giovedì 26 settembre 2013

SACRO GRA - LEONE D'ORO A VENEZIA 2013

E’ una recensione anomala la mia.

Nella fattispecie: molto di parte.
Sono romano de Roma. Nasco praticamente col GRA.
Faccio il raccordo” è una frase idiomatica d'uso universalmente riconosciuto, nella galassia capitolina.
Lo pratico in entrambi sensi: interno, esterno, orario ed anti.
Lungo i suoi 68 chilometri ho battezzato il mio primo, emozionante, “anello” in bicicletta.
Il GRA mi ha visto passeggiare e giocare a pallone nelle domeniche dell'austerity con le auto costrette in garage.

Ci ho anche fuso un motore, per correre da un vecchio amore.
L'ho percorso con la neve, la grandine, la pioggia torrenziale, il vento a raffica ed il sole che squagliava il catrame.
Ho incidentato anche, sul GRA, e ci sono rimasto senza benzina.
L'ho transitato col carro attrezzi, ed attraversato stupidamente a piedi, al tempo delle sfide di adolescenza sbruffona.
L’ho visto crescere, da due timide corsie a tre, spesso insufficienti.
Sono uscito ed entrato da tutte le sue uscite e tutte le sue entrate (che non sono poche), ho testato tutte le sue “inversioni di marcia”, dato appuntamenti e preso buche (in tutti i sensi).
Il mio scooter, re della corsia d'emergenza, ne conosce infossamenti e cicatrici, ne ho utilizzato tutte le aree di servizio, fatto la spesa di notte e di giorno.


Certo non tutti i giorni, ma ieri c’ero e lo prenderò anche domani.
La sua forza centrifuga mi ha proiettato, alternativamente, verso il mare, la neve, i castelli romani, la Tuscia.
O anche solo da nord a sud e viceversa, che a Roma è già “viaggio”.
Quella centripeta verso i palazzoni che si divorano gli ultimi appezzamenti di verde asfittico, e vorrebbero uscirne e scavalcarlo con un salto, scrollandosi da quell’amorevole abbraccio.
Faccio ogni volta l'amore con l'Ikea che spunta dalle sue sponde di guardrail consunto, sogno di puntare Fiumicino ed un aereo tutto per me, scorgo la neve appenninica e slalomeggio con l'auto, come su un mio personale circuito.
Ma ne sono rimasto anche ostaggio, nel traffico ossidato, e spesso per ore, a sognare un'uscita da (in)gorghi indicibili, a scrivere mille sms, a leggere il giornale o interi capitoli di libri, fermo o ad indolente passo d’uomo, sbirciando le altre auto, colme anch’esse di speranze e rabbie, a sbirciare fuori dal guscio, a loro volta.
E di nuovo, mi sono ritrovato ostaggio, ieri al cinema.
Dove Rosi ha preso spunto dal nostro raccordo - intrigato dal calembour dell’acronimo GRA che giocava con un calice decisamente più famoso -, trasformandolo in pretestuoso perimetro di vita da consolari, di viottoli bui, lucciole da bar, chioschi balordi, stradine abbandonate, ricovero di reietti ed emarginati, figuri e figuranti, case popolari e decadute ville kitsch, ma tutto assimilabile alle periferie dismesse di mezza Italia e senza alcun “raccordo” tra loro: pescatori di anguille, prostitute fuori tempo massimo, cacciatori di “punteruoli”: tutti costretti a recitare malissimo, spesso ridicole macchiette, qualche rarissimo flash di fotografia sognante col GRA di sguincio, contro mille inquadrature da incubo pseudocinematografico, scorci di vita fradicia e personaggi a margine che il GRA non sanno neanche dove si prende, più altre, inconciliabili, parentesi (come le salme riesumate, i russi cerimonieri, i camerieri fotoromanzati), spesso con nulla di, neanche apparentemente, relazionabile tra loro.

Ma cosa pensavano di cogliere dal mio GRA?!

