mercoledì 30 ottobre 2013

L'AQUILA: ZONA ROSSA 2009 - 2011 - 2013


Vibrazioni da scossa tellurica. Sensazione provata solo da lontano finora.
Da molto lontano. Ed anche se affievolita dalle distanze, sconcerta avvertire quell'assenza di stabilità, quella perdita di controllo pur infinitesimale rispetto a chi ha vissuto sulla propria pelle convulsi epicentri.

Stasera, invece, passeggio accorto, in prima persona, come un marziano sperduto, nel “dopo” L'Aquila.
Un dopo che oltrepassa i due anni. In un centro città cristallizzato.



E l'immaginario per quel disagio messo alla prova solo da sfumato rimbalzo, assale impietoso.

Una, due, più scosse pazzesche hanno rimescolato terra ed anima fossilizzando, poi, il Tempo a seguire.

Camminare in quel silenzio col solo rumore dei passi che assorda, i pensieri stessi che rimbombano, la bocca aperta e gli occhi increduli risuona anomalo, atmosfera da tracciolino di monte impervio, ma lì spesso c'è aria irrequieta a sfidare l'immutabile.

Non ora.



Attorno solo un presepio silente, vicoli colmi di fantasmi, ragnatele saldate, polvere incollata.
Anche nelle vie (ri)aperte radi passanti in rapido, distratto, transito.
Senza sguardi.
Del resto, anche se sgrani gli occhi per un qualcosa mai visto, non sei tu ad osservare.
E' quel presepio dal fiato interrotto che ti spia l'anima e ti scava dentro.
Un mondo bloccato a quel 6 aprile che brucia le percezioni, che chiede perché.



Strade scorticate, un Titanic sommerso nell'aria immobile anch'essa, dove avverti, remoto eppure prossimo, un incantesimo di tracce appese, clamore e suono di città viva, strepito, musiche, frenesia cittadina, voci, movimento come sotto cenere; tutto stoppato nell'abbandono, insegne spente, vetrine sospese, portoni incatenati, finestre come bulbi oculari svuotati, su facciate mute.

Vita murata.

Un'impotenza di energia che sembra (ri)chiedere spazio e nuova dimensione quasi cosciente di non potercela fare.



L'Aquila che non crolla”, leggi su miriadi di manifesti - come a darsi nuova forza - che germogliano tra gli spigoli crepati in quell'ammasso di nulla che non batte ciglio;
ancora su come per un ultima, eterna, sfida a definitiva memoria.

Non crolla ma neanche respira.

E mentre sei attutito d'irreale, un solitario battito d'ala di piccione intimorito dal tuo osare riecheggia in un vuoto cosmico.

Vuoto che ti si è scavato dentro.




Volevo fotografare.
Ero partito come per una gita. (“vado a fotografare le macerie”).
Non ce l'ho fatta.

E torno un po' maceria anch'io.
Marte andata e ritorno.
Scosso dentro e fuori.

Nessuna fotografia (mia)

Ma nulla che potrò comunque dimenticare.


p.s. scrivevo queste righe due anni dopo il sisma, nel 2011, in una sorta di visione incredula ed allucinata. 
Non sono più tornato a L'Aquila, ma testimonianze mi parlano di impotenza e rassegnazione. 
Tra progetti e promesse anche il Mit di Boston ci sta mettendo le mani, ma i tempi sembrano biblici...  
che rimanga (definitiva) memoria, intanto.


martedì 29 ottobre 2013

LENTA DECADENZA, LENTISSIMA...




Proprio in queste ore, in Parlamento, si sta votando per decidere se la decadenza di Berlusconi sarà proposta in forma segreta oppure palese. 
Moltissime le riserve in merito, e parecchi i tentennamenti visto il reale timore di doppiogiochismi - in entrambi i sensi - da parte di svariati deputati.


In quest'ottica, nasce spontaneo un ulteriore dilemma: come votare ora, per decidere se la decadenza dovrà, poi, essere votata palesemente o segretamente?


