sabato 29 giugno 2013

PROVE DI TEATRO (prologo)

Dopo un anno sabbatico torno (torniamo, con mia moglie) a calcare le scene, e sono piacevolmente entusiasta, mi piace l'atmosfera, mi piace la compagnia; soprattutto avverto complicità contagiosa, ed un ottimo feeling, freschezza e voglia di fare.
E mi piace naturalmente Marta (svioliniamo un po', dai!...), la nostra regista, con la quale, almeno Luisa ed io, volevamo lavorare già da tempo...
L'approccio è classico, facciamo ancora confusione coi nomi (in fondo è solo la seconda volta che ci vediamo) ma fa piacere vedere fantasia, voglia di mettersi in gioco e rara diffidenza.
Gli esperimenti dei primi due giorni, e ieri in particolare, sono dedicati alla conoscenza dello spazio e degli “attori” che (lo) interagiscono.
Occupare lo spazio diviene quindi divertente scusa per scoprire e “(pre)occuparci” anche di noi stessi.
Le nostre azioni/reazioni forniscono in tempo reale discreta misura di chi - e come - ci gira intorno, offre spunti per ideare all'impronta situazioni creative e stabilire il grado d'iniziativa e di adattamento che ognuno di noi riesce a generare.
Personalmente trovo simpatiche queste atmosfere goliardiche, e stuzzicanti le tecniche di introduzione (ad esempio lo scambio del pavimento/palco con una zattera da non far ribaltare tramite i nostri movimenti, o i lanci di palla abbinati ad enumerazioni collegate, di numeri, nomi o aggettivi per favorire la coordinazione, od il muoverci a specchio l'uno con l'altro fino a quasi non percepire chi riflette e chi si muove, o mettere in piedi mini improvvisazioni che però danno il polso della potenziale collaborazione e affinità tra i protagonisti).
Insomma per dirla a tutto tondo, ci stiamo divertendo e sono sicuro che a giugno faremo impallidire pure i laboratori biennali... sempre che Marta fornisca al più presto materiale di lavoro definitivo... fare “officina” su un canovaccio acquisito, del quale padroneggi anche le virgole, permette ricchi imbizzarrimenti e ricami stilistici sui quali esercitarsi con serenità, senza l'affanno della ”memoria” che a ridosso spettacolo snatura tutti i più buoni propositi.

Ultimo, doveroso, accenno ai 9 (per ora) protagonisti di questo frizzante laboratorio, in rigoroso ordine alfabetico: Alessandra l'osservatrice, Corrado il camaleontico, Franco l'indisciplinato, Ludovica l'osservatrice, Luisa la brillante, Manuela l'enigmatica, Raffaella la meditativa , Sabrina l'esuberante e Valentina l'eclettica. Ed un teatralissimo in culo alla balena non ce lo toglie nessuno.

MARTA CHE TRAMA  (epilogo)


Volevamo lavorare con te.
E quel presentimento positivo si è rivelata felice intuizione.
Ci ha intrigato il tuo emanare entusiasmo, passione e sicurezza. Tutti elementi necessari in chi pretende ordine e dedizione da un manipolo di sbandati disarmonicamente assemblati, con le loro insicurezze, titubanze, reticenze ed ognuno, anche, con un'idea diversa del/sul come “fare teatro”.
Ti sei posta un traguardo ambizioso, ribaltandocelo poi con fermezza, con la costanza, ma anche col sorriso, con quella tua risata spontaneamente contagiosa, con l'entusiasmo e la fiducia; e con l'essere sempre presente, con l'arrivare alle prove regolarmente prima di tutti, con la disponibilità h24 adattandoti, specialmente negli ultimi weekend, alle nostre esigenze più disparate, e sempre con slancio palpabile, con pazienza certosina, senza che trapelasse mai un attimo di stanchezza o di sconforto, cavando il massimo da ognuno di noi, irrequieti attori ma sicuramente non “azzannati” dal Sacro Fuoco che leggo nei tuoi occhi, come quando, ad esempio, ti prendi da parte amorevolmente chi pensi abbia più bisogno, o quando stabilisci col metronomo entrate ed uscite, curi luci e posizioni, selezioni le musiche, ti barcameni con l'impostare le “tecniche” di scena e contemporaneamente anche in biglietteria e prenotazione posti, un “one woman show” dove non devi perdere un colpo (e dove non lo perdi...)
Hai assimilato la pignoleria di Sandro Conte coniugandola con la dolcezza, seppur determinata, ed un'epidemica serenità.
Ci hai fatto (ri)percepire le sensazioni che donano le tavole del palcoscenico; recitare è una droga, ma di quelle sane, di quelle che aiutano a crescere assieme ai tuoi compagni d'avventura, persone dapprima sconosciute, di età, attività od estrazione sociale magari distanti anni luce dalla tua, ma che - grazie al teatro, a quelle tavole, agli afrori accomunati, agli sguardi carichi d'ansia, ai copioni vissuti e nervosamente spiegazzati - ritrovi accanto, alla fine, che ti raccontano la loro vita, e tu la tua, con la confidenza che solo il vivere al di là della linea invisibile che separa la scena dal pubblico può offrirti.
Sono felice ora, spossato e libero, svuotato d'adrenalina, ma già nostalgico dello scricchiolio del palco, dell'odore del buio, della quinta che ti protegge e ti rivolta in scena poi, catapultato in un universo magico dove non sei più tu, ma dove, probabilmente, diventi il tu più ambito, quello che ami, quello che si scioglie in piena libertà vestendo altri mondi.
E ce l'hai messa tutta, giorno per giorno, hai ricucito screzi, fatto fronte a defezioni, ritardi, assenze, hai sopportato sfoghi (e rimarrà vivido quel mio buonanotte insistito a parare i crucci di Lulù...), hai mantenuto la nave in rotta quando era tempesta e sollecitato nuovo impeto quando era bonaccia, hai seminato e raccolto, hai scommesso e vinto e permesso che vincessimo anche noi.
Ma è giusto cosi.
Perchè in fondo in fondo, e te ne diamo atto,
Atramareramarta.

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