E scorgere in questi giorni, sui display elettronici del mio raccordo, la scritta: “Il vostro GRA vince il Leone d’Oro”, 


suscita tenerezza mista a risentimento.. chissà se quell’asfalto potesse andare al cinema... urlerebbe SOS, come le colonnine che ad intervalli regolari vengono in aiuto all’automobilista in panne...
Due anni di riprese di grande raccordo anulare più otto mesi di montaggio - mi dicono - e non percepirne uno straccio di spirito di connivenza coi romani, ma solo quello pruriginoso di un regista da filmetto amatoriale, che coi fotoromanzi, immagino, se la cava probabilmente meglio...
In uno dei siparietti più deprimenti, un padre “ottocentesco” si affaccia alla finestra ed indicando lontano esclama alla figlia inchiodata al computer...: “il cupolone si vede anche da qua, incredibile” (si vede che non s'era mai affacciato prima...).
Avrebbe anche potuto dire: “il raccordo si vede anche da qua, incredibile”.
Cosi come l'ha visto Rosi, perché è proprio cosi che l'ha visto 'sto regista.




Da lontanissimo. 
Sbiadito e nebuloso come l'autentico anello di Saturno chiamato in causa ad inizio docufilm.
Altro che Leone d'Oro.

Io neanche un Gatto Randagio di Plastica gli avrei dato...  

martedì 24 settembre 2013

EYES WIDE SHUT



Tratto da Doppio sogno di Schnitzler, analisi decadentista delle turbe  pseudo reali o semi oniriche di una coppia del primo novecento, omaggio freudiano neanche troppo celato.
Dall’epoca i costumi smoralizzeranno assai in fretta ed Eyes Wide Shut (più o meno “Occhi chiusi spalancati”), prova, una settantina d’anni dopo a far trasalire ancora i benpensanti con quest’elogio del sogno traditore e delle sue conseguenze sulla morale di coppia.
Certo è che, a noi, ulteriori dieci anni dopo, ubriachi di trans ed escort, le festicciole in villetta, orgiasticamente mascherate, fanno quasi tenerezza.
Incensata da ben oltre mezzo mondo, quest’ultima opera kubrickiana beneficia decisamente dell’effetto scomparsa del Maestro (spirato praticamente a fine montaggio).



Ed io m’asserr
aglio con forza nella porzioncina di mondo rimasta perplessa e manifestamente delusa tenendomi stretti gli Shining, i Barry ed i 2001….
La storia è in apparenza lineare, narrata in un appallozzante settantottogirismo con recitazione sbiascicata e nudi kidmaneschi a livelli industriali.
Coppia affascinante e benestante (lui medico, lei teorica gallerista a tempo perso), si ritrova una sera ad un megaparty natalizio di un riccastro e consorte, amici di vecchia data.






Proprio durante la festa, il padrone di casa, che non disdegna scappatelle a base di prostitute d’alto bordo e cocktail ero/cocainosi (con moglie ed invitati al piano di sotto!) avrà bisogno dell’aiuto di Tom Cruise, interrotto (e salvato quindi) proprio mentre, a forza di fare il belloccio, un paio di modelle sculettanti e sdilinquite stanno portandoselo in appartata alcova.



Nel frattempo la Kidman se la balla con un draculesco ungherese che vistala sull’alticcio pensa di poter far bingo ma, per quanto allegrotta, Nicole ancora distingue un tardone da un marine e gli fa capire che non gliela darà neanche masterizzata…
Mogliettina e maritino si ritroveranno più tardi ed ammetteranno di essersi notati l’un l’altra (lui con le zoccolette e lei col decrepito).
Da qui ricche dichiarazioni d’amore e fiducia reciproca ma anche un desiderio, inconfessato  fino ad allora, da parte di lei: durante una vacanza col marito, Nicole vide un marine da paura (graduato ovviamente…),  desiderò ardentemente di esserne posseduta, ma tutto ad esclusivo livello di vagheggiamento (del resto anche mia moglie sogna Denzel Washington ogni tanto, io Jennifer Aniston, e finisce lì…).



Tom Cruise no. Và decisamente in puzza.
La figlia di un suo paziente lo chiama perché il papà è appena deceduto e lui esce, turbato e con una notte ancora lunga davanti (siamo lontanissimi dalla notte di Collateral comunque…) arriva a casa del paziente dove la figlia gli rivela che, si, vorrebbe proprio gingillarselo lì per lì il nostro bel medico, con la salma del padre ancora calda (lo salva il futuro marito di lei che arriva a casa appena in tempo).
Poi lo abborda una lucciola per strada che vuole illustrargli tutto il campionario portandoselo a casa e quasi ci sta riuscendo (…ma lo salva la telefonata della moglie che lo rimette in carreggiata), poi incontra l’amico pianista visto alla festa natalizia che gli accenna di intriganti e trasgressivi festini mascherati e lui pensa: “questa è la volta buona”, e si butta a pesce, rimedia maschera e mantello (da un noleggiatore d’abiti che scopre, incavolandosi alquanto, che la figlia sollazza i clienti in magazzino a sua insaputa) e s’infila in questo covo orgiomassonico dove avrebbe pure acchiappato (finalmente!) ma viene individuato come intruso (nonostante il mascheramento, forse perché era l’unico nanerottolo del convivio? bah!..), si fa beccare da Brighella, il capo banda, e lo salva  una tettona mascherata che s’immolerà in sua vece.



Il giorno dopo indaga sulla farsa notturna ma l’amico è stato “invitato” a scomparire, la salvatrice in maschera è stata fatta fuori (la riconosce dagli “occhi” in obitorio…), scopre anche che la prostituta che l’aveva rimorchiato è sieropositiva (ecco perché la di lei amica - con la quale Tom   si   sarebbe   piacevolmente intrattenuto in senso biblico - ritenendolo ormai un portatore sano di virus, se ne guarda bene…).
Nel frattempo ha riportato mantello e vestiti (ma non la maschera, forse persa) dove li aveva noleggiati (ed il padrone del negozio gli fa notare, offrendo a lui, ora, la figliola sollazzatrice di clienti, che “tutto cambia” - e comincio a pensare che si può cambiare anche film, in effetti, quando i numeri diventano eccessivi… -).
Torna a casa dove la moglie ha trovato la maschera e se la mette sul letto mentre dorme come a dire; “A belloo! Sarai pure Tom Cruise ma io sò Nicole Kidman!…” il Tom contrito le racconta allora tutta la storia e decidono di dare un taglio alle loro fantasie ambigue e contorte con una soluzione suggerita da secoli di elevatissima psicoanalisi applicata. “Ora dobbiamo scopare”.
Ed un ulteriore, puntualizzante, “fra di noi”, era la chiosa finale che avrei suggerito…
Un’accorta analisi, comunque, non può far a meno di evidenziare che, per quanto rimaste sempre a livello teorico, le potenzialità fedifraghe della coppia (cinematografica), vengono impedite durante il film solo dal provvidenziale addomesticamento registico di svariate circostanze.
Manca quindi il coraggio dello sliding doors al film di Kubrick, la cartina tornasole, la prova del nove mai azzardata.



Tutto è congettura e tutto è sogno…ma “tutto può cambiare”, come ci insegna il noleggiatore di maschere… messaggio non sfruttato a dovere probabilmente…
In un film che di “grande”, vede giusto il cappottone di Tom Cruise, un paio di misure extra sicuramente…

p.s. coppia anche nella vita reale, Tom e Nicole, si molleranno poco dopo il film.
A riprova che quel “fra di noi”, postilla del roboante “dobbiamo scopare” di fine film,  era un dettaglio che andava assolutamente specificato… eh eh…




domenica 22 settembre 2013

LOOPER IN FUGA DAL PASSATO



In un futuro prossimo, anno 2077, l'invenzione della macchina del tempo permetterà a criminalità senza scrupoli di inviare indietro nel tempo personaggi scomodi da eliminare senza lasciare traccia.
Joe, che vive in un futuro anteriore, anno 2047, è uno degli addetti alla “soppressione” di tali elementi. 
Può capitare, però, che ad uno di questi esecutori, denominati looper, accada di eliminare il proprio se medesimo inviato dal futuro. 
In quel caso la missione del sicario termina, gli sarà assicurata una ricca ricompensa e trentanni di vita tra gli agi, alla scadenza dei quali verrà rispedito indietro nel tempo e può capitare, però, che ad uno di questi esecutori, denominati looper, accada di eliminare il proprio se medesimo inviato dal futuro. 
In quel caso la missione del sicario termina, gli sarà assicurata una ricca ricompensa e trentanni di vita tra gli agi, alla scadenza dei quali verrà rispedito indietro nel tempo e può capitare, però che ad uno di questi esecutori, denominati looper, accada di eliminare di nuovo il proprio se medesimo inviato dal futuro. 
In quel caso la missione del sicario termina, gli sarà assicurata una ricca ricompensa e trentanni di vita tra gli agi, alla scadenza dei quali verrà rispedito indietro nel tempo e può capitare, però che ad uno di questi esecutori, denominati looper, accada di eliminare di nuovo il proprio se medesimo inviato dal futuro. 
In quel caso la missione del sicario termina, gli sarà assicurata una ricca ricompensa e trentanni di vita tra gli agi, alla scadenza dei quali verrà rispedito indietro nel tempo e può capitare, però che ad uno di questi esecutori, denominati looper, accada di eliminare di nuovo il proprio se medesimo inviato dal futuro.

 
In quel caso la missione del sicario termina, gli sarà assicurata una ricca ricompensa e trentanni di vita tra gli agi, alla scadenza dei quali verrà rispedito indietro nel tempo e può capitare, però che ad uno di questi esecutori, denominati looper, accada di eliminare di nuovo il proprio se medesimo inviato dal futuro. 
In quel caso la missione del sicario termina, gli sarà assicurata una ricca ricompensa e trentanni di vita tra gli agi, alla scadenza dei quali verrà rispedito indietro nel tempo e può capitare, però che ad uno di questi esecutori, denominati looper, accada di eliminare di nuovo il proprio se medesimo inviato dal futuro. 
In quel caso la missione del sicario termina, gli sarà assicurata una ricca ricompensa e trentanni di vita tra gli agi, alla scadenza dei quali verrà rispedito indietro nel tempo e può capitare, però che ad uno di questi esecutori, denominati looper, accada di eliminare di nuovo il proprio se medesimo inviato dal futuro. 
In quel caso la missione del sicario termina, gli sarà assicurata una ricca ricompensa e trentanni di vita tra gli agi, alla scadenza dei quali verrà rispedito indietro nel tempo e può capitare, però che ad uno di questi esecutori, denominati looper, accada di eliminare di nuovo il proprio se medesimo inviato dal futuro. 
In quel caso la missione del sicario termina, gli sarà assicurata una ricca ricompensa e trentanni di vita tra gli agi, alla scadenza dei quali verrà rispedito indietro nel tempo e può capitare, però che ad uno di questi esecutori, denominati looper, accada di eliminare di nuovo il proprio se medesimo inviato dal futuro...


..fino a che un esecutore sessantenne con la faccia di Bruce Willis ed i capelli di John Malkovich si rompe del circuito chiuso (loop appunto), e tornato indietro nel tempo, invece di farsi ammazzare tenta di mettere una pezza al futuro infame ma gli si incasina tutto il paradosso temporale (senza pioggia, però, giusto qualche lampo). 
 


 

sabato 21 settembre 2013

VIAGGIO AL NORD

Il rapporto convertito.











20 nodi anziché 120 all’ora.
Nubi che traboccano da guglie di legno,
sole a mezzanotte che ingoia, lui,
buio e sogni,
inchioda gli orologi ad un eterno tramonto
che ti rincorre per ore.



Mezzanotte infinita
che scorre immobile negli occhi
e, di frenetico,
rimane solo
il sussultare del cuore.




Non ghiaccio a precipitarsi
ma curioso mare a risalire sentieri vertiginosi
fino ad accarezzarne lembi increduli.



Ed ora docile timore
mentre scrivo e ricordo
in questa oscurità estranea.



Recupero tempo,
riscatto sensazioni.
Il rapporto è di nuovo convertito.
Le mie insulse velocità
vagano altrove.




Provo a mantenere 20 nodi.

venerdì 20 settembre 2013

LA MIGLIORE OFFERTA




Non è il thriller la migliore offerta che Tornatore possa mettere sul piatto del suo cinema più evoluto. Una storia come questa, con le difficoltà di relazione, la richiesta di una vita diversa, i timori verso il mondo esterno, richiamano molto le atmosfere de La leggenda del pianista sull'oceano, splendido film che risolveva in se domande e risposte lasciando lo spettatore avvolto di sogno.

Ne La migliore offerta il vestito di sogno volteggia per buona parte del film, fino a che non si scoprono le carte. 


“Tombola!” ci urla Peppuccio, risvegliandoci dalla nostra trance emotiva che ci fa fare il tifo per questi due corpi estranei che stanno riscoprendo vita ed amore, ed in troppi gli consegnano la vincita senza controllare se i numeri della cartella siano effettivamente quelli usciti.





Ma il thriller ha le sue sporche regole, e se anche il regista ti prende per mano (seppur guantata) ed insieme allo splendido Geoffrey Rush ti porta nei meandri della sensibilità umana catalogando sensazioni e desideri, fintando il melodramma, scartavetrando sofferenze e menomazioni con le quali una fobia ti porta a fare quotidianamente i conti, rendendoti complice e sodale di questo rapporto anomalo che tuttavia cresce di vita propria come un filo d'erba sull'asfalto, alla fine, se non hai consegnato quella dannata vincita con gli occhi velati di stupore, li vai a controllare i numeri, e ti accorgi che qualcuno stava turlupinando anche te: la frase feticcio del film, "in ogni falso si nasconde sempre qualcosa di autentico", vien quasi voglia di capovolgerla allora: “in ogni autentico si nasconde sempre qualcosa di falso”.





A voi scoprirlo, prima di passare al tombolino. 
 
 

sabato 14 settembre 2013

... E VI CHIEDO


“Cosi questo buio
io lo prendo
e lo metto nelle vostre mani,
e vi chiedo,
Signore buon Dio,
di tenerlo con voi un’ora soltanto
tenervelo in mano
quel tanto che basta,
per scioglierne il nero
per sciogliere il male
che fa nella testa, quel buio
e nel cuore, quel nero,
vorreste?
Potreste anche solo chinarvi
guardarlo, sorriderne
aprirlo,
rubargli una luce
e lasciarlo cadere
che tanto a trovarlo
ci penso poi io,
a vedere dov’è.
Una cosa da nulla per voi,
cosi grande per me.
Mi ascoltate,
Signore buon Dio?


Non è chiedervi tanto
chiedervi se...
non è offesa
sperare che voi...
non è sciocco
illudersi di...
è poi solo una preghiera,
che è un modo di scrivere
mentre vi attendo.
Scrivete voi, dove volete,
il sentiero che ho perduto.
Basta un segno, qualcosa,
un graffio leggero
sul vetro di questi occhi
che guardano senza vedere.
Io lo vedrò.
Scrivete sul mondo
una sola parola scritta per me.
La leggerò.
Sfiorate un istante di questo silenzio.
Lo sentirò.
Non abbiate paura.
Io non ne ho.
E che scivoli via questa preghiera,
oltre la gabbia del mondo,
fino a chissà dove...
Amen”


(Alessandro Baricco - Oceano mare - )  


giovedì 12 settembre 2013

"ACCOGLIAMO I RIFUGIATI NEI CONVENTI CHIUSI"


Nel titolo le meravigliose parole di Papa Francesco pronunciate appena l'altro ieri,  10 settembre 2013,   in occasione della visita al centro per rifugiati Astalli, nel cuore di Roma.


Passata la sorpresa ed il piacevole stupore legato alla lodevole iniziativa, a bocce appena semoventi e riflettori ancora caldi, mi chiedo quanti siano i destinatari delle parole del pontefice ad aver preso efficace coscienza sull’effettivo da farsi.


Quanti non abbiano considerato l’uscita del Papa una acchiappante boutade dalla impraticabile realizzazione.
Quanti non dimenticheranno presto le parole pontificie considerandole più che altro una francescana esortazione al rimboccarsi le maniche più che un atto di sfida al convenzionale utilizzo di strutture vaticane.


Quanti, passati due o tre mesi, o anche un anno, immagineranno l’avvenuta istituzione di un censimento relativo a queste montagne di monasteri e conventi disabitati o dove, ancor più spesso, un paio di suore o monaci mantengono in vita centinaia di metri quadri di locali sicuramente meglio utilizzabili.
Cristianamente.


Bene.

Io ci torno su tra un paio di mesi. Sperando ci torni pure Francesco.




Affinché alle “sante parole” faccia seguito anche un qualche riscontro oggettivo, ogni tanto...


IL DE NIRO CHE NON AVREMMO MAI VOLUTO VEDERE...


C'è un De Niro disonorato dal Dio Denaro, un De Niro 

de(s)naturato, narcotizzato, auto de-ni(g)rato

dall'odore di distanti raduni nerd, un De Niro damerino in 

adorazione di dementi 




sderenati, De Niro debole di reni, indenominabile 

dall'Eden e che tenderebbe ad addivenire emiro, 

il dernière De Niro 

denudato ed addentato ad un danone, 

indenunciato e mai redento nelle sue presentazioni come un 

nuraghe di Nuoro, 




l'odierno nitrire del De Niro  dai 

neuroni degenerati e desiderante tanto e ancora tant’oro, il De Niro 

dalle nari deindennizzate. 




















Un De Ni(t)ro 

inesplodente, inidoneamente dilaniante, 

edonisticamente tradente  

De Niro in/odore, duna donata di denirante 

memoria senza più indennità alcuna. De Niro, 

denudato in un’ora 

di un’era errata. 






Ripresentati senza i 

dannati tuoi e senza i loro, un nero De Niro denoterebbe un 

ridondante lutto liberatorio.





Mi vien da dire a De Niro, speriamo torni Voglia di 

ricominciare, speriamo si Risvegli, perchè Quei bravi ragazzi dei 

suoi (The) Fan, 

con questo Disastro ad Hollywood Limitless e senza più Mission 


 non Stanno (affatto) tutti bene ed in questo Casinò non trovano Il 

lato positivo... 


perché C'era una volta in America il vero Re per una 

notte

martedì 10 settembre 2013

STORIA DEL CINEMA


L'impresa è ardua, lo ammetto, ma è ora che si faccia luce sulle reali origini della settima arte. Anche se in parecchi s'industriano ripetutamente nell'illustrarci gli albori di questo fenomeno giustamente affrancantosi in appena cento anni da ogni altra influenza, e con estrema personalità. 

Tutto nacque, come pochi sanno, da un'intuizione di Louis Lumière che vide il fratello, Auguste, il fatidico 30 novembre 1895, lanciare in aria rabbiosamente una cinquantina di incisioni da dagherrotipo ritenute inguardabili. 



L'orbitale ellissi che disegnò in aria un susseguirsi magico d'immagine semovente, illuminò la fervida fantasia di Auguste. Provarono per una ventina di giorni a lanciare foto in maniera strategica per dare continuità e senso al filotto visivo ottenendo solo un protocortometraggio lynchano; provarono anche a far passare molto velocemente alcuni spettatori volontari davanti ad un centinaio di foto appese (inventando comunque i cento metri piani sequenza) ma ebbero successo solo presso alcuni Centri di Atletica. 

La mossa vincente fu quella di rubare il visorino già inventato da Edison (cfr.”Molla la cinepresa”, Goliardi editore - 1926 -) e proiettarlo su una parete. Se ne ruppero irrimediabilmente una ventina, dopodiché l'illuminazione definitiva e vincente. Era solo l'immagine creata all'interno dell'apparecchietto a dover essere proiettata sulla parete. 

Fu successo immediato. 



La folla rimase strabiliata alla proiezione dell'Arrivo del treno alla Stazione di Ciotat , soprattutto perché, quel treno, non era mai arrivato in orario prima di allora. 
Ma i Lumière abbandonarono presto l'impresa quando non trovarono nessuno disposto a finanziare la loro invenzione successiva, tranne Charles Pathé, ricco di genio ma povero di soldi: il multisala. (cfr. “Più sale ma occhio alla pressione”, Parodi edizioni - 1905 -). 
  
Di lì a poco il macchinario diavoleria, invero poco tutelato e male impiegato (cfr. “Origini della moka”, Nespresso edition - 1911 -) si diffuse all'estero e del suo utilizzo selvaggio (specie in Corea, Russia, Ungheria, Danimarca) paghiamo dazio a tutt'oggi.


 
Ma le più grandi applicazioni legate alla cinematografia rimasero legate agli esordi, basti pensare al primo pianononostante la continua evoluzione della macchina cinema, non si è andati mai oltre: ce n'è stato un primo, di piano, ma quello è rimasto. 



Misteri...

martedì 3 settembre 2013

AFORISMA


SE CREDI

CHE LA VITA

NON SIA UN FILM,





E' SOLO PERCHE'

NON CAPISCI

NIENTE 

DI CINEMA.




domenica 1 settembre 2013

ECLISSIAMOCI


Luce imbrattata di ombra ritrosa,

sole alieno di altri pianeti,

 viola accartocciato su asfalto  

e palazzi, tutti gocciolanti 

trame 

di luce lunare,


















 riflessi d'eclissi sfuggiti a 

pellicole oscurate, a lastre 

impertinenti a caccia d'emozione 


nel cielo più alto.





Naso all'insù e retina ardita a 

svelare sole e luna appaiati 


nell'universo, ma è intorno a 


noi, 

addosso a noi 

che il 

segreto 

è sciolto, 

il colore velato è 


apparso un attimo in tutta la 

sua 


irripetibilità, in una magica 

mistura di luce annacquata, 

carezza cromatica dai contorni 

sospirati.




Questa, unica eclissi emersa da 

un sogno sfuggito al fango del 

Maine...