Votando in maniera palese risulterebbe chiaro che chi si esprimesse per la segretezza avrebbe dalla sua molteplici additamenti di potenziale voltagabbana, tutelato dal successivo voto segreto; 
chi votasse per il voto manifesto sarebbe un indubbio sostenitore della decadenza senza timore di dovere svelare particolari congetture.


Sarebbe il caso, quindi, di decidere, con un'altra votazione anteriore, se votare palesemente o segretamente anche la decisione per eventualmente, poi, stabilire il voto finale nascosto od esplicito, in modo tale da evitare imbarazzi a chi tema di essere indicato come artefice di questa o quella posizione, in maniera arbitraria, già con un paio di votazioni di anticipo.

Non è escluso poi, data la delicatezza della votazione e dell'argomento che mina l'intero sistema politico nazionale, soprattutto agli occhi della comunità mondiale, nonché la fottuta strizza di quelli che mai vorrebbero far sapere cosa voteranno (anche in riunione di condominio), che si ricorra ad un'ultima 
pre-votazione che indichi, stavolta, in maniera decisiva ed insindacabile, 
se la votazione, per la votazione, per la votazione per la decadenza di Berlusconi, debba avvenire in maniera dichiarata o riservata.

Rimaniamo in spasmodica attesa.


Ma trovandoci, ahinoi, in Italia e tra politici italiani, 
ci aspettiamo di tutto (ed anche di peggio) 

NUOVI FOLLETTI...


Allora pizza stasera?”

Grazie! Verrei pure, ma stasera c’ho riunione di appartamento.
Appartamento?! Vorrai dire condominio?”



No no.. proprio appartamento... sono convocato dai miei folletti.
Ma dai!.. folletti!?.. mo’ convocano pure le riunioni?!
Ma che stress!!.. ma di che c’hai da fa co' Luisa..”

Ma no, davvero!.. eppoi che stress vuoi che sia.. mi animano ancor di più la casa - che già adoro cosi com’è -, .. e pure la vita..



fatto sta che la settimana scorsa è arrivato un nuovo folletto
e adesso c’è un po' di maretta...
- certo, chissà perché mi sembra cosi naturale parlare dei miei folletti mentre immagino tutte facce vagamente esterrefatte... -


insomma, i miei gnometti indigeni, i “residenti”, per cosi dire, l’hanno accolto si, ma con qualche riserva...
Intanto non li avevo avvertiti, ed in realtà neanch’io sapevo della nuova venuta, tutto sommato l’iniziativa è stata di mia moglie, Lulù; e poi perché il nuovo arrivato, oltre ad essere straniero (si chiama Vorwerk) se la tira anche un pochino... 


vero è che al suo posto c’era già un altro Vorwerk, ma era un elfo residente di vecchissima data, uno ormai di famiglia, sempre al seguito, pacioso, di quelli che non s’intromettono mai, non alzano mai la voce, dove li metti stanno; quasi un pezzo d’arredamento che non s’è mai impicciato delle dinamiche follettistiche di queste nuove generazioni, e non aspirava certo a farlo...



questo nuovo invece si è portato un sacchetto di roba appresso e sembra voglia rivoltare casa, in più è apparso subito piuttosto elettrico, insomma uno facile a farsele girare e che te le canta senza filtro, oltretutto mi dicono che sia un maniaco della pulizia e gli altri, da questo punto di vista, sono vagamente refrattari.


Del resto, se posso ancora attaccare quadri, mensole e ficcare qualche mobile in casa (oltre ai soprammobili), 


figuriamoci se posso fare storie per dei folletti monelli che s’infilano dappertutto e si appendono in ogni dove, sbirciano cassetti e frigo, dalle posate all’ hard disk, mischiano i panni stesi e fanno sparire di tutto, dal sale all'erba cipollina, giocano a nascondino tra il forno e la lavatrice, non lasciano nulla e nessuno in pace, non gli sfugge una virgola e quando scoprono che si parla di loro, alla faccia di un'atavica riservatezza, non dissimulano affatto un certo compiacimento ...



di conseguenza, preso atto di questo “radicamento territoriale”, hanno messo su il loro club, delimitato la zona (tutta la casa praticamente, intesa anche come “volume”) e pretendono di poter vagliare le new entry...
hanno da ridire, ad esempio, perché sembra che questo Vorwerk, di folletto abbia solo il nome, e sia, invece, solo un ammasso di plastica e circuiti..

Ma allora, dov’è il problema?! Ho replicato.



Il problema è il copyright, non è che il primo che transita possa spacciarsi per “folletto” e noi tutti contenti.

Esistono tradizioni, pedegree, costumi, certificazioni... istituiremo una follett-tax, siamo già riuniti in bicamerale (due in camera da pranzo/soggiorno e due in camera da letto) e stasera, per la riunione, notificheremo la decisione.
Intanto l’abbiamo interrogato Vorwerk, ma sembra che senza corrente non accenni ad offrire alcun contributo, oppure è cosi supponente che ci ignora bellamente... insomma, o lui o noi!”




Be’, stasera verrà anche Luisa in riunione e quando proporrete il fatidico dilemma, conosco già la sua risposta:

Va bene, scelgo voi 


e mando via Vorwerk... ma ad una condizione: tutti i giorni toccherà a voi lavare, spolverare, sgrassare, pulire, spazzolare, aspirare, lucidare, smacchiare...




Immagino già l’unanime risposta:





Tutto sommato c’è posto anche per Vorwerk in questa casetta.. benvenuto amico folletto!!”

domenica 27 ottobre 2013

I FANTASMI SAREBBERO APPARSI


Non era più il caso che la conversazione languisse ai bordi di un cul de sac senza neanche l’incanto di un’impennata, di una sorpresa, d’una, seppur vaga, logica.


A. interruppe K. che avrebbe continuato, altrimenti, a discorrere sconnessamente di presunte filosofie applicate a vite estreme e rassegnate con analisi, deduzioni e contro analisi.


Guardò K. con viso sicuro ed un particolare tono di luce che il tramonto agli sgoccioli gli disegnava distrattamente addosso.

Chiuse gli occhi stanchi di guardare giornate vuote, colmate dal nulla di chiacchiere impalpabili. Spalmò ancora un po’ di silenzio tra se e ciò che K. attendeva detto e rivelò un’inguardabile verità:

i fantasmi sarebbero apparsi di nuovo. 


Ad incrociare il tuo sogno preferito, uccidere la passeggiata migliore, disturbare la meritata quiete, ubriacare la tua speranza, deviare l’autobus, sgasare la tua coca; avrebbero ritardato le tue pratiche, intasato le arterie, disperso le chiavi.

Quei fantasmi che non incroci, fai finta di non vedere, non consoli, non tieni per mano, non ascolti sfuggendone l’ombra sulla parete.
K. esterrefatto rimase di sasso. 


Appena una trama sorpresa dal suo occhio laconico ed incredulo. 
Rise poi, schernendosi, ma tornò a casa tra strani rumori in fondo alla via, e lo sfumato, sgradito sospetto, di essere seguito, ma anche sopravanzato, sorvolato, quasi invaso.
                                                          

Accese la tivù ma questa non ne volle sapere, cucinò alla svelta e distrattamente piatti sempre accuratamente evitati, si immerse in letture anomale di libri che mai avrebbe creduto di possedere.

Socchiuse gli occhi solo dopo la mezzanotte rimanendo, tuttavia, pesantemente sveglio, come in guardia, come ad attendere filosofie di salvataggio applicate a vite estreme, che da sguscianti nubi afose potessero svelare, infine, analisi, deduzioni e contro analisi. 


Ma la veglia, ora, stava dispensando solo palpabili e densi, pensieri preoccupati.


venerdì 25 ottobre 2013

GAME 6



Quantomeno singolare che questo film sia stato prelevato sulla medesima bancarella, ed allo stesso irrisorio prezzo (1 euro), del ciofechissimo Somewhere di matrice sofiacoppoliana.


Ancor più singolare constatare come, su FilmTv, non goda di uno straccio di recensione, e non abbia mai goduto né di Leoni né di Palme e neanche di passabile distribuzione ma, alla fine, in veste di saldo di fine stagione, sprigioni tutta la sua accattivante potenzialità strizzandomi l'occhio vispo di Michael Keaton, che si fa bello di una pungentissima sceneggiatura di Don de Lillo.



Nicky Rogan (Keaton), è un commediografo tormentato.
Da se stesso, dalla moglie che gli chiede il divorzio, dalla figlia che vorrebbe un dialogo, da un critico carogna che potrebbe stroncarlo, dalla squadra di baseball per cui tifa e che va da schifo, dall’anziano padre che gli ha ispirato la commedia, dagli amici che lo sobillano, dall’attore principale che non riesce ad imparare la parte, da una New York intrigata di traffico e dall'innumerevole etnia di tassisti erranti...



La storia è un curioso street movie a bordo di svariati taxi attraverso il variegato tessuto metropolitano newyorchese, e ripercorre la vigilia di una sofferta prima teatrale, anche per la casuale, quanto malcapitata, contemporaneità della partita più importante dei Red Sox, dei quali Nicky è malatissimo tifoso .




Il tempo snocciolerà via tra prove, incontri incrociati dove tutti avranno a che fare l’uno con l’altra; e cosi lo spaccato di vita del critico più temuto, la figlia disillusa, le prove teatrali agli sgoccioli, la moglie riottosa, la partita risolutiva ed imperdibibile, tutto interferirà pesantemente su Nicky in uno screziato panorama osservato da diversi punti di vista fluttuanti che avranno modo di convergere amalgamando sport, teatro e vita privata, 




e mettendo in luce le curiose interdipendenze che, nostro malgrado 
(ed a nostra insaputa, direbbe più di qualcuno..), 
ci regolano la vita.


mercoledì 23 ottobre 2013

DEPISTATI PURE I COLPEVOLI




Roma, 22 ott. - (Adnkronos) - Sono passati 33 anni dal disastro aereo di Ustica, quando, il 27 giugno 1980, un Dc9 dell'Itavia si inabisso' in mare provocando la morte di 81 persone. Una tragedia dai contorni mai chiariti, rimasta senza colpevoli condannati in via definitiva, che ha prodotto in tre decenni diverse inchieste della magistratura, interrogativi e polemiche e che rappresenta ancora oggi un mistero insoluto. Il volo IH870 decolla alle 20.08, con due ore di ritardo, da Bologna alla volta di Palermo. L'ultimo contatto radio tra il velivolo e il controllore e' delle 20.58. Poi alle 21.04, chiamato per l'autorizzazione di inizio discesa su Palermo, il volo non risponde. Alle altre chiamate replica solo un silenzio inquietante. L'aereo e' disperso. 





Cominciano le ricerche e per tutta la notte elicotteri, aerei e navi perlustrano la zona. Solo alle prime luci dell'alba, ad alcune decine di miglia a nord di Ustica, una chiazza oleosa e i primi relitti fanno capire cosa e' avvenuto: il velivolo e' precipitato al largo dell'isola del palermitano, in un tratto del mar Tirreno in cui la profondita' supera i tremila metri. Sui resti recuperati del velivolo vengono ritrovate tracce di esplosivi TNT e T4 in proporzioni compatibili con ordigni militari. Per mesi si rincorrono le tesi piu' svariate, dal cedimento strutturale all'esplosione di una bomba a bordo, fino all'impatto con un missile. Alla fine verrà riportato in superficie circa il 96% del relitto. 


Prende ben presto corpo la tesi dei depistaggi ed inquinamenti delle prove che avrebbero impedito agli inquirenti di far luce sulle cause della strage. La sentenza-ordinanza del giudice Rosario Priore viene depositata nell'agosto del 1999. Nonostante le lunghe indagini, il recupero di una parte consistente del relitto e le centinaia di pagine dei periti non ci sono 'prove definitive e certe' per individuare i colpevoli del disastro aereo. Nella sentenza, comunque, viene stabilito che il Dc9 Itavia e' rimasto coinvolto in uno scenario di battaglia aerea avvenuto nei cieli italiani. Di oggi il deposito della sentenza della Cassazione in cui si sottolinea la "significativa attività di depistaggio" attorno alla strage di Ustica. 




Per la Cassazione, sul disastro è stata "abbondantemente e congruamente motivata la tesi del missile sparato da aereo ignoto" quando la Terza sezione civile si è pronunciata sui risarcimento ai familiari delle vittime, il 5 maggio 2009. Piazza Cavour sottolinea che 
la tesi del missile "risulta ormai consacrata pure nella giurisprudenza".
(ADNkronos)


Se non si trattasse di tragedia verrebbe da sorridere.

Ammesso il depistaggio.

Ma se volete pure sapere 
chi ha depiStato 
state cercando l'ago nel pagliaio. 

Accontentatevi.  Accontentiamoci.

Credo che nella giurisprudenza 
risulti ormai consacrato che,

fuori dal Sistema, 

non contiamo proprio un bel Nulla.



martedì 22 ottobre 2013

HUGO CABRET



Come il tediosamente molesto ispettore ferroviario,


 sono rimasto azzoppato anch'io attendendo invano un decollo che si affrancasse da questo baby Shutter Island, col pesantissimo occhialetto 3D che nel cinema in carne ed ossa più di tanta strada non può (forse bucare lo schermo in rare occasioni,
ma l'effetto ottico applicato al sentimento latita in un'impotenza, quella si, multidimensionale) e che sempre più ha rimpicciolito il visore rendendosi degno giusto in due/tre sequenze (i fogli svolazzanti o  il libretto ridotto in cenere...).


Come l'elementare fauna “Stazionaria”, ho provato ad elevarmi dalla fin troppo facile teoria favolistica che aleggiava sull'onda dell'omaggio al Cinema primordiale.



Ma sono rimasto invece invischiato nei fumosi cunicoli, corsi e ripercorsi all'infinito, a sbirciare anch'io come il piccolo Hugo (bello e algido - ed ignobilmente fasullo quando si dispera perché l'automa s’ingolfa sul disegno -), che tracce di nuovo cinema rifiorissero dalle ceneri delle celebrate, magiche, origini.



Ed anche incartato a lungo (troppo) nel patinoso ossequio di grezza tridimensione (ulteriore “ultima tentazione”?) a tentare un elementare quanto futurista riscatto, tra  leggendari razzi nell'occhio della Luna

 
e le fin troppe locomotive a piombare in stazione; caricato a molla come i meccanici orologi della Belle Epoque, ma mai disinnescato, mai fuori dalla scalo cartapestato a stantuffare finalmente in volo libero.


Questo voluttuoso e nostalgico cinepresare scorsesiano che scava negli archetipi del cinema che fu, a metà tra circo e magia, mi rimane inesorabilmente inceppato, schiavo di una l(a)eccata referenzialità, automa mummificato anch'esso. 


In disperata ricerca di una chiave che

 a forma di cuore, 

per troppi versi, presenta solo una luccicante ed oliata toppa.



lunedì 21 ottobre 2013

LETTERA APERTA A GENE GNOCCHI



Egregio dr. Gnocchi, ho iniziato fantasticamente l'estate, leggendo avidamente (ma più divorando, oserei) il Suo L'invenzione del balcone.



Gran bel libro pervaso di surreale e malinconica poetica.

Le volevo porre un solo quesito: Lei conosce Giorgio Manganelli? E, nello specifico, ha mai letto il suo mitico Centuria - cento piccoli romanzi fiume -?



Perché spesso, tra le Sue magiche righe, mi è sembrato di ritrovare lo spirito del Maestro, la sua fantasia, l'armonioso accostare ed accavallarsi di quotidianità e fantastico, coniugati da una prosa intrigante.



Quel certificare la nostra inadeguatezza dinanzi all’ineluttabile coltivando, tuttavia, il sogno del qualcosa in più che anima l’artista e culla il sognatore.

Volevo solo ringraziarLa, di cuore, ed augurarLe tutte le fortune editoriali che merita, in un panorama spesso asfittico teso, talvolta, a premiare ciofeche illeggibili, in base a criteri, a me, sinceramente, sconosciuti.


Con stima e cordialmente.

Franco Battaglia






Un mio carissimo amico, Nunzio Lichtesteiner, si è trovato senza lavoro. Aveva una ditta che posavano la granella sul Buondì. Poi la Motta ha deciso di delocalizzare la positura della granella in Polonia e lui ha chiuso la sua ditta individuale lasciandosi a casa. E’ stato a casa per più di un anno, senza lavorare, seduto alla finestra in canottiera a guardare chi passava per strada confrontando, soppesando, valutando.
Nel viavai ininterrotto qualcuno che passava sempre alla stessa ora ha smesso, altri col cappello l’hanno tolto, tre o quattro sono vistosamente dimagriti, una domenica è anche passato Napolitano in visita, alcuni sono passati con una fidanzata che era passata poco prima con altri fidanzati. Un periodo ha anche avuto degli operai sui ponteggi che dipingevano la facciata del palazzo e ha scambiato due chiacchiere sul loro lavoro.
In questo anno così speso a guardare fuori ha imparato che non lavorare non abbrutisce e non stanca, però con un socio, dopo tanto tempo, ha aperto una piccola ditta, non più individuale: si chiama Mondi mappati e costruisce mappamondi su misura. Sono anche mappamondi da arredo come quelli che li apri e ci tieni dentro le bottiglie di liquore

o anche mappamondi che si illuminano con la luce dentro e il filo con la spina per la presa .
La novità è che loro li fanno su misura. Se uno per esempio vuole un mappamondo senza il Benelux lo fanno senza il Benelux. Se uno viceversa vuole due o più Benelux riempiono il mappamondo di Benelux anche escludendo altri Stati oppure aggiungendo alcuni Benelux alla geografia esistente. C’è gente che non vuole il lago di Garda, altri non vogliono semplicemente città perché lì ci sono morte persone care. Oggi hanno fatto un mappamondo senza l’Africa, l’Asia e i Paesi dell’Est per venire incontro alle esigenze della lega Nord. E’ un mappamondo dove c’è solo la Padania bagnata dall'oceano Pacifico a nord e dall'oceano Atlantico a sud, col Po che si getta direttamente nell'oceano Indiano e Monza capitale.

Dice Nunzio che gli affari vanno bene anche se sono sempre di più quelli che entrano e chiedono un mappamondo senza mari, senza isole, senza deserti, senza montagne, senza pianure, un mappamondo con solo un leggerissima brezza, un po’ di vento, una bava che sparigli appena i capelli, un mappamondo per persone che, questo mondo, per ragioni che non vogliono dire e che nemmeno si intuiscono in quelle facce dure e segnate, non lo vogliono più.
E noi” mi dice Nunzio, “siamo costretti a dire che no, che non possiamo farli questi mappamondi, perché il vento, anche leggero, anche provando e riprovando, il vento che ti spariglia appena un po’ i capelli, nessuno, sul mappamondo è mai riuscito a farlo.”


(Gene Gnocchi da L'nvenzione del balcone)