostano, altri si perdono, altri deragliano e altri si rincorrono.
    Dove ti porterà il prossimo treno?

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    1. Chissà.. ci sono sopra e per ora fila che è una bellezza.. poi magari trovi frane, scambi fasulli, "assalti" al treno, mucche sui binari.. vai a saperlo.. ;)

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  11. Molto molto bello.. :-) Mi hai evocato tanti di quei ricordi... Il treno,le stazioni..occupano gran parte della mia infanzia. Figlia di immigrati, ho iniziato a viaggiare che ero dentro la pancia di mia madre. Quando ero piccola cercavo di aiutarla a portare le valigie pesanti,non c'erano i trolley con le rotelle. Ma papà e qualche altro viaggiatore con le braccia robuste che ti dava una mano. Che acrobazia,far entrare le borse,le valigie e i mille sacchetti nel vano porta bagagli. Gli scompartimenti a sei posti stretti,noi bimbi con le gambine allungate per dormire durante il lungo viaggio,mille e più km. Era bello conoscere bambini del sud Italia,che come te andavano lontano,lasciando paesi che li avevano visti nascere e muovere i primi passi,per raggiungere il papà emigrato.Io parlavo la lingua straniera e per me era "tornare a casa". Ma per i miei lacrime e saluti a genitori che si son goduti poco. Troppo poco. E sempre dal finestrino del treno,mi assale l'ultimo ricordo,l'ultima istantanea del Paese che mi ha visto nascere e crescere e che non ho più respirato da quasi trent'anni. Ricordo le lacrime e il rumore del treno sulle rotaie. Il simbolo DB marchiato sulle locomotive..le stazioni...

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  12. Come ti ho già detto, la stazione di Minturno-Scauri la conosco, poi la vedo "fugacemente" ogni volta nei miei ormai numerosi "su e giù" via treno. Il post è molto bello e racconta perfettamente tante sensazioni effettivamente comuni, e condivise, sull'esperienza del viaggio in treno. E' particolarmente interessante la differenza tra "prima" e oggi, in effetti oggi noto anche io, ma non solo sui treni su ogni mezzo, che è un overdose di cuffiette, telefoni, portatili ecc... prima non era così, e si faceva conversazione (anche se io prima lo prendevo poco, ma ricordo effettivamente la differenza). Molte altre cose, però, sono rimaste uguali, insomma hai fatto davvero un bel post, piacevole da leggere e che lascia dentro tanti spunti... bravo Francuzzo :)

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  13. Franco, "lei è un signore molto distratto!!!"
    Domani vengo a leggere con più impegno. Ora mi fanno male gli occhi......eh....l'età....
    Buona notte
    "Chiacchiera dell'ultimo minuto: noi parliamo sempre di Cristo, ma non parliamo mai A Cristo".

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  14. Puntualmente sono arrivata! Mi è piaciuto molto molto il corsivo. Poeticamente mi ci ritrovo!Con la mia famiglia andavamo a Trieste. Treno: mare che riconosci, che sparisce e poi ritorna! Ecco la spiaggia.......e scendono le prime lacrime di gioia! "Cicèta, ma cosa fai, piangi?" Il mio papà è commosso per la mia sensibilità! No, non ho lasciato nessun amore giovanile, solo il ricordo di un ragazzino che mi diceva: "Signorina, la vol le violète? Le s'è sue se la me fa un sorisèto...." Papà e mamma tornavano a Milano e Elena ed io rimanevamo a Trieste dagli zii.
    Un' altra frase memorabile: "Ciò le parla in lingua!" e quando arrivavamo alla spiaggia col pullmann, dal jukbox partiva sempre una canzone:"banana boat"

    Franco, Franco la vita è un dono immenso! Ciao

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  15. Mentre tu perdevi il treno, Corradino ha trovato un cuginetto... ;-)

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  16. È un racconto molto significativo perché un viaggio in realtà ha sempre due facce.
    Da una parte ti allontana e dall'altra ti avvicina; da una parte ti fa sognare e dall'altra ti porta al risveglio.
    E poi come dice Tiziano con il ritorno inizia un altro viaggio :)
    A me le stazioni prima sapevano di nostalgia e solo recentemente ho cominciato a vederle in un altro modo, per ovvi motivi. Ma sospetto che presto ricomincerà il giro :)

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    1. Sei un tesoro di ragazza, fortunato Maurizio.. certo che si sobbarca miliardi di chilometri...è per una causa meravigliosa.. ;)